Negli ultimi 12 mesi solo il 29% dei cittadini italiani di età compresa tra i 16 e i 74 anni ha effettuato online l’acquisto di almeno un bene o servizio. Il nostro Paese si colloca così al terz’ultimo posto nella classifica dell’e-commerce europeo, al pari di Cipro e appena sopra Bulgaria (17%) e Romania (12%).

Ai vertici della graduatoria 2016 si collocano invece i consumatori di Regno Unito (83%), Danimarca (82%), Lussemburgo (78%), Svezia (76%) e Germania (74%). A rivelare queste a altre cifre sull’e-commerce in Europa è una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro realizzata su elaborazione di dati Eurostat.

In Italia i consumatori più attivi online risultano essere quelli di età compresa tra i 25 e i 34 anni (42%) e i giovanissimi tra i 16 e i 24 anni (40%). Col progredire dell’età aumentano invece in proporzione la diffidenza e il digital divide, tanto che a comprare online sono soltanto il 18% dei cittadini di età tra i 55 e i 64 anni e il 7% dei cittadini di età tra i 65 e i 74 anni.

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Analizzando le scelte di questi consumatori negli ultimi 3 mesi, si osserva poi come resti bassissima la frequenza degli acquisti (quasi sempre uno o due acquisti a testa, solo il 6% ne ha effettuato da 3 a 5) e comunque per importi che non superano quasi mai la soglia dei 500 euro.

Nell’ultimo anno i beni più acquistati online dagli italiani sono stati viaggi e vacanze (12%), vestiti e articoli sportivi (11%), articoli casalinghi (8%), libri e abbonamenti a riviste (8%), attrezzatura elettronica (5%), biglietti per eventi (5%), film e musica (3%). Curiosamente solo il 3% ha deciso di affidarsi alla rete per l’acquisto di software per computer o per servizi di telecomunicazione (banda larga, abbonamenti a canali televisivi, ricarica di carte telefoniche prepagate…).

“I limiti e la sostanziale inefficienza della nostra rete infrastrutturale si pongono come principale fattore di freno all’e-commerce. A ciò si aggiunga che il sistema Italia nel suo complesso risente pesantemente della mancata capacità di usare i fondi europei dedicati alle infrastrutture: un misero 12%” ha commentato Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro.