L’anno scorso per la prima volta Microsoft Italia è stata premiata come miglior country nel mondo da Microsoft corporation: “Un traguardo raggiunto anche grazie agli investimenti fatti per il canale italiano e alla collaborazione con l’ecosistema di partner in Italia”, ha spiegato la filiale in un comunicato stampa.

Nel nostro paese Microsoft ha oltre 10mila partner tra distributori, rivenditori, System Integrator, Licensing Solutions Partner, hosting provider, Telco e ISV. Negli ultimi anni questo ecosistema è stato chiamato tra l’altro a supportare il passaggio epocale da Windows 7 a Windows 10, che lo scorso 14 gennaio ha registrato una tappa cruciale: la fine del supporto a Windows 7 – versione del sistema operativo molto apprezzata, arrivata a quasi 700 milioni di licenze – dopo 10 anni dal rilascio.

Negli ultimi mesi ne abbiamo parlato più volte, soprattutto nell’ottica dell’utente. Oggi ne parliamo dal punto di vista di Microsoft e del suo canale italiano, con Fabio Santini, Direttore Divisione One Commercial Partner & Small, Medium and Corporate di Microsoft Italia.

In Italia 10mila partner: circa 70 formano il canale “diretto”

“In Italia, escludendo gli individual contributor, ci sono circa 25mila entità che rivendono Microsoft – ci spiega Santini -. Di queste, 10mila aziende fanno parte del programma Microsoft Partner Network: è questo il canale italiano che raggiungiamo con la nostra comunicazione, almeno attraverso le informazioni, promozioni e il training online disponibili sul portale digitale dedicato. Dal nostro punto di vista distinguiamo un canale “diretto” – circa 70 partner che con Microsoft hanno una relazione diretta e attività congiunte – e un canale “indiretto”, formato da migliaia di rivenditori coordinati da 4 distributori, e rivolto al mercato PMI”.

Fabio Santini Microsoft Italia

Fabio Santini, direttore divisioni One Commercial Partner e Small Medium & Corporate, Microsoft Italia

Prima dell’era cloud, continua Santini, Microsoft – come tutti i produttori software – rilasciava un prodotto ogni 3-4 anni, al massimo 8-10 per i sistemi ERP, cosa che dava al cliente tutto il tempo di provarlo, capirlo, e sfruttarne al massimo le potenzialità. “Spesso il partner lasciava totalmente al cliente la decisione di quando migrare i client al nuovo sistema operativo, anche perché ogni azienda ha problemi molto specifici di compatibilità applicativa: chi ha decine di vecchie applicazioni deve sostenere costi ingenti per capire dove intervenire, modificare, ri-testare”.

Per questo nella stragrande maggioranza dei casi le aziende facevano coincidere l’upgrade del sistema operativo con i cicli di rinnovo dell’hardware, spesso mantenendo alcune macchine con versioni vecchie di Windows per applicazioni critiche ma troppo costose da modificare o sostituire.

Nell’era cloud è cambiato tutto: si comprano servizi, e i servizi si evolvono continuamente, e non ogni 3-4 anni. Questo mette il produttore di software, il canale, e il cliente, in una situazione totalmente nuova.

“Con Windows 10 non abbiamo rilasciato una nuova versione, ma il primo sistema operativo dell’era cloud. Stavolta non si tratta solo di miglioramenti e aggiunte di nuove funzionalità: è un salto epocale. Per la prima volta l’IT security viene gestita dove arrivano i principali attacchi: sul client. Quindi prima si mette in sicurezza l’edge più importante del sistema informativo aziendale, e poi su quello si costruiscono progetti di innovazione completi”.

Migrazione Windows 7-Windows 10: due benefici per i partner

Proprio perché è un salto epocale, continua Santini, Microsoft ha reso gratuito l’aggiornamento per chi installava il nuovo OS entro un anno. “Questo ha spinto molti a muoversi subito: oggi abbiamo 900 milioni di utenti attivi Windows 10 in tutto il mondo”. (pochi giorni fa Microsoft ha annunciato di aver toccato addirittura un miliardo di utenti per Windows 10, e sembra che l’abbia fatto prima di tutto sul sito italiano, anche se ora il post non è più raggiungibile, NDR).

Inoltre ha fatto un lavoro sistematico sul canale. “Prima di tutto di comunicazione: abbiamo spiegato ai partner appunto che la cosa più importante non è fare fatturato e margini direttamente sulla migrazione, ma è l’opportunità di introdurre innovazione presso il cliente. Windows 10 crea le basi per fare progetti di trasformazione digitale. E poi abbiamo fatto formazione sul canale, proposto incentivi, strumenti tecnici e guide per la migrazione, abbiamo raccontato le potenziali difficoltà e come risolverle, e ascoltato i feedback introducendo per esempio la possibilità di far girare applicazioni compatibili Windows 7 in Windows 10″.

