Questa settimana il CEO di Apple Tim Cook è intervenuto alla 40esima International Conference of Data Protection and Privacy Commissioners, che si è svolta a Bruxelles. Il numero uno di Apple si è espresso duramente su come i nostri dati personali vengono raccolti, elaborati, acquistati e venduti.

Le nostre informazioni, dal quotidiano al profondamente personale, vengono usate come armi contro di noi con efficienza militare”, ha dichiarato Tim Cook, come riportato da TechCrunch. “Portato all’estremo questo processo crea un profilo digitale duraturo e consente alle aziende di conoscerci meglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Il nostro profilo è un insieme di algoritmi che propinano contenuti sempre più estremi, trasformando in armi le nostre innocue preferenze. Non dovremmo sottovalutare le conseguenze. Questa è sorveglianza”.

Sono parole pesanti. Si potrebbe pensare che si tratti di una strategia di marketing. Il modello di business di Apple, infatti, è vendere dispositivi costosi, ma non di monetizzare i nostri dati. L’azienda si impegna a raccogliere il minor numero possibile di dati, a crittografare il più possibile e a eseguire tutte le analisi dei dati (per Siri, Photo e altre app e servizi) sul dispositivo. La pagina sulla privacy dell’azienda non è piena di termini legali, ma di termini di marketing su come Apple rispetta la nostra privacy. L’allarme lanciato dal CEO di Apple sulla privacy dei dati è una strategia per vendere più prodotti?

L’appello di Cook ai politici USA

Per pura coincidenza, lo stesso giorno dell’intervento di Cook il New York Times ha pubblicato un articolo sul termometro Kinsa. Questo termometro intelligente è utilizzato da mezzo milione di famiglie americane: raccoglie dati su chi ha la febbre e chi no, quindi li vende a brand come la multinazionale Clorox che li utilizzano per le proprie campagne pubblicitarie.

Nel mondo dei gadget intelligenti di oggi, basta misurarsi la temperatura e i nostri dati vengono raccolti e venduti! In quest’ottica, le affermazioni di Cook sulla dimensione e la profondità del “mercato dei dati” acquistano una nuova luce.

La soluzione non è certamente acquistare solo prodotti Apple. Sono troppo costosi per gran parte del mercato, ma soprattutto Apple non produce la maggior parte dei prodotti che sono, o saranno, connessi e “intelligenti”, come per esempio il termometro sopracitato. Gli utenti possono scegliere di non acquistare dispositivi con una connessione di rete, se non sono indispensabili, o di disabilitare la connessione di rete sui gadget che non è necessario siano online. Il problema della protezione dei dati, in ogni caso, va affrontato con un approccio più ampio.

Nel suo discorso, Cook si è rivolto ai legislatori degli Stati Uniti affinché proteggano la privacy dei loro cittadini. Gli interventi prioritari, secondo Cook, sono quattro: minimizzare i dati raccolti sugli utenti, fornire trasparenza su ciò che viene raccolto e come, dare il diritto di accedere a tutti i dati personali che le aziende raccolgono, richiedere alle aziende che raccolgono dati di proteggerli meglio.

In uno dei rari interventi su Twitter, Tim Cook si è espresso a favore del GDPR, il regolamento europeo sulla protezione della privacy a cui gli Stati Uniti dovrebbero ispirarsi.

Secondo il CEO di Apple, introdurre un regolamento simili negli Stati Uniti permetterebbe di compiere un enorme passo avanti per proteggere la privacy. E non solo dei cittadini americani, considerata l’influenza del mercato statunitense nel settore della tecnologia e il numero di importanti aziende tecnologiche con sede negli Stati Uniti.