La digitalizzazione in ambito B2b in Italia sta attraversando forti cambiamenti. La pandemia ha aumentato la consapevolezza delle imprese rispetto alla necessità di investire in digitale per garantire continuità operativa e aumentare la propria competitività, ma resta ancora bassa la percentuale di imprese che sta puntando in modo deciso sulla digitalizzazione delle relazioni B2b. Sette aziende italiane su dieci (tra grandi realtà e PMI) hanno intenzione di investire in questo ambito, ma appena il 17% investe una quota significativa del proprio fatturato, tra il 2% e il 5%.

L’eCommerce B2b, inteso come il valore delle transazioni in cui l’ordine viene scambiato in formato digitale, ha raggiunto nel 2021 453 miliardi di euro (+12% rispetto al 2020), pari al 21% delle transazioni B2b totali italiane. Dopo l’anno della pandemia, l’indicatore riprende a crescere in valore assoluto e aumenta dell’1% la sua incidenza sul fatturato italiano complessivo.

Crescono inoltre del 50% rispetto al 2020 le transazioni tramite Marketplace B2b, percentuale costantemente in crescita negli ultimi 3 anni. Queste piattaforme sono in grado di allargare le relazioni all’intero ecosistema a cui l’azienda appartiene, includendo in un unico spazio virtuale diverse tipologie di attori, provenienti da differenti settori merceologici e geografie.

Questi sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano presentata nei giorni scorsi durante il convegno Digital B2b: dal sistema all’ecosistema.

“Diverse tendenze stanno guidando il B2b verso logiche di ecosistema” spiega Paola Olivares, Direttore dell’Osservatorio Digital B2b. “Innanzitutto, si evidenzia la migrazione delle tecnologie abilitanti l’eCommerce B2b da sistemi chiusi generatori di efficienza a strumenti aperti in grado di migliorare l’efficacia e di coinvolgere l’intero ecosistema in cui le imprese sono inserite; poi lo sviluppo di sistemi capaci di garantire una maggiore automazione di processo, una migliore collaborazione tra attori e un aumento della sicurezza delle transazioni; e ancora il commitment a livello europeo nella realizzazione di un sistema unico e armonizzato di fatturazione elettronica che garantisca interoperabilità nello scambio documentale tra Paesi membri. Queste dinamiche si stanno sviluppando in un contesto cross-settoriale e internazionale che rende necessaria una profonda revisione delle logiche di funzionamento dell’impresa”.

Le tecnologie per l’eCommerce B2b

L’EDI (Electronic Data Interchange) si conferma una tecnologia trainante per lo scambio strutturato delle informazioni in ambito B2b, anche se la sua crescita rallenta a causa dell’ingresso di altre soluzioni a supporto dei processi tra privati. I Portali B2b sono attivati dal 13% delle imprese italiane e, da semplici siti per caricare documenti o fare data entry, sono negli anni diventati dei veri e propri “hub” in cui far confluire tutti i documenti del ciclo esecutivo indipendentemente dal canale su cui questi sono scambiati. Il 12% delle imprese italiane possiede un sito proprio su cui i clienti possono visionare o acquistare prodotti. Questo strumento, molto più diffuso in ambito B2c, ha iniziato a interessare anche le imprese B2b a seguito della pandemia.

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Le startup

A livello mondiale, sono 165 le startup che si occupano dell’innovazione di uno o più processi di Digital B2b e hanno raccolto quasi 2 miliardi di dollari di finanziamento. Il 40% di queste supporta il ciclo esecutivo, con soluzioni in grado, ad esempio, di efficientare l’elaborazione, l’invio e la ricezione di ordini. Importante inoltre anche il cluster di startup che si occupa di pagamenti B2b, che si sta focalizzando su innovazione di processo (ad esempio, visibilità real-time sui flussi di cassa) e di strumenti di pagamento (wallet o gateway di pagamento). Aumentano i progetti a supporto dell’eSupply Chain Collaboration (32% delle startup censite, era il 15% nel 2018) sia per lo sviluppo di nuovi prodotti, che per il supporto a processi di marketing, comunicazione e post-vendita. Poca enfasi, invece, sul processo d’acquisto (28% delle startup censite), che vede un impiego sempre più pervasivo della blockchain, ad esempio al fine di negoziare, firmare, archiviare e tracciare i documenti con un elevato livello di sicurezza.

