La stabilità delle connessioni globali è stata nuovamente messa alla prova da un incidente nel Mar Rosso, dove due cavi sottomarini che collegano l’Europa al Medio Oriente e all’Asia sono stati danneggiati. L’episodio, confermato da diverse fonti indipendenti, ha comportato rallentamenti e interruzioni dell’accesso a internet in vari Paesi dell’Asia meridionale e della penisola arabica. Al momento, non è ancora chiaro se il guasto sia dovuto a un incidente o a un’azione deliberata, ma la questione ha sollevato nuove preoccupazioni sulla vulnerabilità delle infrastrutture digitali globali.

La fragilità dei cavi sottomarini

I cavi sottomarini rappresentano una delle infrastrutture portanti di internet. Pur esistendo alternative come i satelliti e le dorsali terrestri, è attraverso le tratte sottomarine che passa la stragrande maggioranza del traffico dati mondiale. Secondo l’International Cable Protection Committee, ci sono circa 1,7 milioni di chilometri di cavi posati sui fondali marini e ogni anno si verificano fra i 150 e i 200 incidenti.

Nella maggior parte dei casi (circa l’80%), i problemi sono attribuiti a cause accidentali come reti da pesca, ancore di navi o altre attività umane che urtano involontariamente le infrastrutture. Solo una parte minoritaria è riconducibile a fenomeni naturali o, più raramente, ad azioni intenzionali.

Secondo l’organizzazione di monitoraggio NetBlocks, i cavi colpiti nel Mar Rosso sono il South East Asia–Middle East–Western Europe 4 (SMW4) e l’India–Middle East–Western Europe (IMEWE), entrambi fondamentali per garantire la connettività tra Europa e Asia.

Il cavo SMW4, lungo 18.800 chilometri, è operativo dal 2005 ed è costato circa 500 milioni di dollari. Parte da Marsiglia e Palermo per raggiungere Paesi come Singapore, Malesia, Thailandia, Bangladesh, India, Sri Lanka, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Tunisia e Algeria. È frutto di un investimento congiunto di Alcatel Submarine Networks (Francia) e Fujitsu (Giappone). Il cavo IMEWE, inaugurato qualche anno dopo, misura 12.091 chilometri ed è stato realizzato con un investimento di 480 milioni di dollari. Collega anch’esso Francia e Italia all’India, attraversando il Medio Oriente e rappresenta un’infrastruttura cruciale per la trasmissione di dati tra i due continenti.

screenshot-gemini.google.com-2025.09.09-11_10_28

Paesi colpiti e conseguenze

Gli effetti del taglio si sono fatti sentire soprattutto in India e Pakistan, dove diversi utenti hanno segnalato un rallentamento significativo della velocità di navigazione. Anche negli Emirati Arabi Uniti, con particolare riferimento alle reti degli operatori statali Du ed Etisalat, si sono registrati disservizi. Le autorità saudite non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’accaduto, mentre in Kuwait le autorità hanno confermato che anche il cavo FALCON GCX, sempre nel Mar Rosso, è stato danneggiato, causando ulteriori disagi. La società responsabile non ha per ora risposto alle richieste di chiarimento.

Come spesso accade in questi casi, i fornitori di servizi internet hanno deviato parte del traffico su tratte alternative, mitigando così gli effetti del guasto. Tuttavia, questo comporta un inevitabile sovraccarico delle dorsali ancora operative, con conseguente rallentamento delle connessioni per milioni di utenti.

Il Mar Rosso è da mesi teatro di tensioni geopolitiche. Alcuni osservatori hanno ipotizzato che dietro il danneggiamento dei cavi possa esserci un’azione deliberata, parte di una campagna attribuita ai ribelli Houthi dello Yemen intenzionati a fare pressione su Israele per porre fine al conflitto a Gaza. I ribelli, tuttavia, hanno negato in passato di aver preso di mira queste infrastrutture e, al momento, non ci sono in effetti prove concrete che colleghino direttamente l’incidente a un attacco.

Resta il fatto che la posizione geografica del Mar Rosso, crocevia strategico non solo per il traffico marittimo ma anche per quello digitale, lo rende particolarmente sensibile. La possibilità che le reti globali possano essere vulnerabili ad attacchi mirati preoccupa governi e operatori, consapevoli che un blackout prolungato avrebbe conseguenze pesanti non solo per l’economia digitale, ma anche per la sicurezza nazionale di molti Paesi.