Al recente Salone dei pagamenti digitali, l’evento che nel mese di novembre riunisce annualmente Milano il gotha delle transazioni cashless, una delle novità mostrate con grande orgoglio da diverse aziende era l’applicazione per il Metaverso. Un’applicazione pronta per accogliere i clienti in un mondo tridimensionale (spesso un po’ rudimentale) dove si può entrare in una banca e fare una serie di operazioni, oppure recarsi in un negozio per fare acquisti e pagare virtualmente in modo molto semplice. Tutto davvero facile e intuitivo. Purtroppo, però, tutte le aziende terminavano le simulazioni dicendo: “Noi siamo pronti, mancano solo gli utenti”.

Questo è sicuramente il punto dolente del Metaverso, gli utenti.

Un mondo scarsamente frequentato

Il progetto avviato da Mark Zuckerberg nel 2014, dopo l’acquisizione della società Oculus che produce visori 3D, aveva infatti l’ambizione di trasferire nel nuovo mondo virtuale gran parte dei 3 miliardi di utenti che frequentano Facebook. Magari anche un po’ di quei 3,5 miliardi di WhatsApp e Instagram.

E a supportare Zuckerberg è arrivata McKinsey che ha stimato che nel 2030 il valore creato nel Metaverso assommerà 5mila miliardi di dollari. Cifra che ha evidentemente ha allettato venture capital e aziende (almeno quelle che si possono permettere investimenti al ungo termine), che nella prima metà del 2022 hanno scommesso 120 miliardi di dollari nel Metaverso.

Tuttavia, la realtà sembra tratteggiare un panorama a tinte fosche con un futuro non ben definito. Infatti, secondo quanto riportato dal WSJ, oggi Horizon World (il prodotto principale del metaverso) non va oltre i 200.000 utenti mensili (contro i 500.000 attesi), con una tendenza al ribasso, perché molti non tornano più dopo il primo mese. Capita poi che mondi virtuali del valore di miliardi di dollari, com’è per esempio il caso di Decentraland, siano frequentati da meno di 40 persone al giorno (secondo i dati di DappRadar). Ancor peggio, al WSJ risulta che solo il 9% dei mondi virtuali ha più di 50 visitatori al giorno, mentre la maggior parte non viene vista proprio da nessuno.

Visori da 1.800 euro

D’altra parte, non va dimenticato che accedere al metaverso non è né immediato né economico, come invece accade per esempio con Facebook. Infatti, per addentrarsi alla realtà virtuale è necessario disporre dei visori adatti, che possono costare anche 1.800 euro. Tuttavia, se si escludono forse i giochi, quello che sembra davvero mancare, come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, è quella killer application che spinga ad andare sul Metaverso. E non basta che aziende del calibro di Google, Microsoft, Nvidia e Qualcomm sostengano il mondo virtuale. Le persone vogliono contenuti di qualità facilmente fruibili.

A fare le spese di questa situazione, per il momento, è stata anzitutto Meta, l’ex Facebook che è la promotrice del Metaverso. Lo scorso mese di novembre ha dato la notizia del suo primo storico taglio del personale: licenziamento per il 13% della forza lavoro, oltre 11.000 dipendenti. Una decisone presa a fronte degli scarsi risultati ottenuti dall’investimento di 15 miliardi di dollari nello sviluppo (e anche nella promozione) del Metaverso.

Una dichiarazione di intenti

Ora per supportare il proprio lavoro, e tentare di fugare dubbi e perplessità sul futuro del mondo virtuale, Meta ha ritenuto opportuno fare il punto della situazione. In un lungo comunicato pubblicato sul suo blog, intitolato “Perché crediamo ancora fermamente nel futuro”, conferma il forte impegno nel Metaverso, sia economico sia di risorse umane. Inoltre, ricorda come rendendo disponibili i visori Quest Pro abbia fornito degli efficaci strumenti agli sviluppatori per creare ambienti in mixed reality, i quali, nel tempo, permetteranno ai dispositivi VR “di diventare un’alternativa sempre più convincente ai computer portatili e desktop”. Secondo Meta, non passerà molto tempo prima che un visore VR possa emulare un computer domestico con una potente configurazione e che tale visore possa essere usato dovunque ci si trovi.

Implicitamente, Meta ammette che al momento le applicazioni più avanzate (e più apprezzate) sul Metaverso siano i giochi, settore nel quale si stanno concentrando i maggiori sforzi. Forse perché quello del videogame è un ambito nel quale si è già abituati a usare i visori 3D. Tuttavia, ribadisce Meta di credere nelle capacità degli sviluppatori di creare nuove e accattivanti applicazioni.

Meta dice di sapere di non essere l’unica azienda che sta lavorando per superare i limiti attuali imposti dai dispositivi AR e VR e che si aspetta che l’anno prossimo organizzazioni concorrenti propongano nuovi device. Forse, però, più che attendersi nuovi dispositivi Meta spera che possano arrivare indizi concreti che non stia rimanendo sola in un mondo virtuale dove oggi chi ha provato a entrare, come hanno affermato 500 utenti di Horizon in un recente sondaggio, non riesce a trovare né mondi che gli piacciono né persone con cui interagire.