Se siete storditi dal bombardamento di promozioni imperdibili, vere o più spesso presunte, dei vari black friday, cyber monday, last minute di Natale e saldi di inizio anno, che ormai si susseguono quasi senza interruzioni, siete in buona compagnia. Il periodo delle festività invernali del 2017 ha segnato infatti un punto di svolta per il mercato dell’e-commerce anche nel nostro Paese, pur in ritardo rispetto ad altri stati dell’UE. lo certifica una ricerca Gfk relativa in particolare ai prodotti tecnologici che hanno subito, nel corso dell’ultimo black friday, un incremento di vendite complessivo del 39% in valore rispetto al 2016. Incremento che sale al 46% se si considera il solo canale online.
Colpiscono in particolare i numeri dichiarati da Amazon Italia per lo stesso venerdì nero. Il colosso di Jeff Bezos ha messo in campo oltre 15000 offerte e ha venduto nel nostro solitamente diffidente Paese, due milioni di prodotti in 24 ore. A livello globale Amazon ha dichiarato che gli ordini effettuati attraverso la sua app sono cresciuti del 50% e che lo scorso cyber monday è stata la singola giornata con più vendite nella storia dell’azienda.
Secondo gli Osservatori del Politecnico di Milano, l’e-commerce in Italia ha raggiunto quest’anno un giro d’affari di 23,6 miliardi di euro, di cui 12,2 per i prodotti e 11,4 miliardi per i servizi.
Questo significa che l’incremento anno su anno rispetto al 2016 è stato a doppia cifra, precisamente del 17%. Merito di questi continui grandi eventi promozionali, di cui il mercato italiano ha ormai metabolizzato l’esistenza, ma anche dell’adozione di nuove strategie e soluzioni tecnologiche. E se il turismo, con il suo +7%, rimane la prima voce di spesa per l’e-commerce, i prodotti crescono per la prima volta quest’anno più dei servizi, con l’informatica di consumo che sale del 28% rispetto al 2016, facendo registrare transazioni per 4 miliardi di euro. Gli analisti del Politecnico di Milano accendono i riflettori anche sull’incremento nell’uso di app mobile per fare acquisti. Le compravendite da smartphone, in particolare, sono cresciute del 65% rispetto allo scorso anno, movimentando 5,8 miliardi di euro.
A questi numeri si aggiungono quelli della Coldiretti, su dati Deloitte, secondo i quali il 35% delle spese per i regali del Natale 2017 è avvenuta online. Un dato ancora inferiore a quelli di altri paesi europei, come il 51% della Gran Bretagna e il 48% del Germania, ma che certifica una crescita mai registrata nello stivale. L’impatto sull’industria del retail è quindi imponente, anche se, rispetto ai negozi fisici, l’online rappresenta quest’anno ancora solo il 5,7%, rosicchiando lo 0,8% rispetto al 2016. Un tasso di penetrazione apparentemente modesto, ma condizionato dai limiti infrastrutturali che tuttora interessano una parte del territorio italiano, dove il supermercato online è ancora un miraggio.

Ma il negozio non sparisce

Inevitabilmente, tra i retailer tradizionali, chi non sarà in grado di mettere in campo, in breve tempo, strategie adeguate per l’approccio ibrido e il supporto alla clientela online, che tengano conto di questi numeri in costante crescita, si troverà a percorrere una strada via via più ripida.
Quello che è appena trascorso è un periodo in cui, specialmente negli Stati Uniti, si è potuto effettivamente assistere alla drammatica chiusura di importanti store e grandi magazzini fatti di mattoni e cemento, come il caso di rilevanza internazionale di Toys-R-Us, la catena di vendita di giocattoli più nota d’America, che ha dovuto dichiarare bancarotta per far fronte a 400 milioni di dollari di debiti. Una catena che da tempo non è più la numero uno negli Stati Uniti, superata, dopo decenni di dominio nella vendita di giocattoli, proprio da quella Amazon che è lo spauracchio di tutte le aziende che hanno investito essenzialmente in negozi fisici.
Detto questo siamo lontani da quella che qualcuno definiva ‘apocalisse del retail’.
Si assiste infatti a una parziale inversione di tendenza, in cui anche chi opera prevalentemente online punta ad aprire negozi fisici, mentre chi parte da un negozio reale sembra avere anche migliori chance di ottenere buoni risultati con un approccio serio all’e-commerce. Così anche Amazon, Apple e Google investono cifre significative per realizzare i loro store di rappresentanza in giro per il mondo, e i grandi nomi della moda rinnovano le loro boutique per adeguarle alle logiche più attuali, che impongono di vendere e fare marketing su tutti i canali che la tecnologia mette a disposizione. Un approccio che parte dall’uniformazione dei prezzi tra i prodotti venduti online e quelli presenti nei negozi fisici, da una logica basata sulla gestione dei dati per profilare i clienti e da un’impostazione dell’infrastruttura sempre più app-centrica.
Quello che sta accadendo in realtà è la contrapposizione tra modalità diverse di gestire i rapporti con i clienti secondo una logica tradizionale o innovativa, più che tra negozio online e fisico. Gli utenti, specie i millenials, hanno fame di metodi originali e più coinvolgenti per scegliere i prodotti, pagarli e allo stesso tempo vivere in modo diverso gli spazi dove si fanno gli acquisti.
Così gli spazi fisici si trasformano per venire in contro alle esigenze specifiche della clientela, ospitando eventi e diventando luoghi di intrattenimento e promozione, offrendo servizi e spingendo sulla brand exprience, secondo le informazioni raccolte dall’infrastruttura digitale sottostante, spalleggiando l’e-commerce e costituendone una naturale estensione.

