La “Duplice Transizione”, cioè la scelta di abbinare strategie di digitalizzazione e di ricerca di modelli d’attività sostenibili, aumenta la propensione all’export delle imprese italiane, soprattutto se piccole. Infatti il numero delle piccole e medie imprese (PMI) che investe in green e digitale e che esporta è di 20 punti percentuali superiore a quello delle PMI che esportano senza fare né l’una né l’altra transizione.

È il principale dato della ricerca ‘Piccole, medie e più competitive: le PMI italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale’, realizzata dall’Ufficio Studi di SACE con The European House-Ambrosetti, e presentata nei giorni scorsi al Forum di Cernobbio.

Le oltre 200 mila PMI italiane, sottolinea SACE, producono un giro di affari di oltre 1000 miliardi di euro, generano quasi il 40% del valore aggiunto nazionale, e impiegano 5,4 milioni di persone, un terzo di tutti gli occupati. Ricordiamo che secondo la definizione UE, le PMI sono imprese con numero di addetti da 10 a 249.

PMI italiane, produttività cresciuta del 7% tra 2010 e 2019

Nonostante alcuni segnali di attenzione emersi nel primo trimestre 2023, le PMI italiane hanno rafforzato la struttura finanziaria negli ultimi anni e hanno livelli di debito relativamente contenuti, che permettono loro di mitigare, almeno in parte, il peggioramento delle condizioni creditizie.

Inoltre, continua SACE citando elaborazioni di Bankitalia su dati Eurostat, nel decennio 2010-2019 le PMI italiane hanno notevolmente aumentato (+7%) la produttività del lavoro, raggiungendo livelli superiori alle PMI di Germania e Spagna, e migliorando quindi la propria competitività sui mercati internazionali.

Infatti le PMI italiane nel 2021 (ultimo dato disponibile) hanno esportato 219 miliardi di euro, circa la metà dell’export complessivo italiano, con una crescita media annua del 2,7% tra il 2017 e il 2021, segnando un pieno recupero dopo la pandemia.

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PMI, le italiane producono il 48% dell’export nazionale, le tedesche e francesi il 20%

Si tratta di dati fondamentali perché come spiega SACE l’export nel periodo 2010-2022 ha trainato l’economia italiana, con un contributo del +9,9% alla crescita del PIL, che ha più che compensato, insieme agli investimenti fissi lordi (+2,2%), gli apporti negativi di consumi privati, spesa pubblica e importazioni (-9,4%).

Attualmente le PMI italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato (l’8% in più delle tedesche) e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20% delle tedesche e delle francesi e al 34% delle spagnole. Un trend che secondo l’Ufficio Studi di SACE continuerà: le esportazioni delle PMI italiane cresceranno quest’anno del 6,2%, del 4% nel 2024 e del 3,2%, in media, nel biennio successivo (2025-2026), quando supereranno i 300 miliardi di euro.

La Duplice Transizione abbassa la “scala minima” per l’export

In questo quadro, prosegue il report, la Duplice Transizione, digitale e green, aumenta la propensione all’export delle imprese, soprattutto se di piccole dimensioni, perché abbassa la “scala minima” per accedere ai mercati esteri annullando le distanze fisiche (e culturali), e riducendo costi di entrata e asimmetrie informative.

Fino a qualche anno fa, si legge nel report, la politica industriale europea puntava alla transizione green e a quella digitale in maniera piuttosto separata – ad esempio con il “Digital Compass” da un lato, e con il Green Deal Europeo dall’altro.

Il più recente Next Generation EU e la Relazione di previsione strategica 2022, invece, puntano a far convergere le politiche industriali attraverso le interconnessioni tra digitalizzazione e sostenibilità ambientale. E in particolare attraverso le potenzialità delle tecnologie 4.0 di aumentare il grado di sostenibilità ambientale dell’impresa.

Secondo un’indagine condotta nel 2023 da Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne e Unioncamere su 4200 imprese tra 5 e 249 addetti, le PMI che investono sia in digitalizzazione che in sostenibilità ambientale sono anche le più propense ad aprirsi ai mercati internazionali.

Solo il 28% delle PMI che non investono nè in digitale nè in green esporta all’estero, mentre tra chi investe in una sola delle due Transizioni la percentuale si alza a circa una su 2 (il 46% tra quelle che investono solamente nel digitale, il 49% tra quelle che investono solamente nel green). Ma tra le PMI che puntano allo stesso tempo sull’innovazione digitale e ambientale (Duplice Transizione) la percentuale di realtà che fanno export sale al 67%.

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Un effetto particolarmente significativo per le piccole imprese

Questo effetto è significativo soprattutto per le piccole imprese. Tra le medie imprese (50-249 addetti) infatti, la quota delle esportatrici è dell’88% tra quelle che investono nella Duplice Transizione o nella sola Transizione green, e si ferma all’83% tra le imprese che investono nella sola Transizione digitale, mentre scende al 67% tra quelle che non investono né nel digitale, né in sostenibilità.

Nelle piccole imprese invece (10-49 addetti) la percentuale delle esportatrici è solo del 22% tra quelle che non investono, aumenta attorno al 30% tra quelle che investono in una sola transizione (29% solo Transizione green, 33% solo Transizione digitale) e balza al 42% tra quelle che investono nella Transizione sia digitale che green.

Il report poi si sofferma sulle motivazioni del 28% circa delle PMI che non investono né in digitalizzazione né in sostenibilità. Nel primo caso le barriere culturali (assenza di conoscenza degli effetti positivi delle tecnologie 4.0 sulla competitività dell’azienda, mancanza di interesse da parte del management) superano di poco quelle economiche (scarsità di risorse, problemi di accesso al credito, tassi di interesse elevati).

Quanto alle barriere alla transizione green, quelle economiche sono ritenute predominanti, seguite da quelle culturali e burocratiche.

Incentivare la duplice transizione

Concludendo, la duplice transizione aumentano la propensione all’export delle PMI, e quindi la loro capacità di essere competitive anche internazionale.

Per incentivare questo processo, raccomanda SACE, è necessario che le PMI siano supportate in tutti gli aspetti da loro riscontrati come più critici, come le barriere culturali nel caso della rivoluzione digitale o quelle economiche nell’ambito della transizione green. Allo stesso tempo, è necessario porre l’accento su una formazione ad hoc e su un supporto in termini di comprensione e adesione alla regolamentazione e gestione amministrativa anche in ottica di accesso ai mercati esteri, soprattutto i più lontani e meno presidiati.