Il service provider globale DXC Technology ha confermato ufficialmente che il suo management è stato contattato da un “financial sponsor”, con cui sono in corso discussioni preliminari e scambi di informazioni, anche se allo stato dei fatti non c’è nessuna certezza sul fatto che la trattativa possa concludersi con una acquisizione.

Secondo Bloomberg, il potenziale acquirente è la società finanziaria Baring Private Equity Asia (BPEA), che ha 10 sedi nei principali paesi asiatici, oltre che a Londra, Los Angeles e Sydney. Già qualche settimana fa Bloomberg aveva parlato di trattative in corso per DXC, senza però individuare il potenziale compratore.

Altre fonti invece indicano la private equity statunitense KKR, parlando anche di un’offerta di circa 45 dollari per azione. Al momento in cui scriviamo il titolo DXC è quotato circa 27,3 dollari, cioè ai livelli precedenti le voci di acquisizione, che inizialmente avevano portato a un calo della quotazione.

“Il management rimane concentrato sul percorso di trasformazione dell’azienda”, spiega un comunicato di DXC. “Coerentemente con la sua responsabilità di massimizzare il valore per gli azionisti, è impegnato in discussioni preliminari (con il potenzial acquirente), con cui sta condividendo informazioni”.

Tuttavia, sottolinea il comunicato, nessuna proposta formale è finora pervenuta, e non ci sono garanzie che arriverà, e che sarà considerata adeguata dal consiglio di amministrazione”.

DXC inoltre sottolinea di non essere disposta a ulteriori commenti su voci di mercato o sviluppi della trattativa “fino a quando non saranno appropriati o richiesti per legge”.

Il precedente del 2021: l’offerta di Atos da 10 miliardi respinta come inadeguata

Non è la prima volta che DXC è oggetto di voci di mercato riguardanti la sua acquisizione. All’inizio del 2021 il board della società ha ricevuto dalla multinazionale francese dei servizi Atos un’offerta definita “non richiesta”, che valutava DXC circa 10 miliardi di dollari, e l’ha respinta dopo averla esaminata con i consulenti finanziari e legali della società.

DXC aveva definito l’offerta “inadeguata e incerta, alla luce del valore che il board ritiene che DXC possa creare restando indipendente e proseguendo il suo percorso di trasformazione”. Dopo avere condiviso informazioni di alto livello per aiutare Atos a capire i motivi di questa convinzione del board, “Atos e DXC hanno convenuto di non proseguire la trattativa”.

I risultati dell’ultimo anno fiscale

DXC è nata nel 2017 dalla fusione di CSC con la divisione Enterprise Services di HPE. Al momento ha 130mila dipendenti e 6000 clienti nel mondo, con presenza in oltre 70 paesi, tra cui l’Italia. Ha chiuso il più recente anno fiscale (2022) con 16,3 miliardi di dollari di fatturato, in calo dell’8,3% rispetto al 2021 (che a sua volta era in calo del 9,4%), con utile netto di 736 milioni, contro i 146 milioni di perdite del 2021.

Il management ha attribuito alla guerra in Ucraina, e alla conseguente chiusura del business in Russia, gran parte del calo organico del fatturato (-2,6%). Più precisamente DXC stima che l’uscita dal mercato russo ha ridotto il fatturato di 140 milioni di dollari.

Per quest’anno fiscale, DXC stima un fatturato tra 14,9 e 15,05 miliardi, con un calo tra 1% e 2% della componente organica, e adjusted EBIT margin tra 8,5% e 9%, mentre per il 2024 è previsto il ritorno alla crescita del fatturato, e margine tra 10% e 11%.