Il piano è ambizioso, partire quasi senza gradualità e abbandonare con un netto colpo di spugna tutti i rapporti analogici tra aziende e PA. Dal 31 marzo ogni amministrazione, anche locale, dovrebbe essere pronta a non accettare altro che fatture elettroniche, con un’operazione partita a giugno scorso con i ministeri e ora obbligatoria anche per gli enti locali. Si parla di 21 mila soggetti pubblici, tra enti e istituzioni. Un passo fondamentale e a lungo atteso, che se non troverà troppi ostacoli, pratici e politici, potrebbe influenzare anche i processi di dematerializzazione delle attività tra privati, con un effetto a catena.
Siamo però abituati a guardare con giustificata diffidenza ogni intervento sull’organizzazione della Pubblica ammninistrazione, specie nel campo della digitalizzazione, ricordando recenti fallimenti, come la appena deceduta Pec governativa Cec-Pac, che avrebbe dovuto rivoluzionare i rapporti tra cittadino e PA e si è rivelata l’ennesimo inutile esborso di denaro pubblico. I rischi, almeno quelli in buona fede, sono  la farraginosità delle procedure e la lentezza di applicazione che rende obsolete le tecnologie ancor prima di essere adottate.
Per questo è meglio sospendere il giudizio per qualche mese per capire con quale tasso di efficienza la PA saprà adeguarsi al cambiamento e quanto velocemente il sistema introdotto saprà intercettare le esigenze delle aziende, adattandosi di conseguenza.

I nodi da sciogliere

Del resto le critiche al provvedimento, prima ancora della sua entrata in vigore, non sono mancate. La prima riguarda proprio la velocità con cui il Governo Renzi ha scelto di procedere, con una data secca e senza un periodo di transizione per permettere alle aziende un adeguamento graduale, malgrado per molti soggetti questo comporti una vera rivoluzione nella gestione contabile.
Questa è una critica giustificata, che però non ci sentiamo di sottoscrivere completamente. Troppo spesso nella PA le fasi di transizione e sperimentazione si sono rivelate un alibi per avviare i processi di rinnovamento in modo incompleto o con risorse insufficienti, prestando il fianco a critiche feroci e ritrovandosi costretti a rovinose marce indietro. Molto meglio bruciarsi i ponti alle spalle, correndo qualche rischio, ma proseguendo in un percorso lungo il quale siamo già fin troppo in ritardo.

L’altro problema della fatturazione elettronica, così come è stata concepita, riguarda la complessità del sistema, che non è esente da qualche bizantinismo all’italiana. La questione riguarda il Sistema di Interscambio obbligatorio (SdI), che richiede che la fattura resti all’interno di standard molto rigidi, a partire dalle specifiche del file Xml, descritte in pagine e pagine di documentazione, che vanno ben al di là del dotarsi di una semplice Pec e di una firma digitale.
Se questo non sarà un problema per le aziende medie e grandi, che possono sostenere i costi della soluzione e dell’hardware necessario alla conservazione digitale obbligatoria, il tessuto di piccoli artigiani, che operano soprattutto con la PA a livello locale, avranno i loro bei grattacapi. La questione è tanto più seria se si considera l’arretratezza della situazione attuale, che vede solo l’1% delle aziende già dotate di sistemi di fatturazione compatibili con le nuove logiche.

Un’altra perplessità riguarda i piccoli comuni, ancora molto indietro nelle operazioni necessarie a dotarsi delle nuove tecnologie. Per il primo periodo, quindi, le fatture, pur ricevute nel nuovo formato, dovranno essere gestite e conservate da questi enti in modo tradizionale, annullando i vantaggi.

Il servizio è servito

In aiuto di questi soggetti ci sono comunque iniziative pubbliche gratuite e private a costi contenuti. Fa parte della prima categoria la Fattura-pa delle Camere di Commercio. Identificandosi con la Carta nazionale dei servizi al sito Infocamere, il fornitore potrà accedere a un sistema di fatturazione conforme a quanto prescritto dalla legge, a titolo gratuito per un numero limitato di fatture verso la PA. Il sistema è semplice e ben spiegato, adatto ad assolvere gli obblighi della normativa, ma non offre ovviamente la flessibilità di un sistema a pagamento.
Su questo fronte si stanno attivando molti provider di servizi. In prima fila c’è Aruba, che già si era distinto per la sua soluzione di posta certificata. Il suo sistema si chiama DocFly Fatturazione PA ed è gratuito per il primo anno, per poi costare 25 euro di canone fino a un massimo di 100 mila fatture.
Naturalmente anche chi sviluppa gestionali per le Pmi ha avuto il tempo di attrezzarsi con appositi moduli per affrontare la novità. Tra i primi ad annunciarlo c’è Gedi online, con la soluzione e-asyPA. È di questi giorni anche l’annuncio di Pico, distributore di servizi e soluzioni molto attivo con la PA, che ha siglato un accordo con Credemtel, per dotarsi di due piattaforme adatte allo scopo, denominate Gedfatt e Fattgo.
L’interesse delle aziende, anche quelle non coinvolte direttamente con la PA, è comunque tale, come testimoniano le più recenti rilevazioni, che c’è da aspettarsi che ogni singolo system integrator e vendor di gestionali avrà ben presto a disposizione una soluzione di fatturazione Xml-PA nel suo catalogo.

ogni switch-off di vecchie procedure è un passo utile, mentre è vero il contrario se la digitalizzazione si affianca alle soluzioni tradizionali

Malgrado le perplessità di cui abbiamo parlato e la debita prudenza, è innegabile che il sistema, a regime, porterà importanti vantaggi al tessuto produttivo di questo Paese. Ecco i cinque più importanti, ciascuno dei quali sufficiente a farci fare il tifo per la piena riuscita dell’iniziativa.

