Secondo fonti di Bloomberg e The Information, Microsoft starebbe lavorando per integrare le funzionalità di ChatGPT, il modello di linguaggio alimentato dall’intelligenza artificiale di Open AI, all’interno del suo motore di ricerca Bing.

Per The Information, questa funzionalità potrebbe essere inserita in un aggiornamento di Bing previsto per marzo. Microsoft ha già integrato in Bing, per alcune aree geografiche, le funzionalità di Dall-E 2, il generatore di immagini sintetiche sempre di OpenAI, azienda in cui Microsoft ha investito un miliardo di dollari nel 2019, e altre fonti parlano di un possibile ulteriore investimento di 10 miliardi di dollari, che porterebbe Microsoft al 49% delle quote di OpenAI, ma con un’opzione per incamerare il 75% dei ricavi fino a quando non sarà rientrata dell’investimento. Microsoft. sta puntando molto sull’intelligenza artificiale anche per le prossime versioni di Windows e applicazioni per ufficio.

L’integrazione di ChatGPT nel motore di ricerca Bing potrebbe risultare una mossa interessante per risolvere due problemi. Da un lato, la cronica marginalità di Microsoft nel mercato dei motori di ricerca (3% contro il 95% detenuto da Google per Italia, 7% contro 88 negli USA secondo StatCounter); dall’altro, potrebbe rappresentare un modo per monetizzare le costose interrogazioni degli utenti a ChatGPT.

I costi necessari per mantenere operativo ChatGPT fanno venire gli occhi lucidi al CEO Sam Altman

In una conversazione con Elon Musk, il CEO di OpenAI Sam Altman ha affermato che ogni chat costa qualche centesimo di dollaro, ma considerando che il servizio ha raggiunto il milione di utenti dopo solo cinque giorni dal lancio, e che da allora è passato più di un mese, si capisce perché Altman dica che “in qualche modo dovremo monetizzare il servizio, perché i costi sono di quelli che fanno venire gli occhi lucidi”. Nelle scorse ore, il presidente di OpenAI ha pubblicato su Twitter un sondaggio per determinare quale sarebbe un prezzo accettabile per gli utenti di ChatGPT.

 

Non a caso, nelle ultime settimane, il servizio ha mostrato sempre più spesso errori di connessione e time-out, fino ad arrivare a sospendere temporaneamente il servizio.

Acrostico con errore di ChatGPT generato da intelligenza artificiale

Poter inserire le funzionalità di ChatGPT in un motore di ricerca che può mostrare annunci e risultati sponsorizzati potrebbe costituire una fonte di ricavi proporzionale all’utilizzo delle risorse.

I chatbot e la ricerca web: una collaborazione possibile?

Anche se non avete ancora provato ChatGPT (ma potete farlo ora, registrandovi a questo indirizzo), se avete letto qualche chat diffusa su siti o contatti social, avrete notato che le sue risposte sono molto diverse da quelle di un motore di ricerca, che si limita a elencare una serie di fonti accompagnate da ritagli di testo che più o meno rispondono alla query, o le somigliano.

ChatGPT è in grado di dare risposte strutturate, nella forma e nello stile richiesto, anche mettendo insieme informazioni da più fonti. Che vogliate fare un’analisi della concorrenza, elencare le tappe per un giro turistico in città o avere informazioni su un argomento generico, fare una richiesta specifica per avere subito la risposta è più efficiente e meno frustrante rispetto a fare decine di ricerche web, raffinando le query, per aggregare poi i risultati in un diverso documento.

Descrizione di una infrastruttura web generata da ChatGPT

ChatGPT può descrivere a grandi linee l’infrastruttura web necessaria per alimentare un sito web da un milione di utenti. E gli si può poi chiedere di espandere ogni punto, per esempio includendo un lista dei software o servizi più utilizzati per ciascun tipo di componente. Quante ricerche web servirebbero per avere lo stesso risultato?

I limiti di ChatGPT per la ricerca di informazioni

Tutto fantastico quindi? No. Ci sono tre problemi fondamentali:

  • ChatGPT non cerca davvero le informazioni, ma si limita a costruire un testo in cui la concatenazione di parole è statisticamente rilevante rispetto alla query inserita. Un procedimento simile a quel che accade scrivendo una parola sul cellulare e poi premendo sempre uno dei tre suggerimenti proposti dalla tastiera, anche se esponenzialmente più complesso. Potrebbe omettere informazioni, oppure inserire informazioni sbagliate (e, mediamente, lo fa quasi in ogni risposta sufficientemente lunga)
  • Per questo motivo, ChatGPT non cita le fonti delle sue affermazioni, e si rifiuta di farlo anche a seguito di una esplicita richiesta. Non lo fa perché nemmeno lui (o lei?) sa dire perché ha fatto quella affermazione, che è il risultato del lavoro modello addestrato e non di una query o un algoritmo. Non c’è modo quindi di verificare la validità di quei dati.
  • L’addestramento di un modello su una base dati così vasta è un processo lungo e laborioso: parliamo di giorni e giorni di lavoro intenso di batterie di GPU. E il lavoro necessario ad aggiungere dati ulteriori non è proporzionale alla loro quantità. Questo significa che non è possibile includere dati aggiornati nelle risposte. La versione di ChatGPT attualmente operativa è addestrata su dati che risalgono al 2021.

ChatGPT metterà in crisi l’ecosistema dei contenuti?

Detto ciò, e considerati tutti i limiti e le incertezze dei risultati, ChatGPT sta sicuramente fornendo un servizio utile a milioni di utenti e qualcuno sta già riorganizzando la propria attività professionale per tenere conto della novità. Da un lato, strumenti simili possono rappresentare un utile strumento per aumentare la propria produttività, ma dall’altro rendere obsoleti i propri servizi o quanto meno ridurne il valore economico. Un po’ quel che è successo ai traduttori professionisti, che ormai sono diventati quasi tutti revisori di testi tradotti dalle macchine, con un volume di produzione molto aumentato, ma un costo a cartella drasticamente ridotto.

I servizi di IA generativa possono aumentare la produttività, ma anche rendere obsolete o meno pregiate alcune professioni

C’è però un intero settore industriale che deve considerare attentamente il rischio di uno spostamento del pubblico dai motori di ricerca ai servizi come ChatGPT: è il settore dei servizi internet che si reggono sulla pubblicità, e quindi sul numero di persone che visitano i siti web.

Sebbene molti motori, Google su tutti, stiano cercando di fornire risposte istantanee alle ricerche, che non richiedono di visitare un sito per avere l’informazione desiderata, la stragrande maggioranza delle risposte può essere trovata solo facendo clic su un link e visitando la pagina dell’editore, che viene quindi compensato per il suo lavoro attraverso la pubblicità.

Se salta questo passaggio, e l’utente riceve le sue risposte senza bisogno di visitare il sito dell’editore, l’intero settore rischia di perdere una ulteriore fetta di ricavi, già ridotti dalla competizione esasperata, dal passaggio alla pubblicità programmatica e da normative sempre più stringenti sulla profilazione degli utenti. E la cosa paradossale è che ChatGPT e strumenti analoghi, molto probabilmente sono stati addestrati proprio con i contenuti prodotti da questi editori.

Immagine di apertura: Ascannio / Shutterstock.com