Brutta tegola quella caduta in testa nelle scorse a OpenAI. Il New York Times ha infatti citato in giudizio il produttore di ChatGPT e Microsoft con l’accusa di aver utilizzato milioni di suoi articoli senza autorizzazione per contribuire all’addestramento del modello linguistico di grandi dimensioni alla base di ChatGPT.

Il NYT è la prima grande organizzazione mediatica statunitense (e a questo punto  non sarà certo l’ultima) a citare in giudizio OpenAI e Microsoft per questioni di copyright. Secondo la denuncia depositata presso il tribunale federale di Manhattan, gli imputati stavano cercando di sfruttare il massiccio investimento del Times nella propria struttura giornalistica utilizzandolo per costruire prodotti sostitutivi senza alcuna autorizzazione o forma di pagamento. Non c’è nulla di “trasformativo” nell’utilizzare i contenuti del Times senza alcun pagamento per creare prodotti che si sostituiscono al Times e gli sottraggono pubblico”, ha dichiarato il Times.

new york times openai

OpenAI e Microsoft non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento. Il Times non chiede un importo specifico per i danni, ma afferma che OpenAI e Microsoft hanno causato “miliardi di dollari” di danni e chiede alle due aziende citate in giudizio di distruggere i modelli di chatbot e i set di addestramento che integrano il suo materiale.

Quella della testata americana è l’ultima in ordine di tempo di un’ormai lunga serie di denunce per questioni di copyright nei confronti di azienda IA. Anche famosi scrittori americani come David Baldacci, Jonathan Franzen, John Grisham e Scott Turow hanno infatti citato in giudizio OpenAI e Microsoft presso il tribunale di Manhattan con le stesse accuse mosse dal NYT, mentre a luglio l’autrice comica Sarah Silverman aveva citato in giudizio OpenAI e Meta per aver presumibilmente utilizzato senza permesso il suo libro The Bedwetter per addestrare ChatGPT.