ARM Holdings è ormai a pochi giorni dalla sua attesa IPO (Initial Public Offering) per quotarsi in Borsa al Nasdaq.

La specialista inglese dei microprocessori (ha sede a Cambridge) ieri ha espletato uno degli ultimi passi formali: l’invio alla SEC del “Registration Statement” necessario per tutte le società non statunitensi che vogliono quotarsi in Borsa negli USA.

Tra pochi giorni, all’inizio di settembre, sono previsti l’inizio del roadshow (il giro di presentazioni ai potenziali investitori), e la fissazione del prezzo di quotazione e degli altri dettagli tecnici della IPO.

A questo proposito l’ultima transazione azionaria, avvenuta pochi giorni fa, con cui SoftBank Group – la holding finanziaria giapponese che controlla ARM – ha acquisito da un’altra controllata il 25% di azioni ARM che ancora non deteneva, è stata valutata 16,1 miliardi di dollari. Una cifra coerente con le stime degli analisti, che si aspettano che la IPO valorizzerà la società inglese tra i 60 e i 70 miliardi di dollari.

La più grande IPO negli USA degli ultimi due anni

La quota di azioni che saranno rese disponibili al pubblico con la IPO (flottante) dovrebbe invece portare nelle casse di ARM tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. Cifra che ne farebbe secondo Bloomberg la terza IPO di tutti i tempi nel settore tech dopo quelle di Facebook nel 2012 (16 miliardi) e di Alibaba Group nel 2014 (25 miliardi).

E la più grande in assoluto degli ultimi 2 anni negli USA, dopo quella di Rivian Automotive (veicoli elettrici) che nell’ottobre 2021 raccolse 13,7 miliardi.

Il nome di ARM non è noto al grande pubblico, ma si tratta di uno dei principali operatori del settore dei microprocessori, fin dallo sviluppo dell’architettura omonima, tra gli anni ’80 e ’90.

Le sue tecnologie fanno parte di moltissimi degli smartphone e dispositivi portatili sul mercato, e sono particolarmente apprezzate per l’efficienza energetica. ARM non produce fisicamente i processori, ma vende le specifiche per progettarli e gli instruction set necessari per farli comunicare con i software che girano sui device.

Fondata nel 1990 come joint venture tra Apple, Acorn Computers e VLSI Technology, ARM è stata quotata a Londra e al Nasdaq dal 1998 al 2016, quando è stata acquisita appunto da SoftBank per circa 32 miliardi di dollari e delistata dalle Borse.

CIrca tre anni fa poi Nvidia aveva offerto circa 40 miliardi per acquisirla, ma dopo oltre un anno ha rinunciato per le forti resistenze di alcune autorità antitrust, tra cui la FTC statunitense, nonché da una parte dei clienti stessi di ARM.

Nel Registration Statement, ARM si definisce una “engineering-first company” con 4753 dipendenti (circa l’80% del personale totale) dedicati a ricerca, progettazione e innovazione, 6800 brevetti all’attivo, e altri 2700 in attesa di registrazione.

Oltre 30 miliardi di chip ARM-based consegnati in un anno

Il documento presentato alla SEC è l’occasione per apprendere in modo ufficiale diverse informazioni che ARM non era finora tenuta a comunicare, non essendo appunto quotata in Borsa. Nello scorso anno fiscale per esempio sono stati consegnati oltre 30 miliardi di chip basati su tecnologie ARM, utilizzati da oltre 260 vendor tra cui Amazon, Alphabet, Qualcomm e AMD.

Sempre nell’ultimo anno fiscale, chiuso a marzo, ARM ha fatturato 2,68 miliardi di dollari, in calo dell’1% rispetto a 12 mesi prima, con 524 milioni di utile netto (net income).

Nel settore tech, e più in generale negli ambienti finanziari, c’è grandissima attesa per gli esiti della IPO di ARM. Un andamento positivo della quotazione rilancerebbe la corsa alle IPO, non solo tech, che l’incertezza economica degli ultimi anni ha fortemente rallentato. Bloomberg parla di decine di aziende con piani di IPO in stand-by.

Quanto specificamente al settore tech, un esordio di successo di ARM sarebbe anche la consacrazione definitiva dell’AI, dopo la forte crescita di Nvidia, arrivata a valere quasi 1200 miliardi di dollari grazie al boom dell’AI generativa.

Un mercato potenziale di oltre 200 miliardi di dollari

Dall’insediamento l’anno scorso del nuovo CEO Rene Haas, infatti, ARM sta puntando decisamente ad allargare il suo ambito d’azione rispetto al mercato smartphone, verso aree in forte crescita come i chip per i data center e quelli appunto per le applicazioni di AI, che sono tra i processori più costosi e profittevoli in assoluto.

Nel prospetto inviato alla SEC, ARM specifica che il suo mercato potenziale (Total Addressable Market, TAM) include tutti i chip che contengono un processore, e quindi tutti i chip che controllano smartphone, pc, smart TV, server, veicoli e dispositivi di rete. Tale TAM secondo le stime di ARM a fine 2022 era di 202,5 miliardi di dollari – di cui il 48,9% conteneva tecnologie ARM – e crescerà mediamente del 6,8% all’anno almeno fino al 2025.

Immagine: Maurice NORBERT / Shutterstock.com