Trent’anni dopo la sua nascita il Web ha problemi molto seri, assolutamente imprevedibili nel lontano 1989, ma si può ancora rimediare: questo in sintesi il pensiero di Tim Berners-Lee, il carismatico inventore del WWW, che ha parlato pochi giorni fa a Milano davanti a un’arena gremita di giovani partecipanti al Campus Party, il format internazionale dedicato alla creatività e all’innovazione giunto alla terza edizione italiana.

L’età (64 anni) non ha minimamente intaccato l’energia di Berners-Lee, tuttora impegnato in prima linea in progetti come Solid – di cui parleremo più avanti – pensati per ricondurre il web al suo obiettivo originario, quello di facilitare la condivisione e la collaborazione per il bene dell’umanità.

“Proprio da questo concetto sono partito 30 anni fa: lavoravo al Cern di Ginevra, e mi sono appassionato al problema della condivisione di informazioni e documenti tra le persone che lavorano a un grande progetto, in quel caso si trattava di un nuovo acceleratore di particelle. Allora i pc erano rari, la gente lavorava con sistemi basati su piattaforme profondamente diverse, ciascuno dei quali di fatto era un silo di informazioni isolato dal resto del mondo”.

Berners-Lee presentò allora quello che definisce un memo, dal titolo “Information Management: A Proposal”, in cui teorizzava un sistema di hyperlink per condividere informazioni tra computer diversi, basato sulla nascente piattaforma internet, e sull’impegno di mantenere aperti i protocolli di rete sottostanti: insomma un’idea di condivisione e diffusione decentralizzata e senza autorità centrali che ha cambiato la storia.

Nei primi anni l’ottimistico obiettivo iniziale sembrava potersi realizzare: “Chi apriva un sito per avere successo doveva creare un circolo virtuoso di buoni contenuti, che per il loro interesse venivano linkati dall’esterno (good content and good links), aumentando progressivamente il numero di lettori, il valore generato, e l’immagine del sito. Il Web era un mondo molto più aperto della TV, dove il pubblico si concentrava su un ristretto numero di canali, e ha generato dinamiche come le “long tail” di creazione di valore continuata nel tempo”.

“Poi qualcosa è andato storto”

“Poi”, continua Berners-Lee, “qualcosa è andato storto”. Gli stessi concetti che hanno fatto del Web un beneficio planetario hanno prodotto anche diversi fenomeni distorsivi. Berners-Lee ne cita due: il malware, e le fake news, ossia lo sviluppo di sistemi per sottrarre denaro o dati sensibili, e i business model che premiano il clickbait, e quindi favoriscono la creazione in malafede di contenuti falsi che polarizzano le opinioni e aizzano l’aggressività. “L’obiettivo in questo secondo caso può essere addirittura lo spostamento delle opinioni di intere masse o elettorati, l’abbiamo visto per esempio con l’elezione di Trump nel 2016”.

La soluzione però, continua l’inventore del WWW, non può stare solo nei procedimenti giudiziari o nelle leggi contro Facebook e gli altri colossi digitali. “Io credo invece che occorra costruire. Credo nel potere del “Web Science Circle”: occorre inventare e proporre modi di cambiare le cose, e l’interazione sulla rete selezionerà i più promettenti e li farà scalare producendo effetti positivi”. Come per esempio Solid, il nuovo progetto del MIT di Boston a cui Berners-Lee – che ne è Project Director – ha dedicato l’ultima parte del suo intervento a Milano.

I dati personali tornano alla persona

In estrema sintesi, Solid è una piattaforma basata sulla separazione tra applicazioni e dati. I dati sono archiviati in “pod” personali dell’utente, che ne può avere diversi (per esempio per il tempo libero e per il lavoro), su un server in casa o presso un provider di fiducia, e decide quali di questi dati possono essere usati dalla singola applicazione. Lo sviluppo di app quindi si semplifica molto, perché non deve prevedere la parte di storage nel backend e può riutilizzare componenti e banche dati già preparati da altri nell’ecosistema Solid.

“Con un Single Sign On Solid, indipendente da qualsiasi social o provider, potrete accedere a tutte le app, quindi Solid è anche un certificatore della vostra identità. Le vostre foto, i vostri contatti, gli eventi della vostra agenda, i commenti, i chilometri percorsi, tutti questi dati sono nel vostro Pod, e potete decidere a quali di essi accederà la singola app o la singola persona o partner di business. Inoltre quando inserite nuovi dati o aggiornate quelli esistenti, lo fate nel Pod, e quindi non c’è bisogno di sincronizzazioni tra app”.

Un modo per ridare al Web un equilibrio

In questo modo Solid – affiancata dalla start-up Inruit, che sta costruendo l’ecosistema commerciale per promuoverne la diffusione – rivoluziona la situazione che si è creata sul Web, in cui l’utente deve cedere i suoi dati ai colossi del digitale per poter usare social, app e servizi connessi. “Abbiamo capito che questo non è nel nostro interesse di persone, e Solid è un modo per ridare al Web un equilibrio. Possiamo ancora costruire un web migliore, dove verità e spirito costruttivo prevalgano su odio e fake news, e usarlo per risolvere i problemi del mondo, dalla crisi delle democrazie al riscaldamento globale”.

Dopo aver concluso il suo intervento con il gioco di parole “Be optimistic, be Solid”, Berners-Lee ha ascoltato e dato i suoi consigli ai quattro finalisti della “call for ideas” lanciata da Campus Party, che ha coinvolto la community dei “campuseros”, i giovani talenti provenienti da 14 Paesi che hanno partecipato all’evento milanese: “Scegliete con cura da chi imparare e con chi lavorare, e non fissatevi su un solo aspetto, bensì applicatevi sui diversi ambiti. Lavorare su più livelli consente di creare comunità più unite e capaci”.