Le imprese italiane aumenteranno seppur di poco (+1,5%) il budget per gli investimenti in tecnologie digitali e ICT nel 2025. È una crescita sostanzialmente in linea con il trend degli ultimi anni, anche se rispetto a un anno fa (+1,9%) è in leggera flessione. Le piccole imprese (+3,7%) e le medie imprese (+4%) fanno segnare crescite più sostenute, mentre in quelle grandi il budget ICT sarà praticamente stabile rispetto al 2024.

Sono i principali responsi dell’Osservatorio Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano, presentato qualche giorno fa. Nelle grandi imprese, le prime priorità del budget digitale sono come negli scorsi anni le soluzioni di Cybersecurity (57%), e di Business Intelligence (44%), ma quest’anno al terzo posto sale l’area AI (Artificial Intelligence, Cognitive Computing e Machine Learning, 43% delle aziende). Seguono Big Data, Generative AI (in grande ascesa, 39% delle grandi imprese), e sistemi ERP.

osservatori polimi budget 2025

Anche nei budget delle PMI italiane l’area prioritaria di investimento è la Cybersecurity (31%), seguita da migrazione e gestione Cloud (25%), e applicazioni e tecnologie di Industria 4.0 (24%).

Innovazione digitale, solo l’8% misura in modo completo i benefici

In quasi tutte le grandi imprese (92%) l’innovazione digitale è ormai presente nel Piano Strategico, ma solo nel 5% dei casi ne è la leva principale. Poco più della metà (56%) ha formalizzato una strategia dedicata al digitale e nel 38% dei casi è stata condivisa in modo diffuso nell’intera organizzazione.

Il 39% delle imprese ha una “Direzione Innovazione” interna, ma sono di più quelle che hanno scelto un approccio trasversale e di cultura diffusa: quasi due aziende su tre hanno definito figure di Innovation Champion, provenienti da linee di business o altre Funzioni incaricate di coordinare l’innovazione con la Direzione Innovazione.

Le principali sfide nella gestione dell’innovazione digitale per le imprese sono la necessità di integrare lo sviluppo dell’innovazione con i bisogni delle Business Unit (45%) e la ricerca di coordinamento con le Funzioni di business per mettere in produzione le innovazioni (42%). Poi c’è la difficoltà nell’ingaggiare in modo efficace la popolazione aziendale nelle attività di innovazione (38%), e ancora la capacità di definire meccanismi efficaci per misurare gli impatti dell’innovazione digitale in azienda.

Solo l’8% delle imprese infatti ha definito metriche consolidate per valutare in modo completo questi impatti. Principalmente si misurano input e output economici e nel medio-breve periodo. Sono invece ancora poco diffuse misurazioni dell’impatto di lungo periodo del digitale, per esempio sull’arricchimento della cultura aziendale, e sulla diffusione di competenze o know-how di business.

Open innovation, cresce il ricorso a fonti esterne

Nel 2024 l’88% delle grandi aziende italiane e il 31% delle PMI hanno fatto ricorso a pratiche di open innovation.

I principali stimoli per l’innovazione sono ancora interni (le Funzioni aziendali per il 37% e il Top Management per il 32%), ma le fonti esterne sono in crescita: il 31% ha fatto ricorso a università e centri di ricerca, il 31% a società di consulenza, il 27% a vendor e sourcer ICT, e un altro 27% alle startup.

Ovviamente va considerato che questi dati sono ricavati come medie: distinguendo le scelte tra grandi aziende e PMI, i numeri sono molto diversi. Per quanto riguarda la collaborazione con le startup, per esempio, il 48% delle grandi aziende lo fa da più di tre anni, coinvolgendole come fornitori spot (49%) o partner per co-creare prodotti e servizi (47%), mentre tra le PMI solo l’8% collabora con startup o intende farlo nel prossimo futuro, e il 71% non ha interesse o non considera questa possibilità al momento.

Passando alle motivazioni per cui le imprese italiane fanno Open Innovation, le principali sono esplorare nuovi trend tecnologici (64%) e individuare opportunità di business (44%), mentre è ancora marginale il contributo identificato sui benefici economici.

Inoltre sempre più l’Open Innovation è anche uno strumento per perseguire obiettivi di sostenibilità. Circa il 56% delle aziende collabora con università e centri di ricerca per promuovere progetti sostenibili e il 46% collabora direttamente con startup.

“In un clima di cautela e crescita limitata, le aziende italiane confermano l’intenzione di investire nel digitale, per trovare soluzioni alle sfide in atto e cogliere nuove opportunità di business”, afferma in una nota Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Thinking del Politecnico di Milano. “Imprese e startup devono entrare in una nuova fase nella valorizzazione strategica dell’innovazione, spostando il focus dalla pura sperimentazione alla generazione di impatto. Per una piena trasformazione,occorre passare da un modello basato sui risultati economici di breve periodo, a uno che valuti anche gli effetti di medio lungo periodo, come l’impatto sulle competenze, la cultura e l’agilità organizzativa”.