Alzare lo sguardo e usare degli occhiali al posto dello smartphone. È questa la filosofia dietro i nuovi smart glasses Meta Ray-Ban Display, presentati da Mark Zuckerberg durante il keynote di Meta Connect 2025. “Gli occhiali possono restituire quel senso di presenza che gli smartphone ci hanno fatto perdere”, ha dichiarato il CEO di Meta, sottolineando come il nuovo dispositivo non debba essere vissuto come una distrazione ma come un modo per rimanere connessi senza spezzare la socialità. Dietro le parole di Zuckerberg, tuttavia, c’è anche la strategia più pragmatica di ridurre la dipendenza dai sistemi operativi e dagli store di Apple e Google, che oggi trattengono una parte consistente dei profitti generati dalle app di Meta.

Negli ultimi anni, la divisione Reality Labs di Meta ha accumulato perdite ingenti (circa 70 miliardi di dollari dal 2020) e gli investitori hanno spesso sollevato dubbi sulla sostenibilità di questo impegno. Le avventure ben poco esaltanti nel metaverso, in particolare, hanno lasciato l’amaro in bocca, con promesse non mantenute e soluzioni poco convincenti. Nonostante ciò, con i nuovi occhiali Meta sembra aver trovato un terreno più solido, proponendo un prodotto tangibile, tecnologicamente sofisticato e potenzialmente di largo consumo.

In realtà, già le versioni precedenti degli smart glasses di Meta avevano riscosso un certo successo commerciale grazie alla combinazione di fotocamere, altoparlanti, microfoni e assistente IA integrato. Ma con il nuovo modello Display si compie un netto salto qualitativo, visto che oltre alla possibilità di scattare foto o rispondere alle chiamate, ora si può contare su un display capace di mostrare notifiche, mappe, traduzioni e persino le app principali di Meta, da Instagram a WhatsApp.

Il dettaglio che più ha sorpreso durante la presentazione non è stato l’occhiale in sé, ma il Meta Neural Band, un braccialetto capace di leggere i segnali elettrici che corrono tra cervello e mano grazie alla tecnologia sEMG (surface electromyography). In pratica, il dispositivo intercetta i micro-movimenti che accompagnano i gesti e li traduce in comandi digitali.

Zuckerberg, durante la dimostrazione, ha mostrato come fosse possibile scrivere un messaggio semplicemente mimando l’atto di impugnare una penna e tracciando le lettere nell’aria. Con un po’ di pratica, ha spiegato, si riescono a raggiungere le 30 parole al minuto (un valore che si avvicina alla velocità media di digitazione su uno smartphone).

Questa funzionalità segna un passo importante anche perché, per la prima volta, è possibile interagire con gli occhiali senza parlare ad alta voce, cosa che spesso risulta innaturale o poco pratica in pubblico (non che mimare gesti nell’aria sia in realtà molto diverso sotto questo punto di vista). Inoltre, rispetto all’Apple Watch, dove la scrittura testuale sul piccolo display dell’orologio è lenta e macchinosa, il braccialetto di Meta promette un’esperienza più fluida e naturale.

Il Neural Band non si limita alla scrittura silenziosa, ma riconosce anche gesti più semplici, simili a quelli già visti con dispositivi come i Joy-Con di Nintendo o l’Apple Watch. La differenza è che Meta punta a rendere questi comandi molto più sofisticati, aprendo la strada a un’interazione gestuale che potrebbe superare i limiti degli attuali wearable.

Ray-Ban Meta

Già nel 2021 Meta aveva mostrato un prototipo più ingombrante (chiamato Orion) frutto della stessa ricerca, ma ora, con un design più compatto e il brand Ray-Ban a garantire lo stile, l’azienda vuole trasformare quella visione in un prodotto mainstream.

Nonostante i progressi, la vera incognita resta però l’adozione da parte degli utenti. Gli smartphone sono diventati un’estensione del corpo e sostituirli con un paio di occhiali richiede non solo un salto tecnologico, ma soprattutto un cambio di abitudini. Estrarre un telefono dalla tasca è un gesto naturale, interiorizzato da miliardi di persone, mentre indossare occhiali intelligenti, interagire con un display laterale e scrivere messaggi invisibili con un braccialetto è un’esperienza ancora da assimilare.

Zuckerberg sembra voler rispondere a questa sfida facendo leva sulla nostra stanchezza nei confronti dello schermo del telefono. Secondo lui, gli occhiali rappresentano un modo per liberare la socialità dalla costante intermediazione del display, restituendo centralità alla presenza fisica. Ma la contraddizione è evidente, dal momento che le stesse applicazioni che drenano la nostra attenzione sugli smartphone saranno al centro dell’esperienza anche sui Ray-Ban Display.

La domanda da farsi, insomma, è se questi occhiali riusciranno davvero a sostituire il telefono, o finiranno come l’ennesimo gadget di nicchia. Per ora, la promessa è più affascinante che reale. Il dispositivo porta con sé un potenziale enorme (soprattutto se il Neural Band manterrà le sue promesse), ma il passaggio dallo smartphone a un nuovo paradigma tecnologico non sarà immediato, senza contare altri limiti come il prezzo non proprio popolare di 799 dollari negli USA (in Italia arriveranno il prossimo anno a un prezzo ancora da definire).

Eppure, è chiaro che Meta, Apple e Google stanno convergendo verso lo stesso obiettivo di traghettare il mercato dalla centralità dello smartphone a quella degli occhiali intelligenti. I Ray-Ban Display sono il primo vero banco di prova di questa ambizione e se riusciranno a convincere i consumatori, potrebbero aprire una nuova era della comunicazione digitale.