Da un anno si parla di intelligenza artificiale per qualsiasi cosa, ma nell’automazione dei processi aziendali l’AI è entrata da almeno 10 anni ed è solo uno dei componenti, anche se potenzialmente dirompente. L’approccio più sensato e conveniente è integrare la gestione dell’AI, dei dati e dei processi aziendali in una strategia unica, dove l’approccio all’AI deve essere privato (Private AI).

Questo in sintesi il messaggio di Appian, che fa automazione di processi di mestiere, al suo recente evento europeo a Londra.

Il keynote del CEO Matt Calkins all'Appian Europe 2023

Il keynote del CEO Matt Calkins all’Appian Europe 2023

“L’approccio all’AI che oggi prevale va cambiato: la massima priorità deve essere la privacy dei dati dell’azienda, e questo per molti motivi”, ha detto il CEO di Appian, Matt Calkins, nel keynote dell’evento (nella foto), davanti a 800 persone, tra cui 15 partner e una ventina di clienti dall’Italia.

Tra questi motivi ci sono la cybersecurity dei dati, la necessità di evitare che vadano ad alimentare modelli potenzialmente utilizzabili anche da concorrenti, e l’esigenza di evitare situazioni di “shadow AI” – cioè di usi fuori controllo dell’AI in azienda – per garantirsi la compliance in un periodo in cui governi e istituzioni stanno preparando regolamenti estremamente importanti su questi temi.

Cosa significa “private AI” per Appian

Nella definizione di Appian, “private AI” è l’addestramento e quindi l’uso da parte dell’azienda di algoritmi o LLM open source su set di dati propri (dati di clienti, documenti, dati di mercato, ecc.), in modo che tali dati, i modelli così formati, e i risultati delle loro elaborazioni, non escano mai dal perimetro aziendale.

“Abbiamo introdotto questo concetto di Private AI sei mesi fa, e ora ne parlano in molti, ma comunque rimaniamo ben posizionati per proporlo, per due ragioni”, ha poi spiegato Calkins in un incontro con la stampa.

“La prima è che come vendor non abbiamo un modello di business basato sull’estrazione di valore dai dati dei clienti, e quindi la nostra missione è coerente con la raccomandazione di dare la massima priorità alla privacy dei propri dati. La seconda è che per realizzare il concetto di Private AI servono delle soluzioni tecnologiche che noi offriamo: per esempio occorre un database virtuale e noi abbiamo Data Fabric.

La scelta di Amazon Bedrock

Il fatto di proporre l’AI come parte di una piattaforma completa di process automation, aggiunge Malcolm Ross, SVP of Product Strategy & Deputy CTO, è un vantaggio, perché le altre tecnologie di automazione di Appian – tra cui robotic process automation, business rules, process mining – completano l’AI e aiutano a superare i suoi limiti.

Malcolm Ross, Senior VP Product Strategy, Appian

Malcolm Ross, Senior VP Product Strategy, Appian

“Possiamo permetterci di essere agnostici, nel senso che possiamo integrare nel processo qualsiasi servizio AI, sviluppato con OpenAI, Bard o altri, ma nel contempo abbiamo degli LLM proprietari per aree non soggette a potenziali bias, come la lettura e classificazione di email e documenti. E nel 2024 avremo un LLM nativo nella nostra piattaforma, basato su Bedrock, con funzioni addizionali per esempio di training e bias detection”.

La scelta di Amazon Bedrock, precisa Ross, è dovuta alla migliore predisposizione appunto a essere integrata nella piattaforma Appian e ampliata, “anche se naturalmente manterremo l’interoperabilità con OpenAI e gli altri modelli”.

Il nuovo Copilot, un esempio di Private AI

A proposito della piattaforma Appian, all’evento di Londra è stata presentata la versione 23.4, con un nuovo Copilot per l’AI generativa, un potenziamento della Data Fabric, e ulteriori funzionalità di automazione.

“Finora avevamo un Copilot nell’interfaccia di sviluppo, ora è anche in quella dell’utente finale per le analisi su Data Fabric”, spiega Ross. “Una volta impostato un report, si può sfruttare Copilot per ottenere informazioni più approfondite, trovare nuovi spunti, e ottenere suggerimenti sulle azioni da intraprendere”.

AI Copilot, continua il SVP Product Strategy di Appian, è un tipico esempio di servizio di Private AI che protegge anche dalle fughe di dati che possono verificarsi quando si usa l’AI generativa su documenti e database interni. “C’è un’istanza di Bedrock nel container Appian di ogni azienda cliente, in modo che nessun dato o informazione possa alimentare modelli di altre aziende”.

Il percorso verso un Ebitda positivo

Fondata nel 1999, Appian ha sede in Virginia: ha circa 2300 dipendenti e oltre 900 clienti in 15 paesi (tra cui l’Italia), anche se due terzi del fatturato provengono dal mercato originario, gli USA.

