OpenAI prenota 38 mld$ in risorse cloud da AWS. Ma dove troverà i soldi? Si pensa all’ADV

A pochi giorni dalla ristrutturazione societaria che ha trasformato OpenAI in una for-profit public benefit corporation, l’azienda guidata da Sam Altman ha annunciato un accordo di portata storica con AWS. Si tratta di un’intesa da 38 miliardi di dollari, della durata di sette anni, che garantirà a OpenAI l’accesso immediato a enormi risorse di calcolo distribuito su AWS EC2 UltraServers. Un passo che segna l’ingresso ufficiale di un secondo hyperscaler accanto a Microsoft Azure nelle strategie operative di OpenAI, ma che lascia anche aperti interrogativi sul reale equilibrio di potere e sui finanziamenti che rendono possibile una simile espansione.
Il nuovo accordo è arrivato subito dopo la fine del vincolo contrattuale che, fino alla scorsa settimana, concedeva a Microsoft il diritto di prelazione su qualsiasi nuovo partner cloud scelto da OpenAI. Con la trasformazione della struttura societaria, quel legame è venuto meno, consentendo a Altman e soci di diversificare la propria rete di calcolo e rafforzare la resilienza dell’infrastruttura AI.
AWS fornirà un’infrastruttura in continua espansione, destinata a crescere fino a “decine di milioni di CPU” nei prossimi sette anni, dedicate all’elaborazione dei cosiddetti agentic workloads, ossia carichi di lavoro autonomi e adattivi che costituiscono il cuore delle più recenti applicazioni di IA generativa.
Matt Garman, CEO di AWS, ha sottolineato come la portata e l’immediata disponibilità di capacità ottimizzate dimostrino “perché AWS è nella posizione ideale per supportare i vasti carichi AI di OpenAI”. Il valore dell’accordo non si limita però alla fornitura di potenza computazionale, visto che Amazon costruirà per OpenAI un’architettura su misura basata su cluster di GPU Nvidia Blackwell GB200 e GB300 collegate in rete diretta con gli UltraServers. Si tratta di una configurazione progettata per massimizzare efficienza e prestazioni, in linea con la nuova generazione di infrastrutture AI hyperscale.
L’intesa arriva in un momento cruciale, non solo per OpenAI ma per l’intero settore. Da un lato, AWS ha appena annunciato Project Rainier, la propria piattaforma di calcolo avanzato per l’intelligenza artificiale sviluppata interamente e in concorrenza diretta con Stargate, il mega-progetto di OpenAI che coinvolge Oracle, Nvidia e SoftBank.
Se Stargate sta procedendo con lentezza, Rainier è già operativo, grazie al pieno controllo di AWS sulla propria filiera tecnologica, dai chip ai data center. È quindi significativo che OpenAI abbia scelto proprio Amazon per potenziare il proprio ecosistema di calcolo, a testimonianza di una strategia che punta alla ridondanza e alla diversificazione piuttosto che a un unico partner dominante.
Il grande dubbio
La questione economica, tuttavia, rimane opaca. Non è infatti chiaro dove OpenAI troverà i fondi necessari per sostenere un impegno da 38 miliardi di dollari, soprattutto considerando che, secondo alcune stime, l’azienda avrebbe registrato perdite per circa 12 miliardi di dollari solo nell’ultimo trimestre. La compagnia, che è comunque valutata a 500 miliardi di dollari, sembra procedere a ritmo sostenuto nella costruzione di un’infrastruttura senza precedenti, ma resta da capire quanto di questo slancio sia alimentato da investitori esterni e quanto da un modello di business ancora in cerca di equilibrio tra sostenibilità e crescita.
Una strada possibile per aumentare gli introiti potrebbe essere quella dell’inserimento di annunci pubblicitari su ChatGPT. Secondo il Financial Times, ChatGPT ha infatti circa 800 milioni di utenti, ma solo il 5% di questi paga un abbonamento. Inoltre, il 70% dei 13 miliardi di dollari di entrate di OpenAI proviene da clienti paganti. In vista dei suoi piani di quotazione in borsa, OpenAI si starebbe così dirigendo verso la cosiddetta “meta-fication”, in cui gli annunci pubblicitari potrebbero essere la principale fonte di entrate.
Su tutto resta però la grande spada di Damocle della “bolla IA”. In uno scenario in cui la crescita americana dipende sempre più dall’IA generativa, un eventuale inciampo di OpenAI sarebbe infatti un potenziale choc per l’economia a stelle e strisce e a cascata per i mercati globali. Non a caso, secondo il Wall Street JournaI, che parla già del rischio di una bolla simile a quella delle dot-com di fine anni ’90, l’azienda di Sam Altman sta diventando per l’economia ciò che le grandi banche d’affari rappresentavano per la finanza vent’anni fa, ovvero un attore “troppo grande per fallire”.
Altman ha messo insieme una rete di accordi da oltre mille miliardi scommettendo sulla crescita perpetua dell’intelligenza artificiale, ma se la domanda rallentasse l’intero castello finanziario potrebbe vacillare, considerando anche che le mostruose valutazioni raggiunte da Nvidia (5.000 miliardi di dollari) e di Microsoft (4.000 miliardi) sono in buona parte frutto dell’euforia da IA.
(Immagine in apertura: Shutterstock)
