Secondo l’ultima analisi fornita dalla startup Pagefair, che aiuta le imprese a recuperare gli introiti persi dall’azione degli ad-blocker, nel 2016 615 milioni di dispositivi connessi in tutto il mondo tra tablet/smartphone (380 milioni) e PC (236 milioni) hanno utilizzato un ad-blocker, con una crescita del 30% rispetto al 2015. Numeri che portano a una conclusione piuttosto netta: l’11% della popolazione mondiale che ha accesso a internet fa uso di questi strumenti.

I software che bloccano la pubblicità (molto spesso invasiva) sulle pagine web rappresentano per le aziende un danno sempre più grave e difficile da combattere, tanto che nel 2015 si stimava in 22 miliardi di dollari il danno agli inserzionisti causato proprio dal blocco delle loro pubblicità sul web.

Dall’analisi si nota inoltre come, da un punto di vista geografico, il Paese dove sono più utilizzati gli ad-blocker sia l’Indonesia (58%), seguita da Grecia e Irlanda (39% della popolazione), Polonia (33%), Pakistan (32%) e India (28%). L’Italia si ferma invece al 17%, che equivale a circa 6,5 milioni di utenti che ricorrono agli ad-blocker per godersi una navigazione più tranquilla e con meno fastidi.

ad-blocker

Manca comunque un vero e proprio trend geografico che possa suggerire un’area ad alta concentrazione di ad-blocker piuttosto che un’altra, sebbene si inizi a intravedere una loro diffusione soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. “Nell’immediato futuro ci aspettiamo però che la stessa tendenza si verifichi improvvisamente anche in Occidente” ha dichiarato Sean Blanchfield, CEO di Pagefair.

Quello degli ad-blocker risulta così un fenomeno in continua espansione e per le aziende si tratta di una spada di Damocle sempre più pericolosa per i fatturati. Dalla ricerca risulta non a caso come il 74% degli americani abbandoni immediatamente quei siti che invitano a disabilitare gli ad-blocker per continuare a visualizzare i contenuti delle pagine.

Di contro il 77% degli utenti americani che utilizzano un software ad-blocker vorrebbe comunque continuare a vedere qualche forma di pubblicità, ma evidentemente utilizza questo strumento perché ritiene che gli ad sul web siano troppo invasivi e numerosi. Ed è proprio su questo versante che le aziende dovranno lavorare, concentrandosi cioè sulla creazione di inserzioni gradevoli, convincenti ed efficaci che non portino gli utenti a volerle bloccare.

Soprattutto su mobile dove i continui pop-up e l’autoplay di video pubblicitari possono far consumare dati agli utenti, con la conseguenza di un’avversione ancora più forte e determinata verso le inserzioni.