Le nuove chat di gruppo di ChatGPT sono disponibili anche in Italia

Fino a ieri, l’interazione con i Large Language Models (LLM) è stata un’esperienza 1-a-1 tra l’utente e la macchina. Con l’annuncio odierno della disponibilità della Chat di Gruppo a livello globale (Italia compresa), OpenAI sta tentando di riscrivere la grammatica della collaborazione digitale, trasformando ChatGPT in un partecipante attivo nelle dinamiche sociali e lavorative.
Dal punto di vista tecnico, l’architettura che sostiene le chat di gruppo è basata su GPT-5.1 Auto, una variante del modello capace di un routing dinamico delle risorse. In un ambiente di gruppo, dove coesistono utenti con piani diversi (ad esempio un utente Free e un utente Pro), il sistema deve orchestrare le risposte bilanciando latenza e qualità e lo fa in modo intelligente, dal momento che i limiti di utilizzo vengono applicati al singolo utente che interroga l’IA in quel momento, non al gruppo in sé.
Questo previene il “freeriding” delle risorse computazionali, mantenendo però fluida l’interazione tra pari. Che si tratti di generare immagini, analizzare file caricati o processare dettature vocali, l’IA scala le sue capacità in base a chi tiene il microfono virtuale.
La vera innovazione, tuttavia, non è solo nella connettività multipla (fino a 20 partecipanti tramite link d’invito), ma nel comportamento dell’agente. OpenAI ha dovuto addestrare ChatGPT a nuove e sottili dinamiche sociali, in particolare il turn-taking (l’alternanza dei turni di parola). A differenza delle chat 1-a-1 dove l’IA risponde sempre, nelle chat di gruppo ChatGPT deve capire il contesto, ovvero quando è necessario un suo intervento e quando invece deve rimanere in silenzio per non interrompere il flusso tra umani.
È sempre possibile “invocare” l’assistente menzionandolo esplicitamente, ma la capacità del modello di reagire passivamente con emoji o utilizzare le foto profilo dei membri per generare meme e immagini contestuali indica un passo avanti verso un’IA empatico-contestuale.
L’implementazione pratica nel workflow quotidiano è stata inoltre studiata per minimizzare l’attrito. È possibile ad esempio “biforcare” una chat esistente, in modo che se stiamo discutendo un progetto con l’IA e vogliamo coinvolgere un collega, il sistema cloni la conversazione in un nuovo ambiente di gruppo, preservando la chat originale come privata.
Questo ci porta a un nodo cruciale rappresentato dalla privacy by design. In un’epoca in cui la contaminazione dei dati è un timore costante, OpenAI ha eretto dei “muri tagliafuoco”, in modo che la memoria personale dell’utente (quella che l’IA usa per ricordare preferenze e dettagli storici nelle chat private) sia totalmente inaccessibile all’interno dei gruppi. Inoltre, il gruppo stesso non genera memorie a lungo termine, operando in una sorta di sandbox temporanea. Questo è vitale per l’adozione aziendale; si può infatti collaborare su una bozza o un’analisi di mercato senza il rischio che l’IA riveli inavvertitamente dati sensibili appresi in sessioni private.
Un ulteriore strato di complessità è gestito dai protocolli di sicurezza dinamici. Se nel gruppo entra un utente minorenne, l’intero ambiente si adatta istantaneamente, applicando filtri di contenuto più stringenti per tutti i partecipanti. È una forma di moderazione proattiva che solleva gli amministratori del gruppo (che mantengono comunque il potere di veto sui membri) dalla responsabilità di filtrare manualmente i contenuti inappropriati generati dalla macchina.

