Lo scorporo di Chrome chiesto dal DOJ non sarà facile, ma intanto OpenAI pensa a un suo browser
I tentativi del Dipartimento di Giustizia statunitense (DOJ) di ridimensionare il dominio di Google, inclusa la proposta di cedere Chrome, condividere i dati di ricerca con i concorrenti e potenzialmente vendere la piattaforma Android, incontreranno quasi sicuramente significative sfide legali.
Il DOJ sostiene che Chrome, che detiene circa due terzi del mercato globale dei browser, sia essenziale per il modello di business di Google, in particolare nella raccolta di dati degli utenti per potenziare le sue operazioni pubblicitarie e di ricerca. Tuttavia, esperti come Megan Gray, ex consulente legale di DuckDuckGo, affermano che il valore di Chrome si riduce significativamente se separato dalle attività principali di Google, rendendolo meno appetibile per eventuali acquirenti. Inoltre, i critici sottolineano che la vendita di Chrome non risolverebbe direttamente il monopolio della ricerca, che è il vero nodo centrale del caso.
Google ha definito l’approccio del DOJ come un “abuso di potere governativo senza precedenti”, avvertendo dei potenziali danni per i consumatori, gli sviluppatori e le piccole imprese. Google ha anche citato possibili impatti negativi sulla privacy degli utenti e una riduzione dei finanziamenti per organizzazioni come Mozilla, che dipendono dalle entrate generate dalla ricerca di Google.
Nonostante l’aggressività del DOJ, i procedimenti legali potrebbero durare anni, con alcuni esperti che paragonano la situazione al celebre caso Microsoft dei primi anni 2000. In quel caso, la sentenza iniziale che prevedeva lo smembramento dell’azienda fu ribaltata in appello, portando invece a un accordo.
La questione è ulteriormente complicata dalla possibilità di interferenze politiche. Donald Trump, la cui amministrazione aveva originariamente avviato il caso durante il suo primo mandato, ha espresso riluttanza a portare avanti misure che potrebbero indebolire l’industria tecnologica statunitense, soprattutto in un contesto di crescente competizione con la Cina.
Critiche sono state mosse anche contro alcune proposte del DOJ considerate sproporzionate. Ad esempio, il divieto per Google di incentivare accordi che favoriscano il suo motore di ricerca, come il contratto miliardario con Apple, potrebbe non alterare significativamente il mercato. È infatti probabile che Apple mantenga Google come motore di ricerca predefinito, data la sua popolarità tra gli utenti.
Anche proposte aggiuntive, come concedere in licenza i risultati di ricerca di Google ai concorrenti o condividere gratuitamente i dati degli utenti, suscitano scetticismo. Gli analisti sottolineano infatti l’incertezza sull’impatto di queste misure sull’attività di Google e sulla concorrenza, evidenziando le difficoltà di applicazione pratica.
Sullo sfondo di questa causa legale, OpenAI ha recentemente preso in considerazione lo sviluppo di un browser web che si combinerebbe con il suo chatbot. Lo riporta The Information, che ha anche parlato di contatti tra OpenAI e sviluppatori di siti web e app come Conde Nast, Redfin, Eventbrite e Priceline.
Una mossa che potrebbe contrapporre l’azienda guidata da Sam Altman (già entrata nel mercato della ricerca con SearchGPT) a Google, sebbene secondo il report di The Information OpenAI sarebbe ancora lontana dal vero e proprio lancio di un browser.