Secondo Forrester, le aziende si tanno stufando dell’hype da IA e cercheranno ritorni concreti

Ogni ciclo tecnologico segue una traiettoria prevedibile: entusiasmo iniziale, aspettative crescenti e, inevitabilmente, una fase di assestamento. Per l’intelligenza artificiale, il 2026 si preannuncia come l’anno in cui il fascino dell’innovazione lascerà spazio alla concretezza operativa. L’IA, secondo le nuove previsioni di Forrester, smetterà così di indossare la corona dell’innovazione miracolosa per mettersi un casco da lavoro, chiamata a dimostrare valore reale in bilancio e nei processi aziendali.
Il punto di rottura sarà il ritorno sull’investimento. Dopo anni di sperimentazioni, proof of concept e progetti pilota, molte aziende faticano ancora a collegare l’adozione dell’IA a risultati economici misurabili. Solo una minoranza dei decisori dichiara di aver registrato un impatto positivo sull’EBITDA negli ultimi dodici mesi, e meno di un terzo è in grado di legare l’uso dell’IA a variazioni concrete di conto economico. In un contesto di aspettative elevate e di capitali impegnati su larga scala, questa distanza tra narrazione e realtà non è più sostenibile.
Di fronte a tale evidenza, i vertici aziendali inizieranno a ricalibrare le priorità. I CEO coinvolgeranno sempre più attivamente i CFO nei processi decisionali legati all’IA, spostando l’attenzione dalla possibilità tecnica alla sostenibilità finanziaria. Il risultato sarà un rallentamento selettivo degli investimenti, con una quota significativa della spesa pianificata che verrà rinviata al 2027, in attesa di modelli più chiari di creazione del valore. Non si tratterà di un disimpegno, ma di una correzione di rotta, con l’obiettivo di riallineare gli investimenti a impatti tangibili su ricavi, margini ed efficienza operativa.
Questo scenario di maggiore disciplina metterà in difficoltà molti fornitori. La frammentazione dell’offerta, soprattutto nel campo degli agenti intelligenti, renderà evidente l’assenza di una piattaforma dominante in grado di coprire l’intero spettro dei casi d’uso aziendali. Hyperscaler, vendor di data platform e player dell’automazione continueranno a presidiare porzioni specifiche del mercato, ma senza riuscire a imporre un modello unificato. Di conseguenza, molte imprese saranno costrette a costruire architetture composabili, vere e proprie “agentlakes” capaci di orchestrare ecosistemi eterogenei di agenti specializzati.
Queste architetture non nasceranno per scelta ideologica, ma per necessità operativa. I progressi rapidissimi negli strumenti di sviluppo agentico, sempre più integrati nei flussi di deployment e nelle infrastrutture esistenti, renderanno infatti possibile creare agenti altamente verticali. Tuttavia, la gestione del contesto, alimentata da dati multimodali e multisorgente in tempo reale, difficilmente potrà essere affidata a un’unica piattaforma. L’orchestrazione diventerà quindi il vero fattore competitivo, con agenti interoperabili che alimentano flussi di automazione complessi e adattivi.
Parallelamente, la trasformazione del lavoro inizierà a diventare più visibile. Le aziende redistribuiranno competenze e ruoli man mano che gli agenti di IA assorbiranno attività ripetitive e a basso valore aggiunto. Questo spostamento non sarà però indolore e metterà in luce un problema spesso sottovalutato come la scarsa alfabetizzazione sull’IA all’interno delle organizzazioni. Una parte significativa dei decisori riconosce già oggi che la preparazione dei dipendenti rappresenta un freno all’adozione, alimentando diffidenza, uso improprio degli strumenti e resistenza culturale.
Per questo motivo, Forrester prevede che nel 2026 un numero crescente di grandi imprese renderà obbligatoria la formazione sull’intelligenza artificiale. L’alfabetizzazione sull’IA sarà vista sia come leva per aumentare l’adozione, sia come componente essenziale della gestione del rischio. Comprendere limiti, bias, implicazioni etiche e responsabilità legali dell’IA diventerà cruciale, soprattutto nei settori regolamentati. Investire in programmi strutturati di formazione permetterà inoltre di innalzare il cosiddetto quoziente IA dell’organizzazione, riducendo al contempo l’esposizione a errori operativi e controversie legali.
In questo contesto più maturo, emergerà infine la necessità di una governance dedicata. L’IA non potrà più essere gestita come una semplice estensione dell’IT o dell’innovazione digitale, ma serviranno ruoli, processi e responsabilità chiare in grado di bilanciare velocità di esecuzione, conformità normativa e controllo dei rischi. Il passaggio dall’“arte del possibile” alla “scienza del praticabile” segnerà una nuova fase dell’adozione dell’IA, meno spettacolare ma decisamente più rilevante per la competitività di lungo periodo delle imprese.
(Immagine in apertura: Shutterstock)

