Oracle Italia ha tenuto pochi giorni fa l’edizione 2021 dell’OPEF (Oracle Partner Executive Forum), l’evento annuale dedicato ai partner, durante il quale i manager della società hanno spiegato tra l’altro che molto presto la rete di Cloud DataCenter Oracle toccherà anche l’Italia, e che nello scorso anno fiscale (chiuso il 31 maggio 2020) e nella prima metà di quello in corso il 70% del fatturato di Oracle Italia è stato realizzato tramite i partner. Con Robert Scapin, Leader di Alliance & Channel Technology & Cloud Systems per il Sud Europa di Oracle, abbiamo approfondito alcuni spunti emersi dall’evento.

Un anno fa Oracle ha aggiornato il suo partner program, battezzandolo Modernized OPN. Che risultati ha avuto questo cambiamento?

Ormai tutti i partner Oracle hanno aderito al nuovo programma, che si basa su un concetto semplice: solo attraverso le competenze i partner possono erogare progetti di successo, e nel mondo cloud il successo si diffonde velocemente ed è decisivo per crescere in termini di quote di mercato. Per questi gli incentivi del programma crescono in funzione della certificazione raggiunta, oltre che della cloud consumption relativa all’implementazione. Quindi continuiamo in questa strategia. Abbiamo aggiunto delle novità, comunque coerenti con l’impostazione generale: per esempio dei rebate specifici per gli Expert Partner. Insomma continuità con cambiamenti che vanno sempre nella stessa direzione, introducendo semplificazione e incentivi, come i rebate che prima non esistevano.

A proposito di competenze, cosa state facendo per favorire l’aumento delle certificazioni in Italia?

Sono cresciute molto, e alcuni partner stanno completando la gamma di certificazioni necessarie per iscriversi a uno o più dei quattro percorsi del nuovo programma: Build, Sell, Service, License & Hardware. È Oracle a certificare il fatto che un progetto sia stato di successo, in funzione di ciò che dice il cliente. Tutto questo rallenta il percorso, ma lo rende più solido.

Nel lavoro di crescita di competenze nell’ecosistema Oracle italiano ha una fondamentale importanza il centro di eccellenza congiunto che abbiamo con Computer Gross, un’esperienza di successo che è stata copiata in altre country. Questo centro, che è partito meno di 4 anni fa, finora ha certificato 215 persone in Italia su Oracle Cloud Infrastructure e Data Management, e ha tenuto 19 training di certificazione EMEA con 350 partecipanti, e 190 workshop su diversi temi (tech/licenze DB, cloud, cloud systems), con 2246 partecipanti per un totale di 623 partner coinvolti. Inoltre ha erogato 29 POC (Proof-of-Concept, ndr) di Oracle Cloud@Customer, e 55 POC e Demo di Oracle Public Cloud.

Con il nuovo programma c’è stato un processo di selezione tra i partner?

In Italia abbiamo circa 250 partner con certificazioni attive. L’ecosistema è rimasto invariato numericamente, se guardiamo al programma di base, l’OPN, che dà accesso alla knowledge base Oracle e ai programmi di marketing. Poi ci sono le diverse track che sono basate sulle expertise e i casi di successo, e quindi sono più difficili da raggiungere ma anche più appaganti.

In Italia il fatturato su Cloud@Customer è aumentato di 8 volte. A parte il fatto che siete partiti da numeri piccoli, come si spiega questo forte aumento?

Cloud@Customer è un cloud pubblico, gestito da Oracle. Portiamo le nostre macchine Exadata dentro il data center del cliente. Una prima motivazione di questa forte crescita è che le aziende italiane adorano avere il dato a casa propria, e Cloud@Customer dà proprio questa possibilità, pur godendo di tutti i benefici del public cloud. Questo è particolarmente apprezzato in settori regolamentati che hanno forti vincoli sulla residenza dei dati entro i confini italiani, come per esempio il mondo bancario e finanziario, e il settore pubblico. Oltretutto adesso c’è un controllo unico, per cui gestisco i miei dati e sistemi su public cloud e Cloud@Customer nello stesso modo, quindi si possono trasferire carichi di lavoro su cloud pubblico nei momenti di picco senza problemi. Una seconda motivazione è che la tecnologia è la stessa dell’on premise, quindi il passaggio al cloud è molto più facile per un cliente che già gestiva i dati su Exadata.

Cosa intendete con intensificazione della demand generation congiunta con i partner, e sviluppo di un cloud usage sostenibile, tra le priorità di quest’anno?

Per l’offerta SaaS è in programma una serie di eventi per fare demand generation insieme ai partner, che in quel caso sono i grandi system integrator come Accenture, Deloitte. PWC, Reply. Quanto al Cloud usage, l’obiettivo è sviluppare workload sempre più utili ai singoli clienti, che alimentino poi l’utilizzo del cloud. Siamo arrivati a più di 160 tipi di workload “standard”, cioè facilmente applicabili, sui quali caso per caso vengono sviluppati i workload “custom”.

In pratica ci stiamo affiancando ai partner per far sì che il cloud usage passi il più possibile a loro. Questo ovviamente dipende anche dalla tipologia di partner. Nel caso degli ISV per esempio il cloud usage lo fa soprattutto l’ISV stesso, in altri casi il partner sviluppa il cloud usage presso il cliente. Abbiamo studiato dei meccanismi di incentivazione per i partner che si basano non solo sul volume di cloud usage ma anche su competenze, tipo di percorso, e feedback dei clienti.

Tra le priorità si parla anche di una struttura dedicata agli ISV. È già attiva?

Sì, pensiamo che gli ISV meritino un approccio del tutto specifico perché hanno logiche diverse rispetto a quelle degli altri partner. Per gli ISV è fondamentale prima di tutto provare la piattaforma, e poi valutarne il TCO.

All’evento avete parlato della necessità delle aziende enterprise di far convivere sistemi on-premise, ancora depositari di dati e applicazioni mission-critical, e applicazioni SaaS per modernizzare il business. Quali opportunità genera tutto questo per i partner Oracle?

Siamo arrivati al cloud di terza generazione, dove occorrerà trasferire i workload mission critical. Avendo noi il 50% del mercato dei dati mission critical, questo crea infinite opportunità di business per i nostri partner. È per questo che in Italia siamo arrivati al 70% di rivendita tramite i partner: l’anno scorso era il 60%. E per questo nella parte IaaS e SaaS la “cloud consumption” attraverso i partner è passata dal 48 al 52%, mentre sulla parte SaaS il 70% dei progetti è stato sviluppato dai partner. L’ecosistema Oracle sta davvero crescendo, e Oracle ci sta fortemente puntando.

All’evento hanno parlato quattro partner: Accenture, Genesys Software, Reply e TAI Solutions. Li avete scelti come eccellenze nei 4 percorsi del programma?

Sono quelli che vantavano le migliori esperienze di successo nel breve termine, e in effetti l’idea era di rappresentare tutte le quattro track. Ma è stata una scelta difficile. Ce ne sarebbero stati tanti altri da premiare, ma in un evento online non si possono gestire tanti speaker. Speriamo che l’edizione dell’anno prossimo possa essere in presenza, in modo da portarne sul palco molti di più. È fondamentale aumentare la coesione dell’ecosistema. Per questo parliamo di “Power of Together”. Oracle fino a 10 anni fa basava la sua forza sul primato dei prodotti, ma nell’era digitale ha capito che l’ecosistema è cruciale: per questo ci stiamo lavorando con così tanto impegno e risorse.