La crisi Coronavirus nel 2020 dimezzerà la crescita degli investimenti ICT in Europa dal 2,8% previsto a novembre all’1,4%, e potrebbe addirittura azzerarla. Tuttavia parte degli investimenti ICT non saranno persi, ma slitteranno al 2021, anno in cui la crescita del mercato, invece del 3% previsto prima della crisi, potrebbe salire al 4,4%.

È il responso principale del webcast “COVID-19 Impact: Navigating the European Technology Markets” di IDC, tenutosi ieri con interventi di diversi analisti della società di ricerca che lavorano sui dati del nostro continente.

Quadro estremamente fluido, ma dopo il “new normal” sarà molto diverso

“È uno scenario estremamente fluido in cui i buyer e i vendor di IT in Europa si stanno adeguando rapidamente a condizioni di mercato in continuo cambiamento”, spiega Thomas Meyer, general manager e GVP research di IDC Europe. “In una situazione così è impossibile prevedere ora gli impatti sul mercato ICT, e noi stessi stiamo cercando di aggiornare continuamente le analisi e di approfondire gli impatti sulle singole aree di mercato”.

Comunque vada, aggiunge Phil Carter, Chief Analyst IDC Europe, occorre iniziare a prepararsi per uno scenario “new-normal”: “Non sappiamo se la ripartenza sarà istantanea o graduale, cioè se la curva sarà a V o a U, ci sembra più probabile che sarà a U, ma comunque vada l’altro lato della curva sarà molto diverso: le aziende e la società funzioneranno in modo diverso, speriamo più sostenibile”.

PIL italiano tra crescita zero e calo dell’1%

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, IDC prima della crisi prevedeva per l’Europa una crescita del PIL dell’1,4% nel 2020, ma ora nello scenario più probabile il PIL salirà dell’1% e in quello pessimistico dello 0,4%.

Lo scenario più probabile ipotizza che il virus sarà totalmente sotto controllo sanitario all’inizio del terzo trimestre 2020, cioè da luglio, mentre nello scenario pessimistico questo avverrà tre mesi dopo, con anche un effetto domino negativo di altri fattori, come oscillazioni del petrolio, inflazione, inadeguatezza delle misure dei Governi e dall’Unione Europea e aumento della disoccupazione”, spiega Carla La Croce, Senior Analyst Vertical Strategy IDC.

“A livello di singoli Paesi, per l’Italia tutto questo si traduce in una crescita zero del PIL nello scenario più probabile, e in una flessione dell’1% nello scenario pessimistico”.

Spesa ICT tagliata per 3 rischi: meno fatturato, più costi, e… remote working

Passando specificamente al mercato ICT, “abbiamo lanciato un’indagine da una settimana sui decisori degli investimenti informatici in Europa, la IDC Buyer Poll, ottenendo per ora 130 risposte: ne emerge che circa il 50% delle aziende prevede di mantenere o aumentare i livelli di spesa ICT nel 2020, mentre a novembre questa percentuale era del 95%”, ha detto Giorgio Nebuloni, AVP Vertical Strategy ed Emerging Tech di IDC.

In altre parole, le aziende che ridurranno la spesa ICT salgono dal 5% al 50%. Le principali motivazioni sono il rischio di significative riduzioni di fatturato, il rischio di lievitazione dei costi e riduzione dei profitti, mentre sorprendentemente al terzo posto c’è il “rischio di remote working”, cioè di riscontrare difficoltà nel gestire il lavoro da remoto.

Tutto questo porta IDC, come anticipato in apertura, a tracciare uno scenario probabile in cui il tasso di crescita del mercato ICT europeo si dimezza rispetto alle attese pre-Coronavirus dal 2,8% all’1,4%, con ritocco verso l’alto dal 3% al 4,2% per la crescita del 2021. E uno scenario pessimistico con crescita quasi zero nel 2020 (+0,2%), e crescita del 4,4% nel 2021.

La situazione però è talmente fluida che, a fronte di questi scenari, definiti il 12 marzo, già ieri nel webcast gli analisti IDC alla luce delle restrizioni in tutta Europa degli ultimi giorni hanno definito ormai più realistico lo scenario pessimistico di quello probabile.

