Disney si allea a OpenAI e fa causa a Google: l’IA sta diventando come lo streaming video?

L’annuncio di un investimento da 1 miliardo di dollari di Disney in OpenAI, accompagnato dalla licenza d’uso di oltre 200 personaggi su Sora, è il segnale più chiaro finora di come l’entertainment tradizionale abbia scelto di provare a governare l’IA generativa dall’interno. Nello stesso arco di ore, però, Disney ha inviato una lettera di cease and desist a Google, accusandola di utilizzare su “scala massiva” materiale coperto da copyright per addestrare e distribuire i propri servizi IA, in particolare collegati all’ecosistema YouTube.
La combinazione di queste due mosse racconta più di qualsiasi dichiarazione ufficiale la strategia di Bob Iger (CEO di The Walt Disney Company), che punta a partnership privilegiate con chi accetta regole stringenti sulle proprietà intellettuale, rifiutando invece chi viene percepito come sfruttatore non autorizzato delle stesse.
Un accordo inedito tra IP e modello generativo
Il cuore dell’intesa con OpenAI è un pacchetto integrato di equity, licensing e adozione tecnologica interna. Disney acquisisce una partecipazione da 1 miliardo di dollari nella società di ChatGPT, riceve garanzie per aumentare la propria quota in futuro e si posiziona come uno dei primi grandi clienti enterprise delle sue API. In cambio, Sora ottiene il diritto di utilizzare più di 200 personaggi provenienti dai cataloghi Disney Animation, Pixar, Marvel e Star Wars, con accesso anche a costumi, props e veicoli per la generazione di video brevi personalizzati.
Si tratta della formalizzazione di un layer IP-aware che trasforma un motore video in una piattaforma branded, con regole rigide su contesto e tono. Disney ha infatti previsto salvaguardie per impedire rappresentazioni “inappropriate” dei propri personaggi, introducendo filtri e vincoli d’uso che dovranno essere tradotti in policy tecniche e moderazione automatizzata all’interno di Sora. Da un punto di vista industriale, è l’esperimento più ambizioso di convergenza tra IA generativa e IP di alto profilo, un passaggio che Hollywood osserva con attenzione tra entusiasmi creativi e timori occupazionali.
Sora, Disney+ e l’evoluzione dello streaming
In realtà, la partnership non si ferma all’esperienza dentro Sora, ma prova a ridisegnare il perimetro stesso di cosa sia un servizio di streaming. L’accordo prevede infatti che una selezione curata di video generati con Sora e basati sui personaggi Disney venga resa disponibile su Disney+ ampliandone così il catalogo con contenuti brevi e ultra-personalizzati, un formato che ha già dimostrato di catturare il pubblico più giovane su YouTube e TikTok. A medio termine, l’obiettivo è permettere ai subscriber di creare direttamente da Disney+ le proprie clip con personaggi ufficiali, sfruttando la tecnologia di OpenAI integrata lato backend.
Da un punto di vista tecnico-produttivo, Disney utilizzerà ChatGPT e gli altri modelli OpenAI anche all’interno della propria pipeline creativa, con lo scopo di migliorare efficienza e sperimentazione nei processi di sviluppo e post-produzione. È un passaggio che sposta l’IA da gadget consumer a infrastruttura interna, con implicazioni dirette sui ruoli creativi tra automazione di task ripetitivi, previsualizzazione rapida e supporto alla scrittura, ma anche tensioni con sindacati e categorie che vedono nella GenAI una minaccia ai mestieri tradizionali.
La diffida a Google e il fronte legale sul training
La lettera di cease and desist inviata a Google aggiunge la dimensione conflittuale alla narrativa di collaborazione selettiva con l’IA. In pratica, Disney accusa Google di aver utilizzato in modo esteso le proprie opere protette per addestrare modelli AI e di distribuire, attraverso diversi servizi, output che incorporano o derivano da contenuti Disney senza alcuna licenza. Le contestazioni non si limitano al training, ma si estendono alla messa a disposizione di strumenti che permetterebbero la generazione di immagini e video riconducibili all’universo Disney, di fatto saturando il mercato con “opere derivate non autorizzate”.
La diffida chiede che Google interrompa immediatamente qualsiasi ulteriore copia, distribuzione, comunicazione al pubblico e creazione di opere derivate basate sui personaggi Disney nei suoi servizi di IA. È rilevante il fatto che Disney sottolinei come “soluzioni tecnologiche” esistano già e siano adottate da alcuni competitor di Google, un riferimento implicito proprio a partner come OpenAI, che in questo contesto viene presentato come attore più cooperativo sul fronte del rispetto del copyright.
Il risultato di queste due mosse di Disney è che i grandi detentori di cataloghi (non solo Disney, ma potenzialmente altri studios, editori e major musicali) hanno ora un caso d’uso forte per negoziare accordi remunerativi con chi costruisce modelli e piattaforme generative. Chi non si adegua, rischia di trovarsi esposto a contenziosi complessi in cui non si discute più solo di singole violazioni, ma di presunto “infringement su scala massiva”.
(Immagine in apertura: Shutterstock)

