Possono le tecnologie di realtà aumentata e virtuale essere utili al mondo sanitario? Sembra proprio di sì anche se partendo dalle basi bisogna fare chiarezza sulle loro differenze. Con il termine XR infatti si intendono tutte le tecnologie di realtà virtuale, aumentata e mista. La prima immerge l’utente in un ambiente virtuale interattivo, che sovrappone all’ambiente fisico elementi virtuali con interazione limitata, mentre la realtà mista fonde aspetti di VR e AR per incorporare elementi virtuali nel mondo fisico con un’ampia gamma di interazioni.

Dal punto di vista tecnologico c‘è un certo fermento. Meta ha un ramo dedicato allo sviluppo di hardware e software per la realtà virtuale (VR); all’inizio di quest’anno HTC ha presentato i suoi nuovi occhiali per la realtà aumentata (AR), mentre Apple si starebbe preparando a lanciare un visore per la realtà mista (MR).

Le differenti applicazioni

Sul fronte sanitario, la VR può essere utilizzata con un’immersione completa per la terapia dell’esposizione e la gestione del dolore. Proprio la sua caratteristica di immersività l’ha resa adatta come alternativa senza farmaci per la cura della salute mentale e la gestione del dolore. Nel caso della salute mentale, in particolare dei disturbi d’ansia, la terapia di esposizione VR (Vret) – che prevede l’esposizione graduale del paziente a uno stimolo ansiogeno – ha guadagnato terreno. I ricercatori hanno scoperto che questo approccio può essere efficace e al tempo stesso offre la possibilità di accedere alla salute mentale da remoto, aumentando così l’accessibilità. Aziende come oVRcome e Psylaris offrono già Vret disponibili in commercio.

La VR è stata studiata anche per ridurre il dolore durante il travaglio e il parto, facendo visualizzare all’utente tecniche di respirazione e di rilassamento. Uno studio che ha utilizzato questo metodo ha rilevato che le donne che hanno usato la VR durante il travaglio hanno avuto una riduzione statisticamente significativa.

Differente il discorso relativo alla realtà aumentata che si ritiene possa essere utile per l’educazione dei pazienti, per le informazioni nutrizionali e per quelle pre-operatorie. La britannica Curiscope ha visto il business e produce magliette AR disponibili in commercio che forniscono informazioni di base sull’anatomia. C’è spazio però anche per la sala operatoria. Negli Stati Uniti nel 2020 i neurochirurghi della Johns Hopkins University hanno eseguito il primo intervento di fusione spinale assistito dall’AR. Utilizzando una cuffia sviluppata da Augmedics, i chirurghi hanno potuto visualizzare le scansioni Tc dell’anatomia interna del paziente senza dover guardare uno schermo separato. Un intervento simile con questa tecnologia è stato completato con successo nel dicembre 2022 all’Hospital for Special Surgery di New York. Succede anche in Italia. In febbraio questo tipo di tecnologia è stata utilizzata al Policlinico San Donato di Milano per il posizionamento di una protesi di ginocchio.

La realtà mista invece aggiunge un ulteriore livello di profondità e di prospettiva agli elementi virtuali che consentono ulteriori interazioni non possibili con la AR. Il primo dispositivo è stato adottato dalla Case Western Reserve University per le lezioni di anatomia. In questo caso l’applicazione HoloAnatomy, accessibile tramite gli Hololens, consente agli studenti di visualizzare ologrammi di parti del corpo reali. La tecnologia ha permesso agli studenti del primo anno di medicina di seguire un corso di anatomia completamente a distanza durante la pandemia.

L’utilizzo per la formazione

I possibili casi di utilizzo di XR e AR sono numerosi. Si va dal miglioramento dell’educazione, dell’autocura e del coinvolgimento dei pazienti che possono utilizzare la tecnologia XR per spiegare i propri sintomi con l’aiuto di stimoli visivi, seguire il proprio processo di guarigione e migliorare la terapia fisica

Oltre agli interventi chirurgici aumentati, già praticati, la VR è molto utile per la formazione dei giovani dottori. La simulazione chirurgica basata su XR offre ai professionisti un’opportunità sicura e realistica di sperimentare, allenarsi e collaborare. Secondo una ricerca dell’Imperial College di Londra, l’83% dei partecipanti addestrati con la VR è stato in grado di portare a termine un intervento chirurgico alla colonna vertebrale con una guida minima, mentre lo 0% dei partecipanti addestrati tradizionalmente è stato in grado di portare a termine lo stesso compito. Con la realtà aumentata il personale di primo soccorso ha disposizione strumenti preziosi mantenendo le mani libere e anche sulla gestione del dolore è possibile ottenere risultati con l’utilizzo della VR per fornire ai pazienti ambienti tranquillizzanti durante le operazioni in anestesia locale o meno, che possono aiutare i pazienti a provare meno dolore distraendo l’attenzione dal dolore e aiutando a bloccare i segnali di dolore dal cervello. Come succede al Gemelli di Roma.

La terapia VR infatti si è dimostrata in grado di ridurre il dolore cronico ed è autorizzata dalla FDA a partire dal 2021. Anche dal punto di vista della struttura fisica ospedaliera è possibile utilizzare tecnologie di realtà aumentata. La navigazione in strutture mediche con molti edifici e piani può essere complessa e richiedere molto tempo. Le soluzioni per smartphone con tecnologia AR aiutano i pazienti a raggiungere il luogo desiderato, guidandoli con frecce virtuali e informazioni in tempo reale sull’ambiente circostante.

Terapie con il gaming

In Italia vale la pena citare il caso di Softcare Studios. Società romana fondata nel 2017 grazie ai cinque cofondatori Valentino Megale, Cristian Currò, Gianfranco Damato, Bruno Lenzi e Chiara Aielli, che ha sfornato Tommi, un software selezionato nel 2018 dalla Commissione europea come miglior progetto e-health dell’Unione. Dedicato ai pazienti pediatrici ospedalizzati, il software ha l’obiettivo di aiutarli ad affrontare le terapie, in particolare quella oncologica, proponendo un’esperienza di gaming da affrontare con l’utilizzo di un visore. Il gioco coinvolge anche i genitori e porta i bambini in un mondo fantasy con molti stimoli visivi. Il coinvolgimento nel gioco li porta a rilassarsi, ridurre l’ansia clinica e la percezione del dolore, mentre il gioco permettere di raccogliere dati utili alla struttura ospedaliera per adattare la terapia alle esigenze del minore. Il software è stato utilizzato presso il Fatebenefratelli di Milano dal team guidato dallo specialista in accessi vascolari Gianuario Sanna, e ha dato vita a uno studio pubblicato sul The Journal of Vascular Access. I dati indicano una riduzione del 90% delle sedazioni. Risultati che hanno permesso di procedere con altre sperimentazioni in altre strutture sanitarie. Grazie a Tommi è possibile ridurre le sedazioni farmacologiche ed evitare potenziali effetti collaterali per i pazienti e costi operativi per la struttura.

Altra importante esperienza è quella dell’IRCCS Oasi di Troina e dell’Università La Sapienza di Roma, il cui studio è stato pubblicato da Sensors. Due gruppi uno formato da persone con disturbo neurocognitivo di origine degenerativo, l’altro, di controllo, con disturbo neurocognitivo non degenerativo hanno effettuato un training in realtà virtuale non immersiva con delle app per simulare quattro abilità di vita quotidiana. I risultati dicono che il training di realtà virtuale non immersiva ha prodotto miglioramenti nelle abilità quotidiane per entrambi i gruppi di pazienti, non solo nell’ambiente virtuale, ma anche in quello naturale.