A partire da maggio 2025, il servizio SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) ha iniziato a diventare a pagamento per alcuni utenti. Aruba è stato il primo provider ad applicare un costo e sarà seguito da Infocert a partire da fine luglio. Questi due fornitori, finora noti per l’erogazione gratuita dell’identità digitale necessaria per accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione italiana, introdurranno un canone annuale di 5,98 euro per il rinnovo dello SPID e altri gestori potrebbero presto adottare una politica simile, aprendo un dibattito acceso su accessibilità e diritti dei consumatori.

In risposta a questa svolta, il Codacons ha sollevato dubbi sulla legittimità della decisione, parlando apertamente di “lesione dei diritti dei consumatori” e promettendo azioni risarcitorie. Il nodo centrale della questione ruota attorno alla sostenibilità economica del sistema SPID, la cui gestione, secondo le dichiarazioni ufficiali, richiede investimenti costanti per mantenerne l’efficienza e supportarne l’evoluzione tecnologica. A fronte di ciò, il contributo statale promesso dal governo pari a 40 milioni di euro rappresenta una risorsa fondamentale.

Il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica, affermando che i fondi sono disponibili e che dovrebbero essere sbloccati a fine luglio, in coincidenza con la scadenza della convenzione tra lo Stato e i gestori del servizio SPID. In tale frangente, ciascun provider sarà chiamato a decidere se rinnovare la propria adesione al sistema o ritirarsi. Tuttavia, Zangrillo ha anche chiarito la linea strategica del governo, ovvero la progressiva sostituzione dello SPID con la Carta d’identità elettronica europea (CIE), un’alternativa già disponibile, gratuita e destinata a funzionare anche al di fuori dei confini nazionali.

In prospettiva, sembra chiaro che l’intenzione governativa sia insomma quella di razionalizzare l’offerta di identità digitali, concentrandosi sull’utilizzo della CIE, gestita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, come soluzione tecnologica di riferimento.

A oggi, però, lo SPID continua a rappresentare lo strumento principale di accesso ai servizi digitali della Pubblica amministrazione. Secondo i dati aggiornati allo scorso anno, il 90% degli accessi avviene tramite SPID, con circa 1,2 miliardi di utilizzi annui, contro i soli 52 milioni registrati con la CIE. Anche in termini di diffusione fisica, la carta di identità elettronica è presente in 48,2 milioni di esemplari, ma la sua integrazione con i servizi digitali appare ancora marginale rispetto alla penetrazione dello SPID.

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Il dibattito intorno alla trasformazione dello SPID da servizio gratuito a servizio potenzialmente a pagamento solleva quindi interrogativi più ampi sul rapporto tra cittadino e digitalizzazione dei servizi pubblici. Da un lato, vi è la necessità concreta di garantire sostenibilità economica e aggiornamento tecnologico dei sistemi di identità digitale; dall’altro, permane l’esigenza di garantire inclusione e accesso equo e senza barriere economichee a tutti i cittadini, soprattutto a quelli meno digitalizzati o economicamente svantaggiati.

In questo scenario si è fatta sentire Assintel Confcommercio per voce della presidente Paola Generali: “In merito alle notizie di questi giorni secondo le quali non è prevista l’erogazione dei pagamenti ai provider privati che offrono il servizio di SPID, lanciamo un appello al Governo: lavoriamo tutti, insieme, perché l’offerta ai cittadini di strumenti per la digitalizzazione sia ampia, variegata, accessibile e gratuita e perché la digitalizzazione diventi sempre più democratica”, ha scritto Generali in una nota ufficiale.

“Per la fase contingente ci auguriamo che i 40 milioni di euro previsti per ristorare i provider privati che offrono il servizio di SPID arrivino al più presto sia per tutelare in primis i milioni di italiani che hanno attivato l’identità digitale, sia per permettere che il servizio si diffonda ancora. In secondo luogo ci auguriamo che si prosegua e si incrementi lo sforzo per fare dell’Italia un Paese sempre più digitale, verso gli obiettivi sfidanti del Pnrr del 2026. Obiettivi che non possono prescindere da nessuna delle opportunità offerte finora al cittadino per una reale transizione”, prosegue Generali.

“In questa direzione va la nostra proposta di presidi fissi nei quartieri delle nostre città per accompagnare i cittadini nell’utilizzo dell’identità digitale, spiegandone le modalità di fruizione ed essendo a disposizione per dubbi e problematiche. Il digitale è uno strumento per sua natura inclusivo e nessuno deve rimanere indietro”.

Secondo il sottosegretario con delega all’Innovazione, Alessio Butti, che rafforza la convinzione di Zangrillo, lo SPID è però destinato a lasciare il passo alla CIE e al nuovo wallet digitale europeo. Butti ha infatti insistito sul fatto che lo SPID cominci a mostrare segnali di vulnerabilità secondo quanto affermano anche gli stessi operatori del settore, mentre la CIE è molto più sicura ed è riconosciuta anche a livello comunitario.

La priorità per Butti, che già nel 2022 pensava alla CIE come erede dello SPID, è agevolare il passaggio tra questi due sistemi: Lavoreremo affinché tutto possa essere gestito nel modo migliore”, ha dichiarato il sottosegretario all’evento Telco per l’Italia tenutosi ieri a Roma.

(Immagine in apertura: Shutterstock)