L’anno degli assistenti virtuali

Secondo gli analisti il 2018 vedrà questa impostazione consolidarsi, così come aumenterà ancora il dominio dello smartphone quale strumento principale per fare acquisti. La semplicità di consultazione e di pagamento, intrinseche dei dispositivi mobili, rende infatti il vecchio computer un veicolo sempre meno apprezzato per fare acquisti. In particolare diventeranno più pervasivi gli assistenti digitali che, malgrado anche nei paesi anglosassoni permanga un buon 50% di scettici che si rifiutano di usarli, le nuove generazioni preferiscono come interlocutori per gli acquisti rispetto all’interazione con operatori umani. Un trend che si prevede globalmente esplosivo proprio a partire dal 2018, per arrivare, secondo una ricerca Ovum, a una base installata di dispositivi attivi con assistenti digitali di oltre 7,5 miliardi nel 2021. Una crescita impressionante, anche se la curva in Italia sarà probabilmente meno accentuata visto l’ostacolo della più lenta localizzazione rispetto a lingue più diffuse, e della conseguentemente difficile implementazione delle funzioni avanzate.
In questo percorso già tracciato, a far la parte del leone sarà Google il cui assistente è tuttora il più diffuso, con un market share destinato a crescere ancora nei prossimi anni. Secondo una ricerca Strategy Analytics infatti, la penetrazione dell’assistente personale di Google per smartphone ha raggiunto il 45,9% nel 2017. Un dato notevole che dovrebbe diventare addirittura del 60,3% nel 2022, a discapito in larga misura di Apple. Ovviamente il colosso di Mountain View dovrà cercare nuovi metodi per monetizzare questo primato, visto che l’uso sempre più assiduo delle ricerche vocali, previsto dagli analisti, aggirerà quell’advertising visuale che oggi costituisce una buona fetta delle entrate dei motori di ricerca tradizionali. Inoltre lo stesso assistente vocale porterà gli utenti a bypassare altri servizi, come i calendari, le mappe o le funzioni di traduzione e conversione, che portano anch’essi guadagni a Big G. Per arginare queste perdite gli assistenti potrebbero quindi avviarsi a diventare sempre di più un veicolo di messaggi promozionali e “consigli per gli acquisti” anche se questo rischia di rendere i loro suggerimenti meno affidabili e apprezzati dai consumatori.

Più bot che persone

Ma chi ha in mano l’economia impazzita dei prezzi dell’e-commerce? Non è sempre facile comprendere la logica di chi gestisce quegli strani aumenti, anche di pochi spiccioli, di prodotti che abbiamo appena messo nel carrello. Oppure quegli sconti improvvisi, in orari particolari o a ridosso di specifiche ricorrenze, che portano i prezzi ad allinearsi in modo incredibile tra diversi e-commerce concorrenti o con le offerte speciali delle catene di negozi fisici.
In larga misura a guidare queste spregiudicate operazioni con indubbia efficienza sono bot capaci di analizzare la domanda, spiare la concorrenza e valutare i nostri parametri di navigazione per decidere quando e come stimolare l’interesse dei potenziali acquirenti.
Sono gli stessi bot capaci di fare trading e di acquistare e vendere merci secondo la convenienza dei prezzi. Algoritmi capaci di influenzare pesantemente il mercato.
Anche sulla battaglia tra questi software, che hanno da tempo invaso la rete, si giocherà la competizione commerciale nel nuovo anno.