branding-top-bannerQuello della digitalizzazione, a livello di sistema Paese, è un problema di strategie su larga scala. “Con la commissione Juncker l’Europa ha presentato una roadmap molto chiara agli stati membri, ma poi deve esserci un processo dal basso”. Lo ha detto Francesca Bria, capo progetto al Nesta Innovation Lab, durante l’evento DigitalisationNOW voluto da IDC e Cisco per fare il punto sul cambio di passo nel percorso di trasformazione in senso digitale del sistema produttivo.

Per Bria, il nostro Paese è indietro per quanto riguarda la creazione di un ecosistema integrato, anche a livello infrastrutturale, ma può vantare un tessuto industriale creativo e radicato sul territorio. Pur subendo un tasso di disoccupazione giovanile più alto della maggior parte dei paesi europei, i giovani talenti hanno saputo emergere a livello internazionale in ambiti innovativi come le community di makers, legate al mondo Arduino, e il 3D printing che va sostituendo la manifattura artigianale su piccola scala. Le istituzioni e le grandi imprese fanno però ancora fatica a valorizzare questo prezioso patrimonio di talenti.

L’Italia è indietro sul digitale, ma può vantare un tessuto industriale creativo e radicato sul territorio

Eppure c’è aria di accelerazione anche sul fronte istituzionale. La riforma della PA della ministra Madia è un esempio in questo senso. Sembra prendere sul serio la questione della digitalizzazione come strumento di efficientamento e modernizzazione, non per singoli progetti o settori specifici, ma come modello per il rinnovamento del paese. Se saranno rispettate le tempistiche che prevedono l’identità digitale per tutti i cittadini e l’approccio digital first entro il 2017, l’Italia potrebbe finalmente recepire, a tutti i livelli e per tutti gli strati sociali, il cambiamento culturale che buona parte dell’Europa ha già colto con successo.

Sul fronte infrastrutturale c’è comunque ancora molto da fare, con un territorio che resta difficile da coprire e un digital divide ancora marcato. Malgrado ciò, l’atmosfera collaborativa da parte delle istituzioni sta riportando anche nelle imprese internazionali la voglia di investire in Italia. E c’è chi nel nostro Paese non ha mai smesso di investire, come Cisco, che dopo aver mostrato con l’Expo 2015 com’è possibile far funzionare la tecnologia più avanzata al servizio delle grandi aree urbane, ha annunciato la sua volontà di rimanere in prima linea tra coloro che hanno fiducia nell’uscita dello stivale dalle secche della crisi.

Lo ha detto chiaro l’AD di Cisco Italia, Agostino Santoni, valutando come quella attuale sia una straordinaria opportunità da cogliere al volo, sul quale la società, in collaborazione con il Governo, ha annunciato 100 milioni di dollari di investimenti nei prossimi tre anni.

Cisco ha annunciato un piano di investimenti in Italia da 100 milioni di dollari nei prossimi tre anni

E non è un caso che il primo step di questo investimento sia rivolto all’altro elemento, strategico per il cambiamento, in cui siamo rimasti pericolosamente indietro: quello dell’istruzione. I soldi serviranno infatti a sviluppare ulteriormente la collaborazione tra il MIUR e le Cisco Networking Academy per far crescere le competenza digitali nella scuola italiana, formando gli studenti nei settori delle reti, della cybersecurity, dell’industry 4.0 e delle smart grid. Il secondo passo punterà a finanziare le startup attraverso Invitalia Ventures, la Sgr del Ministero dell’Economia, con la consapevolezza di quale importante impatto il rilancio dell’economia digitale potrebbe avere sul Pil e sull’occupazione.

Per ulteriori informazioni: Cisco.com