Le modifiche apportate da Microsoft alle sue licenze cloud di Windows e del suo software applicativo, entrate in vigore il 1° ottobre 2022 con lo scopo di “rendere più facile portare carichi di lavoro e licenze sui cloud dei partner”, hanno attirato l’ira proprio di quei partner cloud, alcuni dei quali hanno presentato congiuntamente un reclamo antitrust alla Commissione Europea. Il loro timore è che Microsoft stia utilizzando le nuove licenze software per limitare le aziende europee nella scelta dei fornitori cloud per servizi come la virtualizzazione desktop e l’hosting di applicazioni.

Nicole Dezen, Chief Partner Officer di Microsoft, ha descritto i cambiamenti apportati alle licenze come un modo più semplice sia per le aziende di portare il software concesso in licenza nel cloud di un partner (ad esempio l’esecuzione di applicazioni su Windows 11 su server multi-tenant), sia per i fornitori di servizi di creare e vendere soluzioni più facilmente nel loro cloud preferito.

Tuttavia, le modifiche includono anche alcune restrizioni notevoli. Le aziende, infatti, non possono spostare il loro software con licenza esistente sui cloud di Alibaba, Amazon Web Services, Google Cloud Platform, Microsoft Azure o qualsiasi outsourcer che si basa sulla loro infrastruttura, ma dovrebbero acquisire nuove licenze dal relativo servizio di hosting.

Sono state queste restrizioni a infastidire il Cloud Infrastructure Service Providers in Europe (CISPE), un’organizzazione no-profit belga i cui membri includono Amazon Web Services, una serie di società francesi di hosting web e applicazioni (di cui la più nota è OVH), Leaseweb nei Paesi Bassi e altre società di hosting nazionali e multinazionali con sede in Finlandia, Italia (Aruba.it) e Spagna.

Reclamo formale

Il 9 novembre 2022, il CISPE ha presentato un reclamo formale alla Direzione generale della concorrenza (DG Comp) della Commissione Europea, la massima autorità antitrust per i 27 Stati membri dell’Unione Europea. Secondo il reclamo, Microsoft starebbe usando la sua posizione dominante nel mercato del software di produttività per indirizzare i clienti europei verso la propria infrastruttura cloud Azure, a scapito dei fornitori di infrastrutture cloud e degli utenti dei servizi IT europei.

Microsoft sede Milano CWI Mandiant

La Commissione Europea dovrà valutare la questione in base a una procedura standard. Il primo passo di tale procedura consiste nel determinare se Microsoft detenga o meno una posizione dominante sul mercato oggetto del reclamo. Quindi, può scegliere di aprire un’indagine per verificare se Microsoft stia effettivamente abusando di tale posizione dominante. Al termine dell’indagine, la Commissione può emettere il cosiddetto Statement of Objections, al quale le parti in causa possono rispondere prima che la Commissione stessa raggiunga una decisione formale.

Tre di fila per Microsoft

Tuttavia, non si tratta del primo reclamo di questo tipo che la Commissione ha ricevuto dai rivali di Microsoft. All’inizio del 2021, il fornitore tedesco di servizi di archiviazione online NextCloud ha infatti presentato un reclamo alla DG Comp in merito all’inclusione di Onedrive in Microsoft 365. La denuncia ha successivamente ottenuto il sostegno di altri fornitori di servizi online europei diversi dai membri del CISPE. A inizio 2022 è stata poi la volta di OVH insieme ad Aruba.it e a un consorzio di fornitori di servizi cloud danesi con un reclamo congiunto sulle pratiche di Microsoft.

Dopo che questi due reclami sono diventati pubblici, il presidente di Microsoft Brad Smith ha riconosciuto la validità di alcune affermazioni e ha annunciato a maggio un piano per supportare i fornitori di cloud europei attraverso modifiche alle licenze, che sono proprio quelle entrate in vigore il 1° ottobre 2022.

Resta da vedere se questo terzo reclamo portato avanti dal CISPE porterà ulteriori cambiamenti nella posizione di Microsoft e se è vero i casi antitrust dell’Unione Europea possono comportare multe molto elevate, è altrettanto vero che il loro iter è estremamente lento. Le precedenti azioni antitrust europee contro Microsoft per il bundle di uno dei suoi prodotti all’interno di una suite software si sono infatti trascinate per anni.

Nel 2004 Microsoft ha pagato una multa di 611 milioni di dollari dopo che la Commissione Europea l’ha ritenuta colpevole di aver inserito illegalmente il suo media player all’interno di Windows XP (lanciato nel 2001); a questa prima multa si sono aggiunti 357 milioni di dollari nel 2006 e altri 1,3 miliardi di dollari nel 2008 per non aver rispettato la sentenza del 2004. Nel 2013, infine, Microsoft è stata sanzionata con una multa da 731 milioni di dollari per aver messo in bundle il suo browser Internet Explorer con Windows 7, un caso iniziato nel 2011 per un sistema operativo lanciato nel 2009.