“Nel piano a tre anni abbiamo previsto un raddoppio del fatturato in Italia. Penso sia un obiettivo realistico, date le possibili sinergie con IBM: tanti hanno espresso dubbi e perplessità su questa unione, per me invece è stata una delle motivazioni principali per accettare questo incarico”.

Così Rodolfo Falcone, country manager di Red Hat Italia dallo scorso novembre, ha sintetizzato il suo punto di vista sulle prospettive dell’azienda in Italia alla stampa, alla vigilia dell’inizio del nuovo anno fiscale, e proprio nei giorni in cui IBM ha annunciato un cambio al vertice che mette in assoluto primo piano l’impronta che Red Hat può dare al suo futuro.

“Ho lavorato in diverse multinazionali, ma questa è un’azienda davvero unica: c’è una grande preparazione tecnologica – di 200 persone, traguardo che abbiamo raggiunto proprio in questi giorni, 80 sono ingegneri – e un fortissimo attaccamento alla cultura e ai valori aziendali”, ha spiegato Falcone. “I contributi che posso portare io sono l’expertise commerciale e la spinta a valorizzare ancora di più la componente consulenziale, in uno scenario di trasformazione digitale in tutte le medie e grandi aziende, dove anche un player come Red Hat ha sempre più a che fare con interlocutori di business, oltre che tecnici”.

Grandi opportunità nel large enterprise e nel midmarket

Per il nuovo anno fiscale – che per Red Hat comincia a marzo – Falcone vede grandi opportunità nel large enterprise, cioè nelle aziende oltre 5000 utenti, “ma altrettante anche nel midmarket, che per noi significa da 1000 a 5000 utenti: nessuno dei due mercati è ancora maturo per noi in Italia, e nel midmarket in particolare l’anno prossimo raddoppieremo il fatturato”.

Inoltre nel 2020 Falcone si aspetta sinergie sempre più forti con IBM: “Sono fiducioso, abbiamo visto che, a soli 6 mesi dall’annuncio dell’acquisizione, IBM ha già presentato un’offerta quasi completamente basata su tecnologie Red Hat: abbiamo iniziato a parlare di proposizioni congiunte sia sul piano commerciale sia su quello della progettazione tecnologica, di modalità per sfruttare reciprocamente i rispettivi punti di forza, la struttura, presenza, e le competenze orizzontali di processo e verticali di IBM, e le capacità di ricerca e innovazione di Red Hat”.

Quanto al canale, “come Red Hat stiamo già lavorando sull’ingaggio dei system integrator globali e dei grandi corporate reseller, sia in termini di enablement (con corsi tecnici sulle nostre soluzioni) che di go-to-market, mentre con IBM vorrei fare un’attività congiunta per presentarci insieme ai partner, con eventi in giro per l’Italia, e spiegare l’approccio e l’offerta congiunta”.

“Difficile trovare tutti gli specialisti che stiamo cercando”

All’incontro con la stampa c’era anche Gianni Anguilletti, regional director di Red Hat per l’area mediterranea (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Israele, Grecia e Cipro), e a sua volta entrato in Red Hat come country manager per l’Italia 14 anni fa. “È un momento chiave per Red Hat, che vede affermarsi sul mercato il modello open hybrid cloud di cui è stata tra i pionieri: le aziende, specialmente quelle grandi e strutturate con ambienti ICT con molti sistemi “legacy” temono il rischio “lock-in” anche con il cloud, temono cioè di ritrovarsi vincolate a un fornitore solo, e sono interessate a modelli in cui i workload si possano spostare liberamente da una piattaforma all’altra”.

“Il risultato è che nell’ultima trimestrale Red Hat ha fatto segnare una crescita del 24%, che non si vedeva da anni, e anche IBM è tornata al segno più. Ciò nonostante, Red Hat resta una business unit a se stante, e Falcone non è qui come ‘l’uomo di IBM’”.

Le preoccupazioni del management Red Hat in questo momento, continua Anguilletti, sono di far capire bene le motivazioni e i benefici della partnership ai clienti, alle stesse persone di Red Hat, e di assegnare le risorse nel modo più produttivo rispetto a un’offerta molto ampia e a una forte domanda.

“E poi paradossalmente abbiamo il problema di trovare sul mercato del lavoro tutte le persone che stiamo cercando: è in corso un piano di assunzioni, finanziato anche da IBM, per esaltare le sinergie, di dimensioni che in 14 anni non avevo mai visto, e su alcune specializzazioni abbiamo difficoltà, per esempio i software architect con competenze di sviluppo DevOps o in ambito microcontainer. Anche perché su molte figure non abbiamo più solo la concorrenza degli altri operatori ICT, ma anche degli over-the-top e di grandi aziende di altri settori completamente diversi, come l’automotive”.