Il settore del Software e Servizi è fondamentale per l’economia italiana in termini di crescita del valore aggiunto e dell’occupazione, con professioni di qualità e stabilmente tra le più richieste, e prodotti che aumentano la produttività del lavoro delle aziende utenti.

Ma è sottovalutato, e per questo non attira gli investimenti necessari a sfruttare al meglio il suo potenziale. Con questa convinzione Assosoftware ha presentato nei giorni scorsi la ricerca “Cultura del software. Sviluppo italiano – Peso e centralità del software in Italia”, realizzato insieme a Luiss Data Lab e al Centro studi di Confindustria.

70,9 miliardi di valore della produzione e valore aggiunto del 17% superiore alla media

Dal rapporto emerge che il comparto Software e Servizi in Italia (codici Ateco 62 e 63) conta 96 mila imprese (il 60% di software, il 40% di servizi), 474mila occupati e 70,9 miliardi di euro di valore della produzione, il 2% del totale dell’economia italiana. Il valore aggiunto per occupato è 75mila euro, il 17% in più della media complessiva dell’economia italiana.

Rispetto agli altri grandi paesi europei, l’Italia ha la percentuale più bassa (31%) di occupati nel software e servizi che lavorano in aziende grandi (oltre 250 dipendenti). La Germania ha il 40%, Spagna e Francia sono oltre il 50%.

Software e servizi, tra 2019 e 2022 il valore aggiunto è cresciuto del 4% annuo

Il settore mostra tassi di crescita economica stabilmente superiori alla media dell’economia italiana. Tra 2019 e 2022 per esempio il valore aggiunto del Software e Servizi è cresciuto mediamente del 4% annuo, contro il 2% medio degli altri settori.

Su tempi più lunghi (periodo 2000-2022) nel Software e Servizi l’occupazione dipendente è cresciuta del 100% (media dell’Italia: 10%) e il valore aggiunto del 130% (media dell’Italia: circa 50%).

Secondo il report, la domanda finale di beni e servizi di Software e Servizi attiva, direttamente o indirettamente, la produzione dell’intera economia con un moltiplicatore 1,669. Questo significa che ipotizzando un aumento del 20% della domanda finale (investimenti, esportazioni, consumi delle famiglie), con un incremento di 5,773 miliardi di euro della domanda finale di software si generano 9,6 miliardi di maggiore produzione domestica, 4,8 miliardi di maggior valore aggiunto, e 67mila occupati in più.

(Solo) il 40% delle imprese italiane ha un software gestionale

Per quanto riguarda l’adozione di software, i software gestionali secondo il report, che si basa su elaborazioni di dati Istat, risultano presenti nel 40% delle imprese italiane. Percentuale che si alza all’83% nelle imprese tra 250 e 499 addetti, e all’89% in quelle più grandi (almeno 500 addetti).

Il dato poco confortante è che nel periodo 2015-2019 risulta addirittura un calo della quota di imprese che adottano software gestionale ERP o CRM. Nel 2021 l’adozione di software ERP si è attestata al 32% (la media EU27 è del 39%), quella di CRM operativo al 27% a fronte del 34% in EU.

Eppure da un’analisi tra gruppi simili di imprese, distinte tra digitalizzate (che utilizzano almeno una tecnologia digitale e hanno adottato software gestionale), e non digitalizzate, emerge che le prime presentano un vantaggio significativo in termini di produttività del lavoro, mediamente dell’8-12% in più rispetto alle seconde.

Sviluppatori e analisti software tra le 5 professioni più richieste in assoluto

Infine il capitolo relativo al lavoro. Dal report emerge prima di tutto il livello qualitativo dell’occupazione nel Software e Servizi. Il settore J Servizi di informazione e comunicazione (di cui il settore software e servizi rappresenta circa il 73% in termini di addetti) ha il 41% di dipendenti con titolo di studio terziario, rispetto all’11% dell’Industria e al 18% dei Servizi.

Inoltre i professionisti di Software e Servizi sono molto richiesti. La professione ISCO08 OC251 “Software and applications developers and analysts” è al primo posto assoluto nel mercato del lavoro con il 6,5% del totale degli annunci in EU e al terzo posto in Italia con il 5,2% (187.401 annunci), e secondo un’indagine Excelsior del 2022 è tra le prime 5 professioni con difficoltà di reperimento (64%).

Il report cita anche un’analisi su 113.262 laureati dell’Università La Sapienza nel periodo 2008-2018, che mostra che l’occupabilità dei laureati STEM è maggiore che per tutti i laureati (75% contro 62%), che le aziende nel settore Software e servizi hanno stipulato contratti con durata media di 443 giorni rispetto a 192 del totale dei contratti, e che il 55% dei contratti per professioni informatiche è stipulato con livello “apicale” 2 (56% per le aziende di “Produzione di software”).

“Noi riteniamo che l’Italia in questo momento non stia utilizzando al meglio il potenziale di avere aziende che sviluppano software”, ha commentato in un comunicato il presidente di Assosoftware Pierfrancesco Angeleri. “Il nostro paese manca di attrattività per portare investitori sul software. Software che ha un traino di occupazione di grande qualità con un moltiplicatore di valore aggiunto nettamente superiore rispetto agli altri comparti. Quindi abbiamo voluto provare ad accendere un faro proprio con l’obiettivo di stimolare il governo e tutti gli stakeholder a fare iniziative a supporto”.