Mercato ICT Europa 2019 2020 2021 - IDC

“Per valutare correttamente questi dati però dobbiamo vederli in prospettiva – sottolinea Nebuloni –. Nella crisi del 2008-2009, abbiamo visto un calo del 2% annuo del mercato ICT europeo per più di due anni. Invece nella crisi del 2013-2014 abbiamo visto una crescita piatta per due anni”.

Benefici per collaboration, device, security e cloud

Scendendo nel dettaglio delle singole aree tecnologiche, gli intervistati si aspettano impatti positivi della crisi Covid-19 in soluzioni di collaboration, device (pc, smartphone, tablet), cybersecurity e cloud (dal SaaS allo IaaS), mentre le aree che risentiranno di più dell’emergenza sono tecnologie emergenti (AI, 5G, AR/VR), software applicativo tradizionale, e business services esterni.

Gli impatti positivi nascono da “use case” in parte nuovi di due tipi, uno che prevede aumenti immediati degli investimenti, l’altro che comporta crescite nel numero di utenti e nel volume di utilizzo, ma non necessariamente aumenti di investimenti, almeno nel breve periodo.

“Nel primo gruppo abbiamo per esempio le infrastrutture cloud che dovranno “reggere” gli aumenti di volume sui siti di e-commerce, o i device per il remote working, nel secondo la domanda di connettività, per il videoconferencing come per l’online gaming, le piattaforme per il customer support, e la capacità analitica per la previsione della domanda e il fine-tuning delle attività di supply chain”.

Analizzando in estrema sintesi le prospettive per segmenti del mercato ICT, per IDC l’hardware soffrirà per calo della domanda e problemi nelle supply chain, e i servizi per il rallentamento dei progetti già in essere e il rinvio di quelli pianificati. Invece per software e telco la situazione è mista, perché come abbiamo visto hanno aree in crescita oltre che rischi da gestire.

Tecnologie emergenti e remote working: luci e ombre

Tornando sulle tecnologie emergenti, il quadro non è così netto, ha detto Andrea Siviero, Research Manager Emerging Tech di IDC: “È vero che molti progetti sperimentali rallenteranno, ma queste tecnologie hanno un ruolo cruciale nell’abilitare la prossima fase della digital transformation, e anche nell’immediato hanno casi d’uso per il contenimento dell’epidemia, per esempio di big data analytics e AI nel tracciamento degli spostamenti delle persone, e machine learning per studiare le dinamiche di propagazione del virus”.

Quanto al trend del momento, il remote working (all’estero nessuno usa l’espressione “smart working”, ndr), “non possiamo classificarlo come “new normal” perché molte iniziative erano già in atto prima della crisi, e comunque siamo ancora lontani da un utilizzo ottimale e senza problemi”, rimarca Nebuloni.

Secondo IDC il 70% delle aziende sta facendo lavorare da casa tutti quelli per i quali ha senso farlo, o sta estendendo progetti già iniziati in precedenza, mentre il 30% indica come principale criticità l’insufficienza dei tool di base (smartphone, notebook, connessione performante), “che per ora è vista come un problema peggiore della carenza di cultura del remote working o di processi ottimizzati per il remote working”.

Le 5 raccomandazioni a buyer e vendor

Il webcast si è quindi concluso con 5 raccomandazioni ai tech buyer, ma anche ai tech vendor, per trasformare in opportunità anche un momento come questo: la prima è abilitare la “remotizzazione” di più attività possibili, la seconda è di investire in customer experience (“potenziate i vostri canali online e rafforzate le partnership”), la terza è ripensare il “business value” (“non è più solo una questione di fatturato e profitto, il valore di un’azienda è determinato dal suo ruolo nell’ecosistema di cui fa parte”).

La quarta raccomandazione è rivolgere verso l’esterno l’analisi e l’azione del “crisis response team”, di solito sempre concentrato sull’interno, e la quinta è quella che IDC definisce “coronakindness”: “Da questa crisi nascerà un mondo nuovo, e questa è un’opportunità per le aziende di rivedere l’impostazione dei rapporti con dipendenti, clienti e partner, mettendo le basi per un modo di fare business diverso e sostenibile”, ha concluso Phil Carter.