In un recente webinar, la Compute, Memory, and Storage Initiative (CMSI) della Storage Networking Industry Association (SNIA) ha esaminato le tecnologie di memoria emergenti come MRAM, FERAM e ReRAM. Queste memorie persistenti stanno già sostituendo alcune tecnologie di memoria consolidate, tra cui SRAM, NOR flash e DRAM, almeno in alcune applicazioni di nicchia.

Anche per le memorie tradizionali utilizzate nei PC e nei server gli esperti ritengono che la DRAM finirà per cedere il passo a un nuovo tipo di memoria, ma è troppo presto per dire quale trionferà e quando ciò avverrà. L’ipotesi migliore (e più ottimistica) è quella dell’inizio del 2030.

Un vantaggio della sostituzione della DRAM con una memoria persistente è che quest’ultima mantiene il suo contenuto anche in assenza di alimentazione, con conseguente diminuzione del pericolo di perdere i dati. Tuttavia, a differenza delle memorie persistenti, la DRAM esiste da molto tempo, è economica da produrre e disponibile in alte densità.

D’altronde, già il progetto Optane Memory, che Intel ha abbandonato nel 2022, ha dimostrato quanto sia difficile per le tecnologie di memoria rivali competere con la DRAM (e la NAND flash) a livello di prezzi. Una strada intrapresa da molti produttori di queste memorie emergenti è il mercato embedded. Secondo gli esperti della CMSI questo è “un valido approccio per le memorie IP emergenti, perché consente loro di essere utilizzate in ambienti di produzione e di accumulare un certo volume. E man mano che il volume e il comfort nella produzione di queste memorie aumentano, si apre la possibilità di ridurre i costi anche per le memorie autonome di volume più elevato”.

Un’altra domanda che è emersa dal webinar è se le memorie persistenti saranno in grado di eguagliare la velocità delle DRAM e la risposta è positiva. “Sembra che ciò sia già avvenuto con le memorie ferroelettriche all’afnio mostrate da SK hynix e Micron. La memoria ferroelettrica è una tecnologia molto veloce e, con cicli di scrittura molto rapidi, ci dovrebbero essere tutte le ragioni per andare in questa direzione”.

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La MRAM (RAM magnetoresistiva) potrebbe raggiungere la velocità della DRAM sia in scrittura che in lettura e anche la lettura probabilmente rivaleggerà con la ReRAM (RAM resistiva). “Probabilmente, la maggior parte delle applicazioni sia ad alta intensità di lettura e quindi la lettura (le prestazioni) è il vero punto su cui concentrarsi, ma sembra che ci stiamo arrivando”, ha dichiarato uno degli esperti.

Un altro problema potrebbe essere la resistenza o il problema dell’usura, già noto per le memorie NAND. Le tecniche di livellamento dell’usura sono state sviluppate e incorporate nel software che gestisce le unità SSD per affrontare questo problema, ma un sostituto della DRAM dovrà avere una resistenza più elevata. Secondo gli esperti, anche con l’adozione di pratiche come il mix dei tipi di memoria, in modo che il codice vada nella memoria a bassa resistenza e i dati in quella a più alta resistenza, il livello minimo accettabile sarebbe nell’ordine delle decine di migliaia di cicli.

Per quanto riguarda le interfacce host, la maggior parte delle tecnologie emergenti utilizza un’interfaccia di tipo NOR flash o SRAM perché questi erano i tipi di memoria utilizzati nelle applicazioni embedded a cui si rivolgevano. Non c’è motivo per cui le memorie persistenti non possano adottare la stessa interfaccia della DRAM, ma gli esperti SNIA vedono in CXL (Compute Express Link) l’interfaccia di riferimento per il futuro.