1.Crediti verso la PA

Il Governo finora non è riuscito a mantenere le promesse relative al pagamento dei debiti che la pubblica amministrazione ha ancora nei confronti di molti suoi fornitori. Lontanissimo dall’obbligo delle direttive comunitarie, che imporrebbero di non superare i 30 giorni, lo Stato italiano ha mantenuto la sua fama di pessimo pagatore, malgrado gli sforzi compiuti nell’ultimo periodo. Uno degli ostacoli al recepimento della direttiva, o forse uno degli alibi più facili da impugnare, è stata la difficoltà di tracciare e certificare molti di questi debiti, tanto che sulle cifre in gioco il balletto in qualche occasione ha sfiorato il ridicolo. L’introduzione della fatturazione elettronica dovrebbe cambiare le cose radicalmente, rendendo più facile monitorare e sanzionare le inadempienze. Per il futuro, quindi, non ci dovrebbero essere più scuse, anche se qualcuno teme che per il primo periodo la complessità del sistema potrebbe portare a errori da parte dei fornitori, che si tramuterebbero in ritardi nello svolgimento delle pratiche e quindi, di nuovo, nell’erogazione dei pagamenti.

2.Trasparenza e tracciabilità

In Italia a pensar male non si fa peccato e ci si azzecca quasi sempre. Un sistema arcaico e fortemente burocratizzato di gestione dei documenti contabili ha sempre favorito piccoli e grandi inganni. Con le nuove procedure si dovrebbero prendere due piccioni con una fava. Da un lato i cittadini potrebbero controllare le spese, poiché tutto dovrebbe essere messo online quasi in tempo reale, dall’altra gli addetti ai lavori potrebbero gestire meglio i costi, confrontare le virtù manageriali delle varie amministrazioni, comprese le Asl, attribuendo correttamente e velocemente le responsabilità degli sprechi, e definire in modo più preciso la questione dei costi standard.
Se si applicasse, come annunciato, il concetto di amministrazione come scatola di vetro, sarebbe sicuramente un freno alla corruzione, specie quella che attinge al meccanismo delle consulenze d’oro. Basterebbe mantenere classifiche aggiornate dei ‘buoni’ e dei ‘cattivi’ e il sistema potrebbe rivelarsi molto più efficace di una legge che inasprisca le pene.

3. Risparmi per le aziende e la PA

Si calcola che i vantaggi per la pubblica amministrazione dall’operazione di dematerializzazione, una volta che questa fosse completamente a regime, ammonteranno a 1,5 miliardi l’anno. Di questi circa mille milioni si ricaverebbero dall’aumento di produttività del personale amministrativo, il quale, dopo l’iniziale smarrimento, si troverebbe a fare i conti con procedure di gestione assai più snelle e automatizzate di quanto non sia avvenuto fino ad ora. I restanti 500 milioni deriverebbero in modo analogo dal personale dei fornitori. Ma anche per le aziende fornitrici ci sarebbero dei risparmi, anche se in qualche caso il sistema potrebbe rappresentare, almeno all’inizio, un costo aggiuntivo.
Le previsioni sono comunque di una riduzione media del costo di 17 euro a fattura, che porterebbe anche gli enti più piccoli ad ammortizzare i costi sostenuti in meno di un anno. Di questi, 14 euro si risparmiano per il minore impiego di manodopera, tra protocollo, registrazione e conservazione, mentre gli altri 3 si ottengono dall’abbandono dei supporti cartacei. Valori di risparmio simili dovrebbero interessare anche i fornitori, specie quelli che ne approfitteranno per ammodernare interamente il loro sistema di fatturazione.

4. Efficienza e controllo della spesa

Che la PA italiana abbia bisogno di percorsi di efficientamento è noto a tutti. In questo senso, ogni switch-off di vecchie procedure è un passo necessario e utile in questa direzione, mentre è vero il contrario per i processi di digitalizzazione che si affiancano alle soluzioni tradizionali, aumentandone la complessità.

L’effetto più importante di una riuscita introduzione della fatturazione elettronica è di far partire la spinta all’innovazione delle Pmi

 

La capacità di misurare in modo efficace i costi dell’immane macchina pubblica è inoltre fondamentale per applicare una vera spending review, senza che nessuno vi possa contrapporre giustificazioni pretestuose.
Anche i 2 milioni di imprese fornitrici ne ricaveranno benefici in termini di efficienza, specie quelle legate in modo esclusivo alla PA e finora adeguate al ribasso ai suoi standard arretrati. Alcune di esse, una volta modernizzati i processi di gestione, potrebbero anche scoprire di essere competitive in nuovi mercati.

5. Volano per la digitalizzazione

L’effetto più importante di una riuscita introduzione della fatturazione elettronica è però quello di far partire la spinta all’innovazione delle Pmi. Si stima che questo effetto trascinante porterebbe vantaggi per 60 miliardi, considerando solo la modernizzazione delle procedure legate agli ordini e agli acquisti. Poi si sa, l’appetito vien mangiando, e quando una piccola impresa tradizionale assaggia i vantaggi della digitalizzazione, difficilmente rinuncerà a provare altri servizi capaci di renderla più competitiva. In questo senso la disponibilità di servizi in cloud, facili da ‘assaggiare’ senza richiedere investimenti impegnativi, potrebbe fare della fatturazione elettronica un importante grimaldello per sbloccare la modernizzazione del Paese.