Dal commercio elettronico all’andamento dei consumi, il retail accusa il colpo e cerca nuove strade per difendere il suo business. Però appare in ritardo per quanto riguarda l’adozione di tecnologie per fronteggiare le differenze inventariali. Secondo il rapporto “Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage”, realizzato da Crime&tech, spin-off dell’Università Cattolica di Milano, con il supporto di Checkpoint Systems, specializzata nella fornitura di soluzioni from source to shopper per il settore retail, negli 11 Paesi presi in esame (i principali in Europa, Italia compresa), i retailer soffrono per  circa 49 miliardi di perdite l’anno, pari al 2% del fatturato, a causa delle differenze inventariali.

Fran Zanier – marketing director Emea di Checkpoint.

Fran Zanier – marketing director Emea di Checkpoint.

Una cifra – osserva Fran Zanier – marketing director Emea di Checkpointche se convertita in fatturato, rappresenterebbe il quarto maggior retailer europeo”. Cifre importanti, prosegue Zanier, tanto più in un momento di compressione dei margini che hanno portato anche alla chiusura di molti punti vendita. Lo studio, che rappresenta un felice momento di collaborazione fra università e aziende, spiega che bevande alcoliche, formaggi, carne, dolci e pesce in scatola (con un retailer di Ferrara che ha tolto tonno e caffè dagli scaffali a causa dei troppi furti) sono i prodotti più sottratti e che il tasso di differenze inventariali complessivo del 2017 è aumentato dello 0,19% rispetto al 2016. I reati più comuni vanno dal taccheggio, ai furti commessi dai dipendenti, alle frodi. Sono in aumento anche forme fraudolente interne più sofisticate, come falsi vuoti, resi fittizi e frodi legate alle carte fedeltà.

Retail Security in Europe_infografica 10Il grab and run, ruba e scappa, rimane però il modus operandi maggiormente adottato dai taccheggiatori che si sono evoluti e utilizzano anche jammer, attrezzi per staccare le tag e borse schermate, che impediscono ai prodotti muniti di etichetta antitaccheggio di essere rilevati dalle tecnologie Eas (electronic article surveillance, i sistemi elettronici antitaccheggio che prevedono antenne o hard tag ed etichette per proteggere la merce all’interno dei negozi) meno recenti.

Per fronteggiare questo esercito fatto di piccoli malviventi e bande specializzate i retailer utilizzano soprattutto sistemi di videosorveglianza (80% dei rispondenti), tecnologie Eas e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%), mentre oltre il 25% combina sistemi Eas e videosorveglianza per una protezione più efficace. Ancora in ritardo la tecnologia Rfid adottata dal 52,1% ma solo il 13,5% la utilizza in tutti gli store, il 5,4% tra il 50 e il 99% dei punti vendita e il 65% per meno di metà dei negozi. Questo nonostante molti rivenditori ritengano la Rfid una delle soluzioni più promettenti in termini di riduzione delle differenze inventariali di natura criminale o meno. Il 72% invece preferisce i codici a barre e il 7,5% registra a mano gli inventari.

Retail Security in Europe_infografica 11Il rapporto prende in esame anche la situazione italiana, dove il costo delle differenze inventariali è stimato intorno a 3,3 miliardi di euro l’anno. Le spese in misure di sicurezza, invece, arrivano a circa 1,5 miliardi di euro. Combinando i due valori, il costo totale attribuibile alle perdite nel retail (dove il taccheggio è la causa più frequente di differenze inventariali) in Italia può essere stimato pari a 4,8 miliardi di euro l’anno.

Dal punto di vista tecnologico Cctv, seguiti dai sistemi Eas e dagli allarmi, sono le contromisure più frequentemente adottate. Tuttavia, il loro impiego non è uniforme tra i punti vendita: il 70% dei rispondenti dice di adottare Eas in tutti gli store, mentre le guardie armate e disarmate sono impiegate in una percentuale minore di punti vendita, così come il personale in borghese e i sistemi Rfid. La tecnologia Rfid è utilizzata dal 24% dei retailer, il 12% però fra la metà e tutti i punti vendita e il 65% fra lo 0 e il 49% dei negozi.