Nella più recente trimestrale (chiusa il 30 settembre) ha registrato un fatturato di 137,1 milioni di dollari (+16%), con crescite del 20% nelle subscription (103,8 milioni) e del 6% nei professional services (33,3 milioni), e perdite nette di 22,3 milioni (un anno fa erano il doppio: 44 milioni) con adjusted Ebitda in negativo per 5,3 milioni. La previsione del fatturato totale per il 2023 è di 538-543 milioni, in crescita del 15-16%.

“Il dato principale è che abbiamo centrato l’obiettivo di ridurre l’adjusted Ebitda negativo sotto il 10% (del fatturato, ndr). Continueremo il nostro percorso verso un Ebitda positivo, senza rinunciare alla crescita”, ha commentato Calkins nella earning call con gli analisti.

“Appian ha fatto sostanziosi investimenti nella piattaforma, sta realizzando un’offerta di AI data-centric, e evolvendo le attività di go-to-market: dietro le quinte stiamo lavorando duramente per preparare Appian a un solido futuro”.

Appian diventa partner-driven

A proposito di go-to-market, Calkins si riferisce a una strategia di crescita molto più focalizzata sui partner, lanciata all’inizio dell’anno (“il 2023 è l’anno in cui Appian diventerà partner-driven”), di cui a Londra è stato annunciato un rafforzamento. Per il 2024 infatti il partner program “One Appian” prevede tra l’altro sconti definiti e incentivi crescenti per la registrazione delle transazioni, ulteriore supporto per le vendite, e nuovi programmi e agevolazioni per la formazione e la certificazione.

“Abbiamo 700 partner nel mondo, e siamo in un momento di cambiamento dell’approccio: ci focalizzeremo su alcuni di loro, e saremo più espliciti nelle indicazioni ai clienti su quali partner scegliere”, ha detto Calkins. “Vogliamo puntare di più su piani congiunti con i partner, in modo da conquistare nuovi clienti e portare il livello di soddisfazione di quelli attuali a livelli tali da spingerli a investire di più su Appian”.

Il canale è importante in tutto il mondo, aggiunge il CEO, “ma rispetto agli USA, in Europa siamo leggermente più partner-centric”.

Appian in Italia: “In crescita del 25% all’anno”

Considerazione particolarmente valida per l’Italia, dove Appian ha una quindicina di partner registrati, spiega Silvia Speranza, recentemente nominata Regional VP per l’Italia.

Appian Silvia Speranza

Silvia Speranza, Regional VP Appian Italia

“Abbiamo tre livelli di partner: i quattro “big” (Deloitte, EY, Kpmg, PWC) svolgono attività di advisory e di process reingeering, i global system integrator come Accenture, Capgemini e Indra implementano le nostre soluzioni, e i partner “boutique” come Key Partners, per citarne uno, affiancano i GSI nei progetti più grandi e complessi”.

Nel nostro paese, aggiunge Lorenzo Alegnani, Area VP Sud Europa, Appian ha una struttura completa con funzioni di sales, presales, customer success (cioè servizi professionali) e marketing.

Lorenzo Alegnani, Area VP Sud Europa di Appian

Lorenzo Alegnani, Area VP Sud Europa di Appian

“La struttura di professional services si chiama customer success perché deve garantire il successo del progetto nei confronti del cliente a prescindere da chi fa l’implementazione, questo senza voler fare i “controllori” dei partner, ma è estremamente importante anche per altri motivi: è una fonte di entrate, e poi ci serve a tenere vivi gli skill sul campo, perché dobbiamo ovviamente rimanere il top sul mercato delle competenze su Appian”.

Fino al 2018, l’attività di Appian in Italia era concentrata su Milano e sulle aziende private, poi con l’apertura dell’ufficio a Roma ha iniziato a rivolgersi anche alla PA.

“Da 5-6 anni le vendite aumentano del 25% l’anno, sia software che servizi, soprattutto per esigenze di automazione e compliance, e ultimamente nella PA per le scadenze serrate che impone il Pnrr”, sottolinea Speranza.

Tra i clienti italiani, si possono citare Comune di Milano, Poste, Eni, Angelini Pharma, Iccrea Banca (che ha raccontato il suo caso in una sessione dell’Appian World di Londra, ne parleremo in un prossimo articolo) e Amadori, citata proprio nel comunicato stampa della nuova versione 23.4 per l’uso di Appian nella gestione della supply chain, e in particolare nel fleet management.

“Abbiamo iniziato dal mercato finance, poi negli anni si sono aggiunti industria, energy e utility, oil & gas, farmaceutico e telco”, conclude Speranza. “Per il 2024, l’obiettivo è il settore trasporti”.