Per le aziende in questa fine di decennio, l’analisi dei dati dei clienti è contemporaneamente croce e delizia. Croce, perché è argomento complicato tecnicamente, intricato dal punto di vista normativo e guardato con sospetto per via di trattamenti dei dati “allegri” fatti anche da colossi internazionali (lo scandalo Facebook/Cambridge Analytica è solo la punta dell’iceberg). Delizia perché con gli strumenti oggi a disposizione – dalle infrastrutture per big data all’intelligenza artificiale –  l’uso sapiente dei dati è in grado di restituire un enorme valore alle aziende, sia per quanto riguarda pubblicità e marketing di acquisizione, sia per servire al meglio e quindi conservare i clienti già attivi.

Abbiamo parlato di questi temi con Andrea Scotti, Sales Director e con Thierry Bignamini, Head of Client Services della filiale italiana di Weborama, storica azienda di marketing e pubblicità digitale nel campo dei formati rich media e programmatic adv che sta da qualche tempo focalizzando le proprie attività all’insegna della data science.

  1. L’approccio dei Weborama al tema è fatto in quattro fasi:
  2. Insight: individuazione delle caratteristiche distintive dei clienti;
  3. Segmentazione: creazione di gruppi omogenei;
  4. Attivazione: raggiungere il target desiderato nel giusto momento e con il canale più indicato;
  5. Misurazione: tracciamento dell’efficacia delle campagne.
Andrea Scotti, Sales Director di Weborama Italia

Andrea Scotti, Sales Director di Weborama Italia

Il tutto è abilitato da BigFish, un motore di intelligenza artificiale proprietario in grado di fare l’analisi semantica delle pagine visitate dall’utente per creare una mappa di argomenti a cui è più interessato, crearne un profilo fedele e catalogarlo.

In Italia abbiamo quasi 50 milioni di profili su circa 260 aree di interesse (cluster comportamentali), tutti accessibili in tempo reale”, afferma Scotti, che precisa: “i dati sono utilizzabili per l’advertising online, ma possono anche arricchire le informazioni del CRM aziendale, anche direttamente nel punto vendita, facendo quindi convergere dati online e offline e poter fare analisi predittive per aumentare la fidelizzazione del cliente e le vendite. Diversamente da altre piattaforme DMP (Data Management Platform), il nostro cliente può accedere anche ai dati proprietari e arricchire i profili con dati di terze parti”.

Diventa così possibile comprendere meglio le esigenze dei propri clienti sia quando si interagisce con lui attraverso gli strumenti digitali, sia nel punto vendita, se si affianca al processo una piattaforma digitale per il retail marketing. L’abbinamento dei dati online e offline permette di ottenere analisi predittive sempre più accurate, e di agire nel giusto momento e nel giusto contesto.

La data science e le aziende italiane

Qual è il grado di interesse e preparazione delle aziende italiane nei confronti della data science riscontrato da Weborama? “Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo avuto delle piacevoli sorprese nell’incontrare diverse aziende, alcune anche piccole, ma ben qualificate sul tema”, afferma Scotti. “Per contro, ci sono altre aziende che hanno aspettative troppo elevate in termini di monetizzazione immediata di un progetto di data science – aggiunge Scotti –  È invece importante che le aziende comprendano che si tratta di un percorso che può essere lungo e non privo di sforzi, ma che – proprio per questo – deve essere iniziato il prima possibile, non tra qualche anno”.

Il tema delle competenze è comunque centrale: “c’è un forte bisogno di un apporto dal settore educativo, ma anche di nuove fonti di ispirazione: è necessario tornare a raccontare il futuro”.