Alexa, l‘assistente virtuale di Amazon disponibile da alcuni giorni anche in italiano a bordo dei dispositivi Echo, ha debuttato su alcuni laptop Windows 10 di HP, Asus, Acer e Lenovo all’inizio di quest’anno ed è ora disponibile in versione app stand-alone per il download dal Windows Store. In realtà al momento l’app si può scaricare solo da alcuni store (USA, Germania e Gran Bretagna), ma nel corso del prossimo anno sarà disponibile anche sullo store italiano.

Al momento Alexa non integra controlli specifici per PC, ma Amazon prevede di aggiungerle all’inizio del 2019. Oltre a gestire l’intrattenimento e le app per la smart home, la presenza di Alexa su Windows 10 è mirata alla produttività e serve a evidenziare l’ascesa dell’intelligenza artificiale negli ambienti lavorativi, proprio come l’iPhone del 2007 si è spostato rapidamente dai singoli utenti per diventare un pilastro nelle aziende.

Ora ci sono più di 25.000 skill disponibili per Alexa, inclusa una lista crescente destinata specificamente agli utenti business. Amazon sta anche stringendo accordi con diversi partner aziendali. Alcuni di questi, tra cui Salesforce, SAP SuccessFactors, Concur, Ring Central e ServiceNow, prevedono infatti di integrare le loro applicazioni in Alexa for Business, il servizio lanciato lo scorso anno per aiutare le aziende a gestire un numero elevato di dispositivi Alexa sul posto di lavoro. Amazon ha inoltre annunciato che Alexa for Business è stata aperta a produttori di dispositivi di terze parti, nel tentativo di espandere l’utilizzo dell’assistente IA anche nell’hardware già esistente in azienda.

Le aziende sono pronte per Alexa?

La prospettiva di assistenti virtuali in ufficio è generalmente accolta con favore dai dirigenti IT senior. “Vediamo gli assistenti virtuali come inevitabili sul posto di lavoro” ha dichiarato Joel Jacobs, vicepresidente, CIO e CSO della MITER Corporation di Bedford, Massachusetts. “L’esperienza domestica stabilirà le aspettative per l’interazione vocale, l’indagine e il controllo degli altri dispositivi IoT. Penso che presto le persone che già utilizzano questi sistemi nelle loro case vorranno farlo anche sul posto di lavoro”.

Jim Rinaldi, CIO e direttore IT del Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha affermato che le interfacce vocali possono far risparmiare tempo rispetto agli input da tastiera e consentire il multitasking in un modo più conveniente. Tom Cullen, CIO di Driscoll (colosso alimentare da 3,5 miliardi di dollari), ha immaginato un assistente tipo Alexa per gestire le richieste self-service degli utenti invece di registrare un ticket dell’help desk tradizionale per problemi come le modifiche alle password, o per abilitare un flusso di lavoro che solitamente dipende da un membro del personale.

Tom Anfuso, vicepresidente senior e CIO del National Life Group, ha affermato che lo scorso anno la società ha prototipato una semplice skill di Alexa dimostrativa per i suoi agenti assicurativi. “Probabilmente continueremo a lavorare anche quest’anno con Alexa nel contesto del nostro programma di ricerca e sviluppo per l’innovazione”, ha affermato Anfuso. Sebbene al momento non esista un piano per andare oltre la fase di concept, Anfuso ha detto che la sua società è “generalmente ottimista verso una crescita di Alexa in azienda”.

assistenti-virtuali confronto

Anche IPG Mediabrands, braccio mediatico dello studio pubblicitario di New York Interpublic Group of Companies, ha già esplorato l’integrazione di Alexa for Business. “Abbiamo visto i benefici che gli assistenti virtuali come Alexa possono portare a un individuo; ora stiamo cercando di sfruttare quelle funzionalità per portare questa tecnologia nelle nostre sale riunioni. Nel mio mondo perfetto sarei in grado di entrare in una sala conferenze e chiedere ad Alexa di iniziare una videoconferenza senza che io debba muovere un solo dito” ha affermato Frank Ribitch, vicepresidente senior di IPG Mediabrands.

Nonostante i numerosi progressi fatti in questo ambito, una videoconferenza spesso richiede che un membro del personale IT sia a disposizione per garantire che tutto sia configurato e funzioni correttamente. “Mi piacerebbe poter rimuovere il mio staff da questi incontri e farlo concentrare su altri problemi più urgenti.”

Problemi di sicurezza

Ci sono tuttavia ancora diverse sfide da superare, la principale delle quali è la protezione dei dati sensibili. “Il principale svantaggio per gli assistenti virtuali è la sicurezza”, ha detto Cullen. “La ragione per cui non ho uno smart speaker in casa mia è che è sempre in ascolto e non so dove finiranno i dati raccolti e come saranno usati”.

Ribitch concorda: “Come molti altri siamo preoccupati per un dispositivo sempre acceso e sempre in ascolto, sia esso uno speaker con Alexa o uno con Google Assistant. Negli ultimi mesi il nostro CISO e il nostro team legale hanno elaborato una policy interna per gestire i dispositivi IoT. Stiamo adottando un approccio multiclasse per aiutare a definire meglio le loro capacità e, ancora più importante, come proteggerli sulla nostra rete, affrontando anche i problemi legati alla privacy. Speriamo di avere pronto il tutto per fine anno”.

Jacobs si è poi chiesto dove vadano a finire i dati creati nelle interazioni con un assistente virtuale. “Ad esempio, se l’interpretazione vocale risiede nel cloud, significa che la traccia vocale e la trascrizione vengono archiviate dal fornitore di servizi? Se è così, come possono essere usate?”.

Le sfide inerenti l’introduzione di assistenti intelligenti attivati dalla voce rispecchiano in qualche modo l’afflusso di smartphone negli ambienti di lavoro negli ultimi dieci anni. Questa rivoluzione ha costretto gli amministratori IT a gestire i nuovi problemi di sicurezza dei dati causati dai dispositivi dei consumatori che si sono inseriti nelle reti aziendali e, infine, ha portato all’arrivo di politiche BYOD e a un ecosistema completamente nuovo dedicato alla gestione di dispositivi e reti.