Qualche settimana fa abbiamo approfondito le 5 strategie con cui i distributori ICT europei stanno affrontando la trasformazione digitale secondo IDC. Una di queste è il distributore di nicchia, che, citando IDC, “lavora quasi come un’agenzia, con pochi vendor in esclusiva, curando per loro ricerca dei partner, formazione, demand generation, supporto tecnico”.

In pratica questo è il ritratto di Achab, distributore milanese specializzato in sicurezza, email, network management e business continuity per PMI. Al CEO di Achab, Andrea Veca, abbiamo chiesto qualche considerazione sul ruolo del distributore oggi e sulle prospettive per il futuro.

Achab è nata nel 1994, e dal 2006 si è concentrata sulla distribuzione. “In effetti siamo un distributore di nicchia. Sia per le dimensioni: siamo circa 30 persone, e nel 2019 abbiamo superato i 9 milioni di fatturato, crescendo del 18%, con obiettivo per quest’anno di superare 11 milioni. E sia soprattutto per il modello di business, molto diverso da quello dei colossi del settore”.

Le tipiche attività del distributore, continua Veca, sono evangelizzazione, marketing, formazione, acquisizione ordine, logistica, supporto post-vendita. “I grandi distributori ne fanno solo alcune, ma in grande scala, per lo più acquisizione ordine, finanziamento, e logistica. Tutto il resto è fatto dal vendor. Noi, non potendo competere sui volumi, le facciamo tutte. In un certo senso facciamo da rappresentanti locali del vendor, anche se non ci sono legami societari. Ed essendo un compito molto oneroso, lavoriamo con pochi vendor: una decina”.

I tre canali per la ricerca dei vendor

Vendor che Achab cerca in tre modi. Il nostro Chief Portfolio Officer dedica un 30% del suo tempo allo scouting di nuove tecnologie. Poi facciamo affidamento sugli spunti e suggerimenti da una “rete” di distributori esteri con il nostro stesso approccio. E inoltre frequentiamo all’estero user conference dei vendor ed eventi dedicati per MSP, da cui nascono molte opportunità. Una volta trovato un candidato poi iniziamo a valutare la tecnologia e l’opportunità commerciale in Italia”.

Per scelta, Achab tratta solo vendor che offrono soluzioni alternative a quelle più note e diffuse, “in modo che i nostri clienti possano differenziarsi dalla concorrenza ed erogare servizi di buona qualità ottenendo buoni margini”. Per clienti, Veca intende fornitori di servizi IT per PMI, con un’incidenza sempre più alta di MSP, Managed Service Provider. Quelli che fanno almeno un ordine all’anno sono 1700, ma il 75% del fatturato proviene da 400 clienti che fanno almeno un ordine al mese.

“Quanto al concetto di buoni margini, è importantissimo perché storicamente la redditività delle aziende di servizi per PMI è bassa: c’è un circolo vizioso per cui i servizi sono di qualità discutibile, il cliente – che non capisce i dettagli tecnici dei servizi che paga, ma vede che funzionano mediamente male – è sempre più insoddisfatto e quindi riluttante a investire, il fornitore abbassa la tariffa dei servizi e quindi la qualità, e così via”.

Perché il modello tradizionale dei servizi IT non funziona

Per questo Achab è sempre più orientata verso operatori MSP, che hanno modelli di business molto diversi da quello tradizionale, basato su servizi pagati a consumo, che si erogano al momento del bisogno. “L’esempio più significativo, visto che i nostri clienti tipicamente forniscono servizi di gestione dell’infrastruttura IT – è l’intervento di riparazione di un sistema che si è guastato”.

Questo modello break/fix, continua Veca, genera dinamiche negative sia per il cliente che per il fornitore. “Per il cliente il guasto è solo il culmine di un periodo in cui il sistema forniva prestazioni in decadimento. Inoltre il fornitore viene appena può, cura il sintomo ma non ha tempo di capire la causa scatenante. E quindi si perpetua il circolo vizioso”.

Quanto al fornitore, “la sua agenda è dettata dalle emergenze dei clienti, e organizzare le risorse in questa situazione è difficilissimo. Inoltre ha obiettivi opposti rispetto al cliente: più problemi hanno i clienti, più aumenta il suo business. E poi è un modello difficile da scalare: se vuoi raddoppiare il fatturato devi almeno raddoppiare le ore, e quindi le risorse impiegate”.

