L’Italia ha già realizzato il 53% delle milestone e dei target di trasformazione digitale fissati nel PNRR, e a oggi è il Paese più avanti in questo percorso. Lo certifica l’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano nel suo report 2023, presentato ieri.

“Dopo RePowerEU, il programma di revisione dei PNRR dei vari Paesi a fronte dei rincari per la guerra Russia-Ucraina, il PNRR italiano è salito a 194,4 miliardi di euro, e di questi circa 47 sono dedicati al digitale”, ha detto Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Digitale, al convegno di presentazione del rapporto.

“Queste risorse sono legate a 290 milestone e target, di cui 151 sono stati già realizzati. Siamo quindi a metà strada, è una buona notizia, ma se finora avevamo più milestone da rispettare, d’ora in poi ci saranno più target da raggiungere, cioè questi investimenti dovranno produrre risultati concreti sull’economia e sulla società”.

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A che punto è la digitalizzazione del Paese

“La buona notizia è che il DESI non c’è più, ha spiegato Francesco Olivanti dell’Osservatorio. “Questo indice ha avuto il grande pregio di attirare l’attenzione del grande pubblico, ma aveva diversi limiti, in primis lo scarso orientamento al policy making. La Commissione Europea ha deciso di non fare più classifiche dei Paesi membri, ma di fissare dei target (Digital Decade 2030) e attivare progetti multi-Paese e potenziare lo scambio di best practice“.

L’Osservatorio ha quindi analizzato tramite i propri Digital Maturity Indexes gli indicatori raccolti nel 2023 dalla Commissione Europea, evidenziando per l’Italia uno scenario ancora di luci e ombre.

Infrastrutture digitali. Con un balzo di 22 punti in un anno, nel 2022 le famiglie italiane con banda larga a 100 Mbps hanno superato per la prima volta la media europea (60% contro 55%), meglio di Francia (51%) e Germania (39%). Sulla connettività a 1 Gbps siamo allineati alla media europea (13%). Negli indicatori Digital Decade 2030 siamo avanti sul 5G, leggermente sotto media sulle linee FTTP, tra gli ultimi in Europa per copertura VHCN. L’effettivo uso di internet da parte degli italiani è tra i più bassi d’Europa (83% degli individui 16-74 anni).

Digitalizzazione delle imprese. Il 70% delle PMI italiane ha un’intensità digitale di base, in linea con la media europea (69%). Solo la Finlandia ha già raggiunto il target fissato per il 2030 (90%). Cresce la percentuale di fatturato delle PMI da eCommerce (14%) e le imprese italiane sono messe bene sull’adozione del cloud (52%). Siamo indietro nello sfruttamento dei big data e nell’impiego dell’IA, ma anche i Paesi EU più avanti sono ancora lontani dai target europei.

Competenze digitali. Solo il 46% degli italiani fra 16 e 74 anni ha competenze digitali di base (media europea: 54%). Solo l’1,5% dei nostri laureati è in ambito ICT, la media europea è 4,2%. Solo il 3,9% dei dipendenti italiani è specialista ICT, contro il 4,6% a livello europeo.

Servizi pubblici digitali. Nella disponibilità di open data l’Italia è al 7° posto in Europa, ma è distante dalla media europea per moduli di eGovernment precompilati a disposizione dei cittadini, servizi pubblici digitali offerti alle imprese, e nella trasparenza dei servizi pubblici digitali. Negli indici Digital Decade 2030 siamo in linea con la media europea solo per numero di cittadini che consultano digitalmente i referti sanitari. Per il resto siamo indietro, tranne che per la quota di cittadini che interagiscono online con la PA: 76% contro 74% di media europea.

A livello geografico si confermano ampie differenze tra le Regioni italiane su diversi indicatori e il distacco endemico delle Regioni del Mezzogiorno da quelle del Centro-Nord. A livello europeo emerge che più una regione è digitalizzata, più è efficace nell’affrontare le grandi sfide di sostenibilità: c’è una relazione tra 9 indici di trasformazione digitale disponibili in 212 Regioni europee e 4 obiettivi di sviluppo sostenibile.

Attuazione del PNRR, il ruolo decisivo della PA

Nell’attuazione del PNRR e degli obiettivi di trasformazione digitale, la Pubblica Amministrazione è fondamentale, perché gestisce e rendiconta tutte le risorse, ed è la destinazione di circa il 60% di esse (e in particolare il 33% di quelle della Missione 1 per la trasformazione digitale).

“In particolare per la digitalizzazione della PA il PNRR mette a disposizione circa 10 miliardi, ha detto Gastaldi. “Ormai da anni l’Italia sta cercando di adottare il modello per lo sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali ‘Government as a Platform (GaaP)’, che ha quattro pilastri: dataset e componenti condivisi, piattaforme, modelli di interoperabilità applicativa basati su API, e soluzioni Cloud”.

