Anche Microsoft in cerca della Superintelligenza, ma “con giudizio”. Si parte dalla diagnostica
Microsoft ha deciso di compiere un passo audace e concettualmente distinto dai suoi principali rivali in ambito IA. Mustafa Suleyman, figura di spicco nel campo dell’intelligenza artificiale e già cofondatore di DeepMind, ha annunciato la nascita del’AI Superintelligence Team, una divisione interna dedicata alla ricerca sulla cosiddetta Superintelligenza. A differenza però di altri colossi tecnologici, il suo approccio non mira a creare un’entità autonoma e potenzialmente incontrollabile, bensì a definire un modello di superintelligenza umanista, o Humanist Superintelligence (HSI).
Suleyman ha chiarito che l’obiettivo non è rincorrere un’astratta idea di potenza computazionale illimitata, ma sviluppare un’intelligenza avanzata che resti comprensibile, trasparente e soprattutto allineata ai valori umani. “Non si tratta di una sfida fine a se stessa,” ha dichiarato. “Vogliamo risolvere problemi reali, in modo concreto e verificabile, mantenendo sempre il controllo sulle tecnologie che creiamo.”
Questo annuncio arriva in un momento di ridefinizione dei rapporti tra Microsoft e OpenAI. Dopo anni di collaborazione stretta e miliardi investiti da Redmond nel finanziamento e nell’infrastruttura cloud di Azure, le due aziende sembrano ora prendere strade divergenti. OpenAI, divenuta un’impresa a scopo di lucro con maggiore autonomia, ha iniziato a diversificare le proprie partnership cloud, allentando il legame esclusivo con Microsoft. In questo scenario, la creazione del Superintelligence Team appare come un segnale di indipendenza strategica e un tentativo di ridefinire il ruolo dell’azienda nel futuro dell’AI.
Suleyman, in un’intervista rilasciata a Semafor, ha illustrato i principi fondamentali che guideranno il progetto, evocando in modo quasi letterario le celebri tre leggi della robotica di Isaac Asimov. Nel suo schema, una Superintelligenza non deve essere dotata di autonomia totale, non deve auto-migliorarsi senza controllo umano e non deve impostare obiettivi propri. In altre parole, il suo sviluppo deve rimanere vincolato da regole di progettazione chiare e da una struttura che impedisca derive evolutive incontrollate.
“La superintelligenza non può e non deve rappresentare una minaccia per la nostra specie”, ha affermato Suleyman. “Può sembrare ovvio, ma il dibattito attuale dimostra che non tutti lo considerano un punto fermo.” Le sue parole si inseriscono in un contesto in cui, sempre più spesso, si tende a umanizzare i chatbot e gli agenti conversazionali, attribuendo loro intenzioni, emozioni o persino diritti. Un atteggiamento che, secondo il dirigente, può aprire la strada a conflitti etici e sociali di enorme portata.
Da qui la sua decisione di impostare un modello di intelligenza artificiale che metta al centro l’interazione trasparente con l’uomo, rinunciando almeno in parte all’efficienza tecnica massima. Suleyman sottolinea che i sistemi AI non dovrebbero comunicare tra loro in modalità opache, come avviene nei codici matematici interni al funzionamento dei modelli linguistici. “Finché le macchine parleranno solo in vettori”, spiega, “noi saremo costretti a tradurre quei segnali in parole che possiamo comprendere. È un limite necessario, perché la sicurezza richiede che ogni interazione sia interpretabile da una mente umana.”
In altre parole, Microsoft preferisce sacrificare parte delle prestazioni per garantire un controllo maggiore e una tracciabilità più chiara dei processi decisionali dell’AI. È una scelta controcorrente, in un settore dominato dalla corsa all’efficienza e alla potenza computazionale, ma che riflette una strategia più ampia votata a costruire fiducia prima di tutto.
Uno dei primi ambiti in cui la superintelligenza sarà applicata riguarderà la diagnostica medicale. “Avremo prestazioni di livello esperto nell’intera gamma di diagnostica, oltre a una pianificazione e previsione altamente capaci in contesti clinici operativi. Da quando lavoro nell’intelligenza artificiale, risolvere questa sfida è stata la mia passione. Significherà che le conoscenze cliniche di livello mondiale e l’intervento/trattamento saranno disponibili ovunque”, conclude Suleyman.
(Immagine in apertura: Shutterstock)