Tutto questo su entrambe le componenti del canale: sia quello “diretto”, che fa i progetti di migrazione più corposi sui grandi clienti, sia il canale rivolto alle piccole e medie imprese, in questo caso lavorando – attraverso i distributori – soprattutto su formazione e awareness.

“Abbiamo spiegato che per un partner convincere l’azienda utente ad aggiornare le sue postazioni Windows 7 comporta due tipi di benefici. Uno non è monetizzabile, potremmo definirlo customer care. Il partner può costruire una relazione diversa con il cliente, diventare un truster advisor anticipando il problema, per esempio introducendo con il nuovo sistema operativo un livello di sicurezza superiore, che evita infezioni malware e sottrazioni di dati”.

L’altra ovviamente è il beneficio economico, anche di upselling, “perché con Windows 10 si creano le basi per introdurre altri servizi cloud come Office, Dynamics e Azure, sui quali tra l’altro è in corso il programma Academyadi 2020 per i partner italiani“.

In Italia Windows 10 è sul 74% dei pc Windows

A fine gennaio, secondo Net Applications Windows 10 era sul 57,1% dei pc (desktop e laptop) nel mondo, un livello record, avendo conquistato 3,7 punti percentuali rispetto a dicembre: quasi il doppio dell’aumento del mese precedente. Contando solo i pc Windows (che sono l’88,1% del totale), la quota di utenti di Windows 10 è salita di quasi due punti, al 64,8%. Quanto a Windows 7, ha terminato gennaio con una quota del 25,6% di tutti i pc, con un calo mese su mese del 4%.

In Italia, secondo StatCounter, a fine gennaio Windows era sul 70% dei desktop italiani e, all’interno del mondo Windows, W10 è al 73,7% e W7 al 19,1%. Nel solo mese di gennaio W10 è cresciuto di 3,2 punti percentuali e W7 è calato di 2,8 punti.

Microsoft non divulga dati ufficiali, neanche su quanti in Italia abbiano scelto l’opzione del supporto esteso per Windows 7, “però posso fare delle considerazioni qualitative”, spiega Santini. “Ovviamente è una scelta che riguarda praticamente solo grandi imprese, e non nasce dal rifiuto di Windows 10 ma solo dalla necessità di tempi lunghi. A volte ci sono vincoli di tempo, risorse, complicazione applicativa, con necessità di approfondimenti talmente complessi da richiedere troppo tempo e risorse. Alcuni procedono all’upgrade in varie fasi, utilizzando la modalità remote desktop nelle aree più complicate. Questo intanto permette di gestire in modo centralizzato la sicurezza”.

Preoccupazione per le PMI

Alla fine quindi il bilancio della migrazione da Windows 7 a Windows 10 per Santini è molto positivo per quanto riguarda il canale, ma preoccupante per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI) italiane.

“La consapevolezza del canale è molto forte: i partner hanno capito che questo passaggio richiede un grande cambiamento. Anche loro erano legati al meccanismo dell’aggiornamento del sistema operativo contestuale al ciclo di rinnovo dell’hardware, erano abituati a installare server, attivare applicazioni, far funzionare la rete. Oggi devono proporre soluzioni cloud, managed services continuativi, offrire valore in progetti di trasformazione digitale attraverso specializzazioni precise e certificate”.

In questo senso Windows 10 continua il discorso avviato da Microsoft con il cloud: “Il client è un “edge” che deve aggiornarsi ln modo continuo di pari passo con applicazioni e infrastruttura. Non possiamo proporre innovazione sul fronte cloud a un cliente che in casa ha un sistema operativo vecchio”.

Discorso molto diverso, come accennato, per la consapevolezza delle PMI, “sulle quali stiamo cercando di trasmettere urgenza di fronte a una situazione in cui la piccola dimensione non dà più nessuna certezza di essere al riparo da attacchi, anzi. Il problema è che le piccolissime imprese, la fascia tra 1 e 10 dipendenti che comprende bar, ristoranti, negozi, non sono raggiungibili direttamente, perché non hanno un’azienda ICT che le segue in modo continuativo. Il giorno in cui Microsoft smetterà di sviluppare patch di sicurezza per Windows 7, moltissime PMI che ce l’hanno ancora, magari sul pc della reception, o nel punto vendita, o in una macchina di produzione, si troveranno esposte”.