L’Italia ha compiuto un passo decisivo nell’era digitale con l’approvazione della Legge n. 132/2025 in materia di intelligenza artificiale, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 settembre e in vigore dal 10 ottobre. Questo provvedimento rappresenta il primo intervento organico nazionale sulla disciplina dell’IA, affiancandosi al Regolamento UE 2024/1689 (AI Act) e introducendo principi specifici per il territorio italiano che pongono al centro la dignità umana e l’approccio antropocentrico.

La normativa italiana si distingue per la sua particolare attenzione alle professioni intellettuali, settore nel quale introduce disposizioni innovative che ridefiniscono il rapporto tra competenze umane e supporto tecnologico. Il legislatore ha voluto chiarire sin dall’inizio che l’intelligenza artificiale può affiancare il lavoro dei professionisti, ma non può in alcun modo sostituirlo, mantenendo la prevalenza dell’attività intellettuale umana.

L’articolo 13 della nuova legge costituisce il cuore normativo per le professioni intellettuali, stabilendo che l’utilizzo di sistemi di IA deve essere finalizzato esclusivamente all’esercizio di attività strumentali e di supporto. Questa formulazione implica che professionisti come avvocati, notai, commercialisti, geometri e ingegneri potranno avvalersi di strumenti di IA per velocizzare o migliorare specifici compiti operativi, ma la sostanza della prestazione professionale deve rimanere saldamente ancorata al pensiero critico e alla valutazione umana.

Il principio della prevalenza del lavoro intellettuale umano rappresenta una scelta di campo precisa del legislatore italiano. La norma stabilisce che la prestazione professionale deve essere fornita impiegando “prevalentemente” il lavoro personale del professionista, ovvero la propria scienza ed esperienza. Questa disposizione mira a evitare che il professionista si limiti a fare da tramite tra il cliente e un sistema automatizzato, preservando il valore aggiunto della competenza umana che costituisce l’essenza del rapporto professionale.

In ambito legale, questa impostazione significa che l’avvocato potrà utilizzare sistemi di IA per ricerche giurisprudenziali, analisi documentali, redazione assistita di atti processuali o bozze contrattuali, ma tutte le valutazioni strategiche, le decisioni legali e le argomentazioni dovranno rimanere frutto del ragionamento professionale. L’IA diventa quindi uno strumento di ausilio che può incrementare l’efficienza operativa, ma non può mai sostituire la capacità interpretativa e argomentativa che caratterizza l’essenza della professione forense.

Legge IA italiana

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Un aspetto particolarmente innovativo della legge riguarda l’introduzione di un nuovo dovere deontologico di trasparenza verso i clienti. Il secondo comma dell’articolo 13 impone infatti al professionista l’obbligo di comunicare al cliente l’eventuale utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, utilizzando un linguaggio chiaro, semplice ed esaustivo. Questa disposizione trasforma la trasparenza operativa in un vero e proprio requisito legale, rafforzando il rapporto fiduciario tra professionista e cliente attraverso la consapevolezza informata.

L’obbligo informativo deve essere interpretato come parte integrante del dovere di lealtà e correttezza professionale che già caratterizza le professioni regolamentate. Il professionista dovrà quindi aggiornare le proprie pratiche contrattuali, inserendo nelle lettere di incarico e nelle informative specifiche clausole che spiegano l’eventuale impiego di software IA nel caso specifico. Questa comunicazione deve rassicurare il cliente che, nonostante l’utilizzo di strumenti tecnologici avanzati, la responsabilità della prestazione e le decisioni strategiche rimangono saldamente in capo al professionista qualificato.

La normativa prevede inoltre che questa trasparenza non debba essere meramente formale, ma sostanziale. Il linguaggio utilizzato per informare il cliente deve essere comprensibile e accessibile, evitando tecnicismi che potrebbero rendere l’informazione inefficace. L’obiettivo è garantire che il cliente possa prestare un consenso realmente informato alle modalità di svolgimento dell’incarico professionale, comprendendo appieno come la tecnologia verrà integrata nel processo di erogazione del servizio.

Dal punto di vista pratico, questa disposizione comporta significativi adeguamenti organizzativi per gli studi professionali. Sarà necessario implementare procedure interne che documentino l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, definiscano i casi in cui essa viene impiegata e stabiliscano le modalità di supervisione umana. Molti ordini professionali stanno già predisponendo modelli di informativa e linee guida operative per supportare i propri iscritti nell’adeguamento alle nuove disposizioni.

La legge si inserisce in un contesto più ampio di regolamentazione che tocca anche l’attività giudiziaria. L’articolo 15 stabilisce infatti specifici paletti per l’utilizzo dell’IA nei tribunali, riservando al magistrato tutte le decisioni sostanziali e consentendo l’uso di IA solo per funzioni ausiliarie e organizzative. Questa impostazione crea un ecosistema in cui sia i professionisti che operano nel settore legale sia il sistema giudiziario stesso mantengono il controllo umano sulle decisioni cruciali, utilizzando la tecnologia come strumento di supporto piuttosto che di sostituzione.

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