La Blockchain

A livello italiano l’utilizzo di blockchain e tecnologie a registro distribuito a supporto di processi di relazione tra cliente e fornitore è ancora sporadico. Solo il 4% delle aziende ha infatti avviato progetti di questo tipo, ma la creazione di ecosistemi B2b si sta strutturando anche sulla base di queste tecnologie. Circa il 14% delle aziende ha avviato progetti o ha intenzione di farlo entro il prossimo anno. I principali ambiti di applicazione sono la tracciabilità di prodotto, lo scambio di documenti in formato digitale e la gestione di dati interni. Questi ecosistemi sono al momento popolati principalmente da grandi aziende che stringono accordi con altri attori della filiera per progetti congiunti, guidati dall’esperienza di società di consulenza e fornitori tecnologici che supportano le aziende nel rimodellamento dei processi e dei flussi informativi.

Le tendenze in ambito B2b

Tra le tendenze a livello B2b si evidenzia una forte attenzione al miglioramento della relazione con il cliente business, soprattutto a seguito dell’emergenza pandemica e un sempre più alto interesse verso la valorizzazione dei dati aziendali. Questa esigenza non si sta, però, ancora tramutando in effettiva azione. Solo un’azienda su cinque ha, però, attivato una collaborazione con i propri clienti attraverso lo scambio di informazioni strategiche. La gran parte delle aziende, invece, si limita a uno scambio di informazioni di natura tecnica e/o commerciale. Questa immaturità deriva da un percorso ancora in essere all’interno delle aziende sia a livello organizzativo (il 34% delle aziende registra una piena integrazione tra le diverse funzioni aziendali che hanno contatto con il cliente), sia a livello tecnologico (il 39% possiede un’infrastruttura tecnologica in grado di integrare dati presenti in vari database). Solo il 15%, tuttavia, si è mosso in entrambe le direzioni mostrando, almeno a livello teorico, una maturità superiore.

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La fatturazione elettronica in Europa

La fatturazione elettronica in Italia è, ormai, un processo stabile e consolidato e preso come esempio da molti stati europei che stanno guardando con interesse all’introduzione dell’obbligo. Da luglio 2022, l’obbligo nel nostro Paese si estenderà anche ad alcune categorie di imprese in regime forfettario. questo è un ulteriore passo avanti nella lotta all’evasione e nella digitalizzazione del nostro Paese. Per quanto riguarda la situazione a livello europeo, la Commissione Europea sta provando a disegnare una soluzione unificata di fatturazione elettronica che garantisca interoperabilità tra gli Stati membri e permetta di monitorare il gap IVA, molto aumentato a seguito della pandemia. Se il formato della fattura sembra essere consolidato, siamo lontani da un suo reale utilizzo, almeno a livello italiano.

Dal 1° aprile 2022, però, sono in vigore le nuove regole tecniche relative alla gestione delle fatture europee volte a garantire una piena rispondenza tra il formato FatturaPA e quello europeo. La principale criticità è la sostanziale non uniformità tra gli Stati membri rispetto alle procedure, alle informazioni da inserire in fattura e ai canali di trasmissione attivi per gli obblighi a livello nazionale che impongono alle imprese di doversi accordare volta per volta con i clienti business e le Pubbliche Amministrazioni riceventi. Tra i modelli di dichiarazione e fatturazione elettronica più diffusi troviamo il modello decentralizzato, presente in 19 dei 30 Paesi analizzati dall’Osservatorio, quello centralizzato, analogo a quello presente in Italia e utilizzato in 12 paesi e il modello reporting dei dati delle fatture che, similmente a quanto veniva fatto in Italia con lo spesometro, prevede di comunicare all’amministrazione fiscale i dati della fattura o un suo sottoinsieme (attivo in 11 Paesi).

L’Osservatorio propone un sistema ibrido che combina il sistema centralizzato e quello decentralizzato provando a cogliere i benefici di entrambi i modelli. Il primo favorisce una efficace lotta all’evasione fiscale, il secondo interoperabilità tra i diversi Stati membri. Nel modello ibrido, il fornitore italiano trasmette la fattura elettronica al proprio provider tramite il canale e secondo il formato concordato tra le parti. Il provider converte il formato e lo trasmette all’Agenzia delle Entrate, utilizzando eventualmente anche la rete Peppol. L’Agenzia delle Entrate, una volta eseguiti i controlli e acquisiti i soli dati necessari a monitorare le transazioni, invia una notifica di accettazione al provider che invia la fattura tramite rete Peppol al provider estero, il quale recapita la fattura elettronica all’acquirente, tramite il canale e secondo il formato concordato tra le parti. Tale architettura non è da intendersi come obbligo a livello europeo, in quanto deve essere data la facoltà agli Stati membri di scegliere quale modello adottare con riguardo alle operazioni interne.