Secondo quanto riportato dal New York Times, che ha potuto ascoltare tre persone al corrente dei piani dell’azienda, Meta starebbe valutando l’ipotesi (a dir poco rivoluzionaria) di rendere Facebook e Instagram a pagamento e senza pubblicità in Europa, mercato che (dati di aprile) rappresenta il 10% delle entrate totali dell’azienda.

Una mossa, secondo la testata USA, che il colosso guidato da Mark Zuckerberg starebbe valutando in risposta alle norme e ai timori dell’UE sui dati e sulla privacy ma di cui, al momento, non si conoscono né tempistiche, né tantomeno entità dei prezzi.

Il servizio gratuito con le inserzioni dovrebbe comunque rimanere disponibile nel Vecchio Continente e affiancherà la possibile nuova versione ad abbonamento, offrendo così un’alternativa ai clienti. Questa novità potrebbe aiutare Meta a confrontarsi con le autorità europee e difendersi dai timori sollevati sulla privacy e le politiche per l’uso dei dati, oltre a segnare una svolta epocale.

meta

Per quasi 20 anni il core business di Meta è stato infatti centrato sull’offerta di servizi gratuiti di social network e sulla vendita di pubblicità alle aziende che volevano raggiungere un determinato pubblico. Il possibile lancio sul mercato di un servizio a pagamento senza pubblicità sarebbe così uno degli esempi più tangibili di come le società dovrebbero adeguare i loro prodotti alle norme sulla privacy e a quelle decise dai vari governi, soprattutto in Europa.

Alcune fonti interne a Meta ritengono che la possibilità di offrire agli utenti la scelta di sottrarsi alla pubblicità continuando però ad avere accesso a Facebook e Instagram tramite abbonamento potrebbe alleviare alcuni dei timori delle autorità europee, o quantomeno agevolare gli interessi del colosso USA nell’Unione Europea, dove non ha ancora lanciato la sua nuova app Threads proprio per timori a livello regolamentare.

Quella tra Meta e le leggi dell’UE è tra l’altro una battaglia che va avanti da tempo e che finora ha visto la big tech di Zuckerberg costretta a pagare sanzioni per quasi due miliardi di euro proprio per violazioni delle norme sul trattamento dei dati degli utenti europei.