Quali impatti economici avrà la pandemia provocata dal Coronavirus sui settori ICT e sui relativi canali di vendita indiretta, e quali tendenze si prospettano per il post-crisi? Jay McBain, Principal Analyst, Channel Partnerships & Alliances di Forrester, ha cercato di dare alcune risposte in un post sul blog della società di analisi, approfondendo tre possibili scenari.

Nel primo scenario, il meno grave ma a questo punto il meno probabile, il mercato ICT globale rallenterà di circa il 2% nel 2020, il che significa declino nel primo semestre e ripresa già nel secondo semestre, e una perdita di fatturato realizzato attraverso il canale di 47 miliardi di dollari.

Forrester stima per l’hardware un calo del 5-10%, per i servizi di consulenza e system integration crescita piatta o al peggio un calo del 5%, e per il software una crescita tra zero e 4%, mentre i comparti meno toccati sarebbero tech outsourcing, servizi gestiti e servizi di telecomunicazione. In termini di scenario competitivo, tutto ciò comporterebbe un leggero aumento dei fallimenti e delle acquisizioni “forzate”, cioè sollecitate da operatori in forte crisi di liquidità costretti a farsi acquisire per non scomparire.

Forti problemi per un operatore su 4, ma una parte dell’ICT cresce

Nel secondo scenario, che secondo Forrester ha un 50% di probabilità, il declino del mercato ICT globale nel 2020 andrà oltre il 2%, il che significa recessione, e conseguenze tangibili – bilanci in rosso o grossi problemi di liquidità – per una notevole parte degli operatori di canale: fino al 25% dei reseller, VAR, ISV, e MSP (managed service provider) di tutto il mondo ne sarà colpita. Una situazione che McBain paragona a quella della crisi economica del 2008, anche se con cause completamente diverse.

L’unica nota positiva in questo scenario riguarda il continuo aumento della domanda per alcuni comparti del mercato ICT: servizi cloud infrastrutturali, software e hardware per applicazioni UCC (Unified Communication and Collaboration), servizi di telecomunicazione. Insomma tutte le tecnologie connesse all’home working e alla didattica e formazione professionale a distanza.

McBain qui cita gli impressionanti numeri dell’UCaaS (unified communication as-a-service) in questo periodo: 12 milioni di nuovi utenti per Microsoft Teams, 7mila nuovi clienti di Slack, 5,5 miliardi di minuti di riunioni online gestite su Cisco Webex nei primi 11 giorni di marzo (3,2 milioni di riunioni al giorno), senza trascurare Zoom che nel Q1 2020 ha raccolto più nuovi utenti che in tutto il 2019.

Infine c’è lo scenario peggiore, che dal punto di vista sanitario comporta strascichi anche nei prossimi anni e milioni di morti: se si verificasse, ovviamente avrebbe effetti devastanti sull’economia, sull’industria ICT, e di conseguenza sul canale ICT. “Questo scenario è impossibile da quantificare – scrive McBain – e darà origine a una nuova generazione di modelli di business”.

C’è già un “new channel normal”

Se al momento è impossibile capire quale di questi scenari si realizzerà, ci sono però delle nuove  dinamiche che comunque possiamo dare per acquisite, avverte l’analista Forrester. Tra queste:

– i vendor e i loro partner di canale avranno inevitabilmente cali di fatturato, almeno nel breve termine, con l’eccezione di quelli implicati nei settori connessi all’ UCC appena visti.

– anche in un momento come questo c’è un elemento positivo per il canale ICT: il suo ruolo di “servizio essenziale”, indispensabile per dare voce alle esigenze degli utenti finali in questa emergenza, e di “community” che esalta l’utilità dei servizi e del supporto locali.

– c’è già adesso un “new channel normal”, cioè un insieme di nuove procedure e best practice che rende il canale più agile, reattivo e cross-funzionale di prima, e che può accelerare il declino di chi non le adotta.

– molti dei milioni di nuovi “smart worker” provocati dalla pandemia, tra cui gran parte del personale degli stessi operatori del canale, continueranno almeno in parte a lavorare da remoto anche dopo l’emergenza: l’incremento della domanda di hardware e di software specializzati che hanno generato è da considerare un trend definitivo, almeno in parte.

– il canale si sta trovando e si troverà ancora di più tra l’incudine e il martello: da una parte gli operatori sperimentano grandi problemi di supply chain, e quindi di carenza di prodotti da consegnare, e minore produttività interna, dovuta a distanziamento sociale, e assenze per malattia e quarantena. Dall’altra i clienti nel canale e le aziende utenti in difficoltà nel dare continuità alla propria operatività, chiedono livelli di servizio, almeno sui tempi di deployment, ancora più alti del normale.

McBain conclude con alcune raccomandazioni agli operatori di canale. Tra queste una è di porre attenzione alle risorse interne, in particolare ai talenti e agli specialisti con le certificazioni più richieste, perché quando il mercato rimbalzerà è molto probabile un’ondata di reclutamento da parte dei grandi player.

Un’altra è che al di là degli enormi problemi contingenti provocati da questa emergenza, ci sono alcune priorità a lungo termine che rimangono valide. Tra queste le necessità di spingere i clienti verso infrastrutture cloud e verso l’automazione della gestione dei workflow, di saper proporre soluzioni di sicurezza all’altezza dei cyberattacchi di ultima generazione, di proporre soluzioni di disaster recovery in grado di far fronte anche a situazioni come quella in corso, e di potenziare la componente di business consulting, anche per supportare i clienti nelle strategie di rilancio post-emergenza.