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Nel 2023, sottolinea l’Osservatorio, il modello GaaP ha compiuto importanti passi avanti:

Basi dati condivise. L’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani aderenti e la possibilità di scaricare 15 certificati anagrafici. Si stanno integrando le liste elettorali, e rendendo interoperabili altre anagrafi. Il FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico) non è ancora completamente operativo, ma oltre 418 milioni di referti digitalizzati sono già accessibili e il PNRR gli destina 1,3 miliardi. Continua il popolamento del portale dati.gov.it, con oltre 60.000 open data importati automaticamente dalle PA aderenti (897).

Piattaforme. PagoPA ha oltre 16.000 PA aderenti e ha gestito finora pagamenti per oltre 209 miliardi. SPID è nelle mani di 36 milioni di italiani e viene usato oltre un miliardo di volte l’anno, mentre sono oltre 40 milioni le CIE rilasciate: il Governo intende far convergere le due piattaforme nel digital identity wallet. Il PNRR destina 285 milioni di euro per rilasciare 42 milioni di identità digitali entro giugno 2025.

L’App IO è stata scaricata da 36 milioni di italiani e le 15.000 PA presenti offrono oltre 274.000 servizi che saranno potenziati con 390 milioni di euro del PNRR. SEND (che permette l’invio di notifiche digitali con valore legale) è stato integrato nel 2023 da 1400 enti pubblici: il PNRR fornisce 245 milioni di euro per raggiungere 6400 PA entro giugno 2026.

Sistemi di interoperabilità. La PDND (che abilita lo scambio automatico di dati tra PA) dall’ottobre 2022 ha accolto 4000 enti che espongono circa 900 API. Il PNRR destina 556 milioni per creare, entro giugno 2026, almeno 1000 API per migliorare la gestione di servizi previdenziali, sanitari, fiscali, pensionistici, scolastici e di welfare. Il progetto MaaS for Italy dedica 57 milioni di euro all’integrazione e interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato: 6 progetti pilota dovranno essere realizzati in altrettante città entro marzo 2025.

Cloud. Oltre 200 PA centrali, ASL e Aziende Ospedaliere hanno presentato piani di migrazione di dati e applicativi al PSN (Polo Strategico Nazionale). Il PNRR destina 900 milioni di euro alla creazione e migrazione entro giugno 2026 di dati e servizi di almeno 280 enti. Nel frattempo è iniziata la migrazione al cloud di dati e servizi pubblici guidata dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Il PNRR mette a disposizione 1 miliardo di euro a Comuni, Scuole e ASL/AO per migrare verso soluzioni qualificate nel cloud marketplace. A fine 2023 oltre 13.300 enti hanno presentato piani di migrazione, già terminati da oltre 1000.

Una nuova fase per l’Agenda Digitale

“A questo punto però si apre un’altra fase per l’Agenda Digitale dell’Italia, con alcune criticità da risolvere”, ha concluso Gastaldi.

La prima è che il PNRR, pur estremamente importante, non deve mettere in ombra altri ambiti strategici, per esempio la completa digitalizzazione degli appalti, o l’AI, per cui non c’è ancora una strategia nazionale, anche se il governo la sta scrivendo. La piena attuazione del PNRR non è sufficiente a realizzare gli obiettivi Digital Decade 2030”.

“Inoltre c’è un problema di governance: occorre assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della PA siano spesi in modo efficace, monitorandone l’impiego nel tempo e potenziando i meccanismi di affiancamento e supporto agli enti locali che gestiranno gran parte delle risorse complementari al PNRR. Serve una regia forte che tenga alta l’attenzione di una pluralità di attori pubblici e privati”.

Infine occorre evitare che il mercato e le competenze si concentrino nelle mani di pochi fornitori. In particolare, nel procurement va completata la riforma del Codice dei contratti pubblici, accelerando la loro completa digitalizzazione.

“La PA italiana nel 2022 ha comprato lavori, servizi e forniture per 290 miliardi di euro”, ha sottolineato Gastaldi. “Con processi di procurement pubblico più efficaci ed efficienti potremmo fare vere riforme strutturali, con impatti dirompenti. Per farlo è tuttavia necessario superare i problemi del mercato delle soluzioni digitali alla PA italiana: il 69% della spesa dal 2016 a fine 2022 si è concentrato nelle mani di 50 fornitori e il 34% nei primi 5. Inoltre sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica, senza considerare i tempi per prepararla e quelli per gestire i ricorsi”.