10 anni dalla fondazione di Pure Storage, 5 anni di presenza in Italia: è un momento di importanti anniversari per lo specialista storage, e quindi di bilanci e di piani per il futuro. Pure Storage è nata con un’offerta di nicchia basata solo su flash array, promettendo in cambio del premio di prezzo prestazioni, semplicità di gestione, e affidabilità decuplicate rispetto al classico disk storage, e a detta degli analisti in questi 10 anni è stata una sfida vinta.

Gartner per esempio non considerà più il flash come una nicchia a parte, e nel più recente Magic Quadrant del “Primary Storage” classifica Pure Storage tra i leader, accreditandole la “vision” più completa, e una “ability to execute” leggermente inferiore ai due colossi Dell EMC e NetApp.

All-flash per workflow secondari, è arrivato il momento

E i prossimi 10 anni? Come ha spiegato il CEO Charles Giancarlo lo scorso settembre all’evento mondiale di Pure Storage ad Austin, saranno dedicati allo “storage-as-a-service”, e al concetto di “modern data experience”: “Lo storage non sarà più un insieme di sistemi ciascuno dedicato a singole applicazioni: diventerà un set di risorse gestito via software e a disposizione dell’intera azienda, al servizio di strategie multi-cloud e di modern application”.

Una vision che Pure Storage ha iniziato a realizzare presentando ad Austin una nuova linea di soluzioni flash per usi “tier 2”, cioè non mission critical (FlashArray C). “Lo storage all-flash già domina il mercato primary external storage: man mano che i prezzi della tecnologia flash calano era inevitabile veder apparire offerte storage all-flash per workflow secondari”, ha commentato Eric Burgener, research VP Infrastructure di IDC.

Intesa Sanpaolo primo cliente in Italia

Di tutto questo hanno parlato a un recente incontro con la stampa Mauro Bonfanti, country manager di Pure Storage in Italia, e Alfredo Nulli, Principal EMEA Office of CTO di Pure Storage.

“I risultati in Italia sono di grande soddisfazione (cioè in crescita a due cifre, ndr). Continuiamo a consolidare la presenza in mercati già ben presidiati, innanzitutto il finance con diversi new name, mentre Intesa Sanpaolo, che è stato il nostro primo cliente in Italia, nell’ottobre 2014, ha accettato di diventare referenza pubblica per il suo progetto di migrazione su piattaforma Pure di dati e applicazioni mission-critical dei sistemi di CRM e di gestione dei pagamenti per i clienti”.

L’obiettivo PA in Italia

Negli altri settori i new name sono di livello enterprise ma anche diversi di medie dimensioni, continua Bonfanti, che è positivo anche sullo sviluppo del mercato Pubblica Amministrazione, dall’anno scorso uno degli obiettivi principali in Italia. “È un mondo di grandi gare in cui lo storage è sempre solo una componente, ci troviamo a lavorare fianco a fianco con system integrator, come Accenture, DXC, e gli italiani a cui ci stiamo avvicinando gradualmente, oltre che con altri vendor”.

“Abbiamo “conquistato” enti pubblici importanti, è uno dei settori che offrono più opportunità, soprattutto al Centro-Sud: sappiamo che la PA ha il mandato “cloud first” per i nuovi progetti, gli enti dovranno ricorrere massivamente al cloud, e ci sono progetti interessanti Agile, DevOps e Kubernetes per il riutilizzo del parco applicativo, ma comunque è un settore che richiede pazienza”.

Considerazioni del tutto coerenti con le conclusioni appena pubblicate di un’indagine su 457 IT Leader nel settore pubblico in 6 paesi tra cui l’Italia, condotta da Pure Storage per fotografare lo stato della trasformazione digitale delle PA centrali in Europa.

Ne emerge che solo il 6% dei responsabili ICT della PA italiana ritiene l’attuale infrastruttura dati adeguata a realizzare gli obiettivi di trasformazione strategica. Gli intervistati considerano essenziale il miglioramento dell’uso dei dati per realizzare i cambiamenti richiesti dall’Agenda Digitale e migliorare i risultati per il cittadino. Per questo il 67% ha intenzione di rinnovare la strategia dati e la relativa infrastruttura nei prossimi due anni, ma gli ostacoli sono tanti: tra questi l’insufficienza degli investimenti nelle infrastrutture dati (85%), e nelle applicazioni (71%), i processi legacy e la mancanza di agilità (85%), e la carenza di competenze digitali (83%).

Hybrid Cloud, è l’applicazione che è ibrida

Alfredo Nulli si è poi soffermato sull’aspetto tecnologico: “Pure Storage è nata sulla scommessa che flash diventasse lo standard tecnologico nello storage, e oggi in effetti 8 progetti di storage su 10 si fanno con flash, sia tier 1 sia tier 2”.

La nuova visione di “modern data experience” è molto legata all’affermazione dei concetti di multi-cloud e hybrid cloud. “Da una parte passare i dati da una piattaforma cloud all’altra non è così immediato, perché i dati pesano: il nostro obiettivo è semplificare al massimo questi passaggi. Dall’altra sta anche cambiando il modo di implementare il cloud ibrido: prima si separavano nettamente i workload da eseguire in locale e quelli da eseguire nel cloud, ora è la singola applicazione a essere ibrida, perché all’occorrenza accede a dati in cloud e a dati on-premise”.

Il sistema operativo Pure Storage come servizio su AWS

Pure, aggiunge Nulli, è sempre stata un’azienda fortemente ingegneristica, e le scelte strategiche derivano dalla volontà di creare innovazione più che di realizzare profitti o dividendi. “Il founder è ancora il capo dell’engineering, il 98% degli ingegneri ha background software, e quindi l’azienda si può ben definire “software-driven”: la priorità è il sistema operativo, che è lo strato con il quale offriamo il vero valore, e che è disponibile come servizio nel catalogo di Amazon Web Services, mentre il servizio per Azure è in beta e quello per Google Cloud è in roadmap”.

Per il resto gli aspetti più interessanti dell’ultimo report trimestrale secondo Nulli sono “il decollo della componente as-a-service, che comincia a incidere sui risultati totali, e la crescita della nuova offerta capacitiva FlashArray C per workload secondari, che va a completare un’offerta molto semplice che comprende FlashArray X, che punta sulle alte performance in termini di latenza, e Flash Blade, più orientata alla gestione di molti accessi contemporanei per progetti di massive analytics, che va molto bene anche in Italia, segno che anche qui da noi stanno partendo progetti Big Data e Machine Learning”.