È notizia di qualche giorno fa che la licenza per l’utilizzo delle librerie colore Pantone nei servizi Adobe è cambiata, diventando a pagamento: le aziende che hanno standardizzato i propri asset grafici utilizzando una palette Pantone all’interno di documenti creati con l’Adobe Creative Suite, possono ora ritrovarsi di fronte all’impossibilità di utilizzare quei documenti.

Pantone è un insieme di colori standardizzati identificati con un codice per garantire che ciò che viene stampato corrisponda ai colori scelti dai designer. Gli stampatori utilizzano questi colori (e li acquistano) per garantire la fedeltà cromatica in stampa. È anche il motivo per cui le aziende investono nella calibrazione del colore per le loro risorse di stampa, di solito in base a Pantone, e chiunque abbia mai lavorato nel settore del branding con grandi aziende sa quanto valore attribuiscano a una riproduzione accurata delle tonalità.

Per decenni, Adobe integrava le librerie tinte Pantone all’interno delle sue applicazioni creative come Photoshop, InDesign e Illustrator.

Dato che i prodotti Adobe i più utilizzati dai grafici, e che la maggior parte delle aziende utilizza per i propri brand un mix di risorse grafiche per la stampa e online, è ragionevole pensare che almeno alcune delle risorse del marchio della vostra azienda siano state create utilizzando palette di colori Pantone.

A partire da Novembre, le uniche guide colore Pantone utilizzabili senza licenza saranno Pantone + CMYK Coated, Pantone + CMYK Uncoated e Pantone + Metallic Coated.

Sebbene Pantone sia considerato uno standard, la sua proprietà è privata, ma per anni all’azienda è andata bene così. Le licenze Pantone erano incluse nel costo della Creative Suite, e Adobe retribuiva Pantone. In base a un nuovo accordo tra le aziende, i clienti Adobe dovranno ora sottoscrivere un abbonamento separato per la licenza Pantone. Si chiama Pantone Connect è ha un costo 14,99 euro al mese, o di 89,99 euro all’anno.

Adobe aveva segnalato l’arrivo di questo cambiamento già a giugno.

Una colata nera su tutto

Cosa succede se non si paga? Potreste pensare che, essendo stati realizzati prima del nuovo accordo, i vostri asset grafici siano al sicuro, giusto? Purtroppo non è così. Anche nei file PSD esistenti, tutti i colori Pantone vengono sostituiti con il nero, anche se si tratta di documenti vecchi di decenni.

Proprio così. Il logo aziendale applicato a ogni cosa, dalla carta intestata alle magliette, non può più essere usato, il che significa che chiunque nella catena di fornitura abbia accesso a quel logo e ne abbia bisogno, non può più utilizzarlo.

Per estensione, ogni singolo partner con cui un’azienda lavora e che ha bisogno di accedere alle risorse del marchio si troverà ad affrontare lo stesso problema: tipografie, centri per la stampa su tessuti o suppellettili, gli studi grafici con cui collaborate magari per gestire le emergenze… Tutti avranno bisogno di una licenza Pantone per la quale dovranno pagare.

Questo significa anche che se oggi persone che lavorano a campagne di branding, probabilmente dovranno sborsare questo denaro a Pantone per l’uso di ciò che è sempre stato reso disponibile gratuitamente per decenni.

Conseguenze su tutta la filiera

Non ha molta importanza se questo maldestro esercizio sia frutto dell’ingegno di Adobe, di Pantone o di entrambi, perché il modo in cui è stato applicato avrà ripercussioni indesiderate su molti livelli della catena di fornitura dei beni del marchio e dell’azienda.

Adobe non dice molto, si limita a scrivere: “Le licenze di Pantone con Adobe sono state modificate. A causa di questo cambiamento, i clienti dovranno acquistare le licenze Pantone Connect per accedere ai colori Pantone nei prodotti Adobe Creative Cloud”.

Pantone ha fornito un resoconto molto confuso di ciò che ha guidato la sua decisione. In una FAQ (in realtà un po’ obsoleta), sostiene che: “Pantone e Adobe hanno deciso insieme di rimuovere le librerie obsolete e di concentrarsi congiuntamente su un’esperienza in-app migliorata che serva meglio i nostri utenti”.

Entrambe le aziende hanno avuto qualche mese di tempo per offrire una “esperienza in-app migliorata”. Non sembra che l’abbiano fatto.

Invece, il risultato sembra una di quelle terribili situazioni alla Kafka, in cui ai clienti viene promessa una migliore esperienza d’uso, mentre ne subiscono una drasticamente ridotta. Sarebbe opportuno che Adobe fornisse presto un po’ di conforto, magari sotto forma di aggiornamento del software per rendere possibile almeno l’esportazione dei documenti creati con i colori Pantone in un altro formato, invece di tenere in ostaggio gli asset creativi aziendali.

Pantone a pagamento: quali soluzioni alternative?

Esistono quindi soluzioni? Alcune. Print Week ne suggerisce una, ma è necessario avere un backup del software Adobe precedente alla versione attuale. (Il fatto che i servizi in abbonamento offrano un software sempre aggiornato ha questo rovescio della medaglia: il fornitore può decidere di rimuovere delle funzionalità che erano invece previste al momento della stipula del contratto).

I potere del marchio Pantone è tale che per molte grandi aziende (e per i loro fornitori a valle e a monte) non ci sarà altra scelta che sborsare i soldi, almeno per ora, e cercare alternative più avanti.

Il modo in cui è stata presa questa decisione sta già facendo arrabbiare molti utenti, tra cui decine di migliaia di aziende in tutto il mondo. La decisione e il modo in cui è stata applicata rappresentano un terribile autogol per entrambe le aziende e potrebbero essere una lezione di business su come non creare buone esperienze per i clienti in futuro.