Oggi sappiamo tutti cos’è l’App Io, il punto di accesso unico che raccoglie tutti i servizi pubblici locali e nazionali, comunicazioni e pagamenti e permette un’interazione semplice e sicura dal proprio smartphone. Ne abbiamo sentito parlare ultimamente anche per gli aggiornamenti sul Green Pass Europeo.

Cinque anni fa, e precisamente nel 2016 quando è stato lanciato il Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione sicuramente non si potevano immaginare gli utilizzi odierni, né tantomeno si riusciva a dare una definizione precisa di cosa sarebbe stato il “cittadino digitale”. Vale quindi la pena di ripercorrere i punti di quel progetto e capire perché sia così versatile e attuale. Come siamo arrivati alla situazione odierna?

A questa domanda ha risposto Roberta Tassi, Docente di Service Design e Interaction Design al Politecnico di Milano durante Humanazing Technology by design, il convegno sulle nuove visioni e strumenti di innovazione organizzato dal Circolo del Design di Torino.

Nel 2016, dicevamo, l’esperienza online era decisamente diversa da quella di cui godiamo oggi. Era frammentata, talvolta anche all’interno dello stesso sito. Si poteva trovare una pagina user friendly e quella successiva assolutamente antiquata e di difficile comprensione. L’idea del Piano Triennale è nata proprio per questo: garantire ai cittadini-utenti un’esperienza digitale fluida con la PA, al pari di quella proposta da organizzazioni private.

“Una delle parti più importanti dello sviluppo dell’app IO è stata la fase di test e la raccolta delle opinioni dei cittadini ha affermato Tassi. “Speriamo che venga sviluppata il più presto possibile” dicevano, segnale che si stava andando nella giusta direzione.

Non era tutto rose e fiori, ovviamente. C’era anche dello scetticismo, in particolare riguardo agli identity provider (gestori di identità), a cui è affidato il compito di gestire l’autenticazione SpID. Lo scetticismo non è ancora stato risolto, e diverse domande del pubblico hanno riguardato questo tema.

Come si è arrivati ad 12 milioni di download?

Quasi 12 milioni di download a giungo 2021: un dato interessante che porta alla luce gli sforzi (e i successi) della PA in questo senso. Facciamo un passo indietro. Nel 2018 è iniziata la sperimentazione dell’applicazione in beta a numero chiuso, si sono raccolti dati, impressioni degli utenti e si sono di conseguenza fatte modifiche fino ad arrivare alla versione che conosciamo oggi.

Come si legge sul sito dell’app, la sua adozione è stata trainata in particolare da due eventi, l’uscita del bonus vacanze a giugno 2020 e il cashback tra novembre e dicembre 2020. L’essere più vicini alle persone, tra l’altro permettendogli di usufruire di bonus e opportunità, è fondamentale e non deve essere mai sottovalutato.

Andamento dei download dell’app IO negli ultimi mesi (aggiornato al 18 giugno 2021)

Andamento dei download dell’app IO negli ultimi mesi (aggiornato al 18 giugno 2021)

Secondo Tassi, oggi come oggi tutti hanno l’app installata sul proprio telefono, o perlomeno hanno lo SPID. Nel caso di utenti analogici, inoltre, si aspetterebbe una risposta positiva, c’è chi sta solo aspettando il momento giusto per farlo ma praticamente tutti ormai ne riconoscono l’importanza. Insomma, un clima, maturità e consapevolezza decisamente diversi. La sensazione è che finalmente esistano dei punti di riferimento.

Anche qui, però, non mancano i problemi. Gli utenti, adesso, hanno il timore di essere disorientati dal moltiplicarsi di questi strumenti. “In un momento in cui i sistemi scalano, come in questo caso, diventa fondamentale sviluppare un ecosistema unico per non modificare i punti di riferimento per l’utente che ha già fatto fatica a riconoscerli come tali” ha osservato la docente.

Nuove sfide per i progettisti

Ed è proprio la scalabilità che crea nuove sfide per i progettisti. Quando un’applicazione come IO raggiunge queste dimensioni significa che anche il cittadino digitale ha raggiunto un certo livello di consapevolezza. L’utente si aspetta quindi che lo strumento funzioni sempre, indipendentemente da quello che succede intorno. E questo è critico perché se centinaia di migliaia di persone fanno la stessa cosa contemporaneamente la risposta arriverà più lentamente sia perché i sistemi sono carichi sia a causa dei limiti infrastrutturali nazionali.

La pazienza nell’attendere in una coda “fisica” non è la stessa che si ha nel digitale. In un mondo analogico, certo, non si presenta con le stesse numeriche – in posta potremmo trovare 10 persone davanti a noi, per il bonus biciclette anche duecentomila – ma anche se i tempi fossero gli stessi, sul digitale non siamo disposti ad aspettare.

È un tema complesso dal punto di vista progettuale, specialmente quando la scala diventa così ampia. È possibile – e normalissimo – che le cose talvolta non funzionino, ma questo genera eccessivo disagio caricando enormemente l’assistenza che si occupa di questi servizi. La prima sfida per i progettisti è quindi costruire un percorso di fiducia che normalizzi un eventuale  fallimento temporaneo del sistema.

La seconda sfida è la scarsa consapevolezza dell’utente riguardo i propri limiti digitali in tema privacy e sicurezza. “All’inizio della pandemia ho ricevuto un SMS dalla Regione Lombardia che mi avvisava della possibilità di ricevere a distanza le mie ricette farmaceutiche. Ho chiesto a chi mi era intorno come facesse la Regione ad avere il mio numero di telefono. Nessuno è riuscito a rispondermi, solo qualcuno ha detto che crede di averlo inserito nel proprio fascicolo sanitario elettronico. Anche su un tema così semplice c’è tanta insicurezza” ha continuato la Tassi.

Aiutare le persone a sviluppare la propria consapevolezza sul tema non è impossibile. Anche il solo progettare le schermate sui consensi in una determinata maniera può aiutare, cosa che però non è ancora abbastanza sfruttata. Mettere in evidenza il link all’informativa è un incentivo per le amministrazioni per andare a rivederla, chiedersi se è tutto a posto, aggiornarla e renderla più chiara. Diventa un ciclo virtuoso, l’amministrazione chiarifica l’informativa e l’utente è incentivato a leggere qualcosa che riesce a comprendere senza troppo sforzo.

L’ultima sfida è colmare il digital divide, che rimane una priorità. Come? Innanzitutto non sottovalutando l’importanza dei cittadini digitali consapevoli che possono farsi carico – ad esempio con deleghe digitali per il resto della propria famiglia – delle questioni burocratiche da risolvere online, della ricezione di documenti sensibili e così via. In questo i progettisti possono costruire percorsi di accesso temporaneo agli strumenti in modo da poter sostituire, sempre in maniera sicura, il cittadino ancora non digitale.

Fiducia, educazione e diffusione di conoscenze digitali (anche per quanto riguarda privacy e sicurezza) e accessibilità, nel senso di dare la possibilità a tutti di accedere ai servizi, i tre punti chiave di un ogni progetto digitale.