Quando Microsoft rilascia una nuova versione di Windows, spesso accende la macchina dell’hype e la fa andare a mille. Basti pensare a Windows 95, quando Microsoft pagò ai Rolling Stones 3 milioni di dollari per usare Start Me Up! come sigla del sistema operativo e illuminò l’Empire State Building di rosso, giallo e verde, i colori dell’azienda.

Prezzo totale di lancio del marketing: 300 milioni di dollari, secondo il Washington Post, che sono più di 500 milioni di dollari di oggi, tenendo conto dell’inflazione. I lanci recenti sono stati invece più tranquilli e molto meno sfarzosi. Ma anche quando Microsoft parla a voce più bassa, generalmente riesce a far capire bene le caratteristiche base del suo nuovo sistema operativo e delinea chiaramente quali ritiene siano i vantaggi del passaggio ad esso.

Qualcosa però è cambiato nei giorni scorsi con l’annuncio di Windows 11. Il Big Reveal di Microsoft del 24 giugno per il suo nuovo sistema operativo non è stato poi così “big” e ha rivelato molto poco. E ciò che ha rivelato è stato per lo più sbagliato o fuorviante. A dirla tutta, potrebbe essere stato l’annuncio di Windows più pasticciato nella lunga storia di Microsoft.

Iniziamo con le nozioni di base più elementari, ovvero che tipo di hardware è necessario per eseguire il sistema operativo. Sembra una cosa semplice da spiegare, eppure con Windows 11 le cose si sono fatte fin da subito inutilmente complicate. Microsoft ha messo insieme diverse liste che descrivono in dettaglio l’hardware necessario per eseguire Windows 11. La pagina dei requisiti di sistema di Windows ha formalmente elencato ciò che è necessario per far girare il nuovo SO, ma al tempo stesso anche la documentazione sulla compatibilità di Windows 11, messa insieme dal team di ingegneri dell’azienda per i partner Microsoft, descrive i requisiti hardware del nuovo sistema operativo.

Ecco il problema. I due documenti riportavano informazioni differenti su una specifica hardware estremamente importante: il Trusted Platform Module (TPM). TPM è uno standard internazionale che nelle parole di David Weston, direttore della sicurezza aziendale e del sistema operativo di Microsoft, viene utilizzato “per proteggere le chiavi di crittografia, le credenziali dell’utente e altri dati sensibili dietro una barriera hardware, in modo che malware e aggressori non possano accedere o manomettere quei dati”.

La pagina dei requisiti di sistema di Windows indicava che per eseguire Windows 11 fosse necessario il TPM in versione 2.0, mentre la documentazione sulla compatibilità per Windows 11 parlava della versione 1.2 come requisito minimo. Non è una differenza da poco se pensiamo che molti milioni di vecchi PC hanno la versione 1.2 del TPM, ma non la 2.0.

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Le cose sono poi peggiorate. Microsoft ha rilasciato un tool di compatibilità che chiunque poteva scaricare per vedere se il proprio PC sarebbe stato in grado di eseguire Windows 11. Se il tool esaminava un sistema con la versione 1.2 di TPM, riferiva che il PC non avrebbe potuto eseguire Windows 11, senza però specificare il perché. Ciò ha portato a una totale confusione tra gli utenti le cui specifiche hardware soddisfacevano o addirittura superavano quelle della documentazione sulla compatibilità per Windows 11, e quindi presumevano che i loro PC sarebbero stati in grado di eseguire il nuovo SO.

A confondere ancora di più le cose c’è il fatto che alcuni PC hanno TPM 2.0 integrato, ma il firmware dei computer lo ha disabilitato. Quindi il tool di compatibilità segnalava che i PC non potevano eseguire Windows 11 quando in realtà potevano farlo se i loro proprietari avessero adottato alcuni senmplici passaggi per abilitare TPM 2.0 tramite firmware.

C’è poi stata anche una certa confusione su quali chipset saranno in grado di eseguire Windows 11 e quali no. Da quel primo approccio estremamente pasticciato, Microsoft ha chiarito nella sua documentazione che è necessaria la versione 2.0 di TPM. Deve però specificare meglio quali chipset eseguiranno Windows 11. E il controllo di compatibilità è stato messo offline, sostituito da una pagina che descrive i requisiti hardware di Windows 11.

L’altro problema con l’annuncio è stata la mancanza di un motivo chiaro per cui qualcuno dovrebbe eseguire l’aggiornamento a Windows 11 da Windows 10, anche gratuitamente. Panos Panay, Chief Product Officer di Microsoft, ha evidenziato le nuove funzionalità di Windows 11, tra cui un menu Start centrato anziché ancorato nella parte inferiore sinistra dello schermo, nuovi modi per disporre le finestre sullo schermo, widget e un’esperienza gaming migliore.

Ma non ha mai spiegato perché queste nuove funzionalità sarebbero così importanti da volere Windows 11. È stata, per usare un eufemismo, un’operazione di vendita deludente. Il post di Panay è poi pieno di inutili frasi a effetto come “Windows 11 è moderno, fresco, pulito e bello. Tutto è stato fatto intenzionalmente per darvi il controllo e portare un senso di calma e facilità”.

Va da sé che un’introduzione sbagliata di un prodotto non significa necessariamente che quel prodotto sarà deludente o fatto male. Ma in base a ciò che ho sentito e visto da Microsoft finora, non nutro molte speranze. Potrebbe essere un altro esempio di “ciò che vedi è ciò che ottieni”. E finora, ciò che ho visto sono solo errori su errori.