Non preoccuparti, sii felice. Sembra essere questo l’atteggiamento della maggior parte degli americani nei confronti dell’attività di sorveglianza su Internet che il governo USA ha svolto e continua a svolgere. I tanti leak e le tante inchieste che hanno dimostrato l’attività di controllo e di intercettazione della NSA non sembrano infatti aver smosso più di tanto l’atteggiamento degli internauti statunitensi.

Secondo un recente rapporto di Pew Research Center, riferito a un’indagine condotta tra lo scorso novembre e il gennaio di quest’anno, pochissimi utenti Internet negli USA hanno adottato qualche cambiamento per rendere più sicure le loro attività e comunicazioni online, anche dopo le rivelazione sconcertanti di Edward Snowden sul monitoraggio e la raccolta dei dati personali di milioni di americani effettuato dalla National Security Agency.

Grazie ai documenti di Snowden portati all’attenzione del grande pubblico dal The Guardian e dal The Washington Post, il mondo ha potuto conoscere il programma Prism, grazie al quale la NSA poteva avere accesso alle comunicazioni di nove colossi tecnologici tra cui Yahoo e Google, oltre ai tabulati telefonici di milioni di clienti americani di Verizon Communications.

Il 30% dei 475 adulti intervistati ha comunque ammesso di aver preso almeno una misura per proteggersi dal controllo e dall’intrusione della NSA

Da quel momento in poi alcuni utenti hanno iniziato a preoccuparsi per la loro privacy e hanno cambiato in qualche modo le loro attività online, modificando ad esempio le impostazioni riguardanti la privacy o cancellando app che potevano in qualche modo fornire a terzi i loro dati personali.

La maggior parte degli internauti però non ha messo in atto alcun cambiamento, disinteressandosi completamente di eventuali sistemi di criptazione o di browser come Tor in grado di “nascondere” l’identità personale durante la navigazione. Non è un caso che un terzo degli intervistati non sapesse nemmeno cosa fosse Tor.

Il 30% dei 475 adulti intervistati ha comunque ammesso di aver preso almeno una misura per proteggersi dal controllo e dall’intrusione della NSA, modificando ad esempio le impostazioni della privacy sui social network (soprattutto Facebook e Twitter). Una piccola percentuale ha disinstallato app e software indicati come “pericolosi” nei leak di Snowden, mentre un quarto di chi si è detto consapevole dell’attività governativa ha iniziato a utilizzare password più lunghe e complesse.

I cambiamenti adottati da questo 30% riguardano anche il minor utilizzo dei social media, mentre una piccolissima percentuale ha smesso di cercare alcuni termini nei motori di ricerca con il timore che potessero allertare l’NSA.

Le aziende e gli attivisti specializzati in questo campo devono fare ancora molto per educare i consumatori e gli utenti a rafforzare le loro comunicazioni digitali

Resta comunque il fatto che la maggior parte degli intervistati ha ammesso di non aver messo in pratica nessuna forma di protezione e di non conoscere gli strumenti necessari a rafforzare la privacy online. Ci riferiamo soprattutto al browser Tor o a una tecnologia di criptazione delle email come PGP (Pretty Good Privacy), che solo i due terzi dell’intervistati conoscevano. Tutto questo mentre un’app popolarissima come WhatsApp ha un suo sistema di criptazione e Google e Yahoo hanno rilasciato il codice sorgente per criptare i messaggi.

Ancor meno diffusa tra gli intervistati la conoscenza di motori di ricerca votati alla privacy come DuckDuckGo, che salva le ricerche eseguite ma non gli indirizzi IP degli utenti o altri elementi che possano identificare l’autore delle ricerche. Lo stesso dicasi per un plug-in come Privacy Badger, che blocca il tracciamento dell’attività online.

Contando comunque che la maggioranza del campione analizzato si è detta in difficoltà nello scoprire strumenti e strategie per rafforzare la privacy online, evidentemente le aziende e gli attivisti specializzati in questo campo devono fare ancora molto per educare i consumatori e gli utenti a rafforzare le loro comunicazioni digitali.

Oppure, vedendo la questione da un altro versante, molte persone semplicemente non si preoccupano della cosa. Alla domanda se fossero preoccupati per il programma di sorveglianza che il governo ha attuato per monitorare le telefonate e le comunicazioni online degli americani, il 52% degli intervistati si è detto molto o abbastanza preoccupato, mentre il 46% ha risposto con “non molto” o “assolutamente no”.

Interessante poi notare un altro aspetto del rapporto di Pew Research Center. Se infatti il 57% del campione intervistato si oppone al monitoraggio dei cittadini americani, il 54% si è detto favorevole a un’attività di controllo e sorveglianza nei confronti dei cittadini stranieri, mentre l’80% ha detto che è accettabile monitorare le comunicazioni di presunti terroristi.