“MSP, un nuovo modello di business, ma anche tecnologico”

Il modello MSP è pensato per superare questi difetti. Il suo obiettivo è mantenere le prestazioni del sistema gestito entro un range accettabile attraverso piccoli interventi e miglioramenti molto frequenti sul sistema. “Non si pagano le ore di intervento: si paga un canone, una tariffa fissa mensile che rispecchia l’impegno quotidiano del fornitore. Se nonostante il lavoro di prevenzione qualcosa si rompe, l’MSP interviene e ripara senza chiedere nulla al cliente: l’intervento è compreso nel canone. Questo significa che gli obiettivi sono allineati: un problema del cliente è un problema anche per il fornitore, che deve impegnare in modo non preventivato una risorsa per la riparazione”.

Quindi l’MSP è un modello di business nuovo, ma anche un modello tecnologico nuovo, perché il mantenimento e miglioramento continuo si basa su attività a basso valore aggiunto che è logico affidare a soluzioni di automazione, continua Veca, e questo introduce un altro beneficio chiave del modello MSP, la forte scalabilità.

“Se ho 100 macchine Windows 10 standard, una volta che definisco cosa fare su una, faccio lo stesso in automatico sulle altre 99. Insomma in teoria gestire una macchina o 100 costa praticamente lo stesso”. Ovviamente non è tutto così lineare. “È sensato che un solo tecnico possa arrivare a gestire 400-500 endpoint. Ma se voglio passare da 500 a 1000 macchine dovrò assumere un altro tecnico e raddoppiare i costi”.

Nella realtà quotidiana italiana, riconosce Veca, “per ora non credo che esistano MSP “puri”: una quota di servizi a consumo ce l’hanno tutti. Ma negli ultimi 18-24 mesi la curva d’adozione è cresciuta sensibilmente, e penso che oggi un 20% dei fornitori di servizi IT in Italia abbia una parte di attività MSP, con tariffazione a canone: parlo soprattutto di servizi di monitoraggio e sicurezza perimetrale, e di gestione dei server”.

Formazione a tutto campo: dalla gestione aziendale alla lead generation

Infine nel futuro della distribuzione ICT Veca vede un calo dell’importanza della logistica e dei finanziamenti. “L’area con più opportunità è la formazione: non tanto sulle specifiche tecnologie, questa la do per scontata, ma su tutto ciò che sta intorno: sui nuovi modelli di business a canone, sui processi di gestione aziendali specifici, nel nostro caso di aziende MSP. O su come funziona la lead generation: al cliente per esempio va spiegato bene che l’output che gli arriva è una lista di nomi e indirizzi, e non degli ordini di acquisto”.

Altri ambiti su cui Veca vede una forte esigenza di formazione sono la strutturazione dei processi aziendali e dell’offerta, e la misurazione delle performance con KPI e relativi strumenti. “All’edizione 2019 del nostro evento Achab MSP Day, quasi tutti i 300 partecipanti nei feedback form ci hanno chiesto formazione specifica. Abbiamo deciso di fare una giornata dedicata a pagamento, MSP Day Symposium, che si svolgerà il 7 febbraio, con due temi: gestione aziendale e modelli di business specifici per MSP la mattina, e al pomeriggio come impacchettare e quotare i servizi da offrire. In 3 giorni abbiamo avuto 70 iscritti”.

“Il cloud si è affermato da anni, ma siamo ancora qui”

Molti all’avvento del cloud, ricorda Veca, avevano previsto la scomparsa dell’intermediazione, e in particolare dei distributori, “e invece il Cloud ormai si è affermato da anni, e siamo ancora qui”.

“A parte quella decina di colossi dell’ICT che tutti conoscono, ci sono migliaia di vendor che hanno bisogno di farsi conoscere anche dalla srl della provincia più sperduta. È ancora fondamentale la prossimità, e i distributori assicurano prossimità”.

Anche per i prodotti cloud più diffusi e standard, come Office 365, conclude il CEO di Achab, “si impara presto che non basta pagare con la carta di credito e avviare il sistema. A contorno ci sono tante questioni di sicurezza, backup, business continuity, che richiedono competenze specialistiche. Il cloud non funziona da solo. È una modalità di delivery, ma il resto non è cambiato: la PMI ha bisogno che le sue business application funzionino bene, e che l’infrastruttura su cui girano funzioni bene. E di queste cose non può occuparsi da sola”.