Liferay, la multinazionale specialista di soluzioni di digital experience per il B2B (siti e-commerce e portali per clienti, partner e dipendenti), ha annunciato qualche settimana fa il rilascio di Liferay Experience Cloud, versione in SaaS (software-as-a-service) della sua piattaforma, con funzioni di gestione di contenuti e account, analytics, commerce, personalizzazione e low code.

L’Italia è un mercato molto importante per Liferay, che è presente nel nostro paese con una filiale diretta dal 2017, qui ha il suo competence center mondiale sul Commerce B2B: lo scorso ottobre una giornata dell’evento globale Liferay Vision è stata dedicata all’Italia (qui il nostro reportage). Con Andrea Diazzi, Director Channel Sales EMEA di Liferay, abbiamo approfondito le novità che l’offerta SaaS provocherà nella strategia di go-to-market in Italia e nel suo programma per i partner.

Quanto è importante la nuova offerta SaaS per Liferay?

È fondamentale perché segna un cambio di posizionamento. Finalmente diventiamo completamente cloud-first, avvicinandoci molto al concetto di software-as-a-service: noi gestiamo l’infrastruttura sul nostro cloud e tutta la parte di aggiornamenti e upgrade, e il cliente deve preoccuparsi solo dello sviluppo del progetto e della gestione non infrastrutturale. La scelta è di puntare sul SaaS come offerta di punta, anche se resta la possibilità di appoggiarsi ad altre infrastrutture cloud nei casi – come per la PA – di vincolo a usare determinati cloud provider o di impegni contrattuali precedenti.

Inoltre amplieremo l’offerta commerciale con un nuovo modello “solution selling”. Storicamente Liferay è nata come piattaforma su cui costruire siti web, intranet e portali, ma costruire queste cose da zero non è facile. Per questo oltre alla piattaforma in SaaS proporremo anche delle soluzioni, cioè delle basi con componenti già sviluppati su cui costruire il proprio sito o portale. Questo perché oggi ci rivolgiamo più all’utente di business che all’IT, e l’utente di business vuole “vedere” la soluzione e capire se risponde alle sue esigenze, mentre l’IT vuole sapere solo come costruirla.

Come concilierete le esigenze di personalizzazione con la forte standardizzazione tipica del SaaS?

La personalizzazione è sempre stata lo storico punto di forza di Liferay, rispetto alle soluzioni in SaaS, tipicamente più veloci ma rigide, e la grande sfida è stata appunto di definire un’offerta SaaS che mantenesse possibilità di forte personalizzazione, evitando d’altra parte i grandi costi e criticità degli aggiornamenti nei casi di forti personalizzazioni, che spingevano molti clienti a posticipare il più possibile gli upgrade. Questo è stato a lungo uno dei problemi di Liferay.

Abbiamo vinto questa sfida dando ampie possibilità di configurazione, di interventi low code, e anche di personalizzazioni nel codice, che vengono inserite a parte senza toccare il “core” della soluzione. Gli upgrade di versione vengono fatti da noi ogni 15 giorni, e il costo dell’upgrade praticamente sparisce dal budget.

Con questa nuova offerta come cambia il ruolo dei partner?

I partner passano da una situazione in cui facevano sviluppo di codice e applicazioni in Java, a una in cui fanno molta più configurazione e sviluppo low code. Cambia il tipo di lavoro che fanno, ma non la complessità. Parliamo di configurazioni complesse, che vanno fatte da esperti. Peraltro la scrittura di codice in Java è complessa e richiede risorse, e quindi questa nuova situazione è anche un risparmio di tempi e costi.

Come cambia il partner program per tener conto di questa nuova situazione?

Nella regione dell’Italia abbiamo una ventina di partner, sia molto grandi e conosciuti sia piccoli e di nicchia, cito solo i “platinum” che sono SMC, Open Reply, NTT Data, Ariadne. Il nostro approccio sarà meno quantitativo e più qualitativo. Da quando è in Italia Liferay ha sempre cercato di ampliare il numero di partner, ma siamo arrivati a un numero che riteniamo giusto, e passiamo a una nuova fase di ricerca più mirata di profili che colmino delle lacune del nostro ecosistema.

Inoltre abbiamo introdotto come requisiti tre certificazioni aggiuntive obbligatorie per mantenere la partnership, che coprono gli ambiti pre-sales, sales e post-sales.

Altra novità è l’apertura a partner di tipo diverso. Finora abbiamo reclutato per lo più system integrator con profilo molto tecnico. Ora apriamo anche a digital agency – che sono sempre più coinvolte nella costruzione del customer journey, del partner journey e dell’employee journey supportati dalle nostre soluzioni – e a partner OEM che costruiscano delle loro soluzioni su Liferay, per esempio dei verticali per singoli settori.

Questi ampliamenti servono per adeguarci ai cambiamenti in atto. Come dicevo, 6-7 anni fa il customer journey lo costruiva l’IT aziendale, oggi invece lo fa il business, e quindi dobbiamo avere partner che parlino con questi interlocutori.

Come incentiverete i partner a proporre Liferay Experience Cloud?

Innanzitutto fino almeno a fine 2022 ci saranno degli incentivi economici ad hoc, e poi altri incentivi sottoforma di servizi erogati da noi per supportare l’upgrade. Inoltre abbiamo anche lanciato un programma di enrollment, di registrazione dei partner, per poterli formare e certificare adeguatamente per la nuova soluzione. Non tutti i partner potranno vendere fin da subito questa nuova soluzione, ma solo quelli autorizzati che hanno fatto un determinato percorso. Questo risponde anche alla richiesta di alcuni partner di avere degli elementi di distinzione, attraverso certificazioni ed enablement.