In un momento in cui moltissime aziende sono impegnate nella trasformazione digitale, anche Citrix è in un periodo di transizione verso un nuovo modello di business basato sulle subscription e sulle entrate ricorrenti. Ma anche in questa nuova fase, ha detto il CEO David Henshall in una recente intervista, il canale per Citrix continua a giocare un ruolo fondamentale. “Stiamo andando oltre quello che abbiamo sempre tradizionalmente fatto (la virtualizzazione desktop, ndr), e stiamo investendo per permettere ai nostri partner di lavorare con i clienti finali a un livello più alto, di discutere con loro di supporto alla trasformazione del business, anziché delle caratteristiche del singolo prodotto”.

Con Fabio Luinetti, Country Manager di Citrix per Italia e Malta, abbiamo parlato di questi sviluppi e degli impatti sulle strategie di canale di Citrix in Italia. “In Italia abbiamo alcune centinaia di partner certificati, e quello che stiamo cercando di fare è creare un ecosistema che ci aiuti a portare le nostre soluzioni sul mercato non in termini di sola rivendita, cioè con focus sulla transazione, ma in termini di implementazione, di progetto, con modelli sempre più orientati alle subscription”, spiega Luinetti. “Questo perché Citrix sta ampliando la sua offerta oltre la VDI, da sempre il nostro punto di forza, e offre anche soluzioni di sicurezza e networking, fino alla recente acquisizione di Wrike che fa software-as-a-service per il collaborative work management”.

Quali attività state portando avanti in questo momento per il canale italiano?

Stiamo aumentando l’attenzione verso i grandi system integrator, sia quelli globali come per esempio Accenture, Atos, Deloitte, sia quelli più legati all’Italia come per esempio Reply, Engineering e Lutech, proprio con l’intento di incentivare il passaggio dal focus sulla transazione a quello sull’implementazione.

Un’iniziativa importante da poco avviata è “Get smart with Citrix” insieme a Computer Gross, una piattaforma end-to-end dalla formazione e certificazione dei partner a tutta la parte di deployment. L’idea è avere un programma strutturato insieme a un distributore che consenta ai partner di evolvere nelle competenze e di essere supportati in progetti complessi e/o nuovi per loro, e a noi di reclutare nuovi tipi di partner, a cominciare dagli operatori cloud-native.

Quali caratteristiche deve avere un nuovo partner per Citrix oggi?

Per noi in questo momento il canale è determinante soprattutto nell’ottica delle competenze e della capacità di proporre soluzioni che vadano oltre la VDI. L’intenzione è lavorare con un minor numero di partner su un maggior numero di soluzioni, o in altre parole con partner che sappiano proporre soluzioni end-to-end.

Abbiamo un modello di vendita 100% partner driven, e a parte i grandi clienti e qualche media impresa, seguiti da account interni, copriamo il territorio affidando ciascuna zona geografica a un territory manager, che gestisce la sua strategia commerciale insieme ai partner. Per noi è sempre più importante che il partner sia il nostro braccio operativo sul territorio e sappia proporre le nostre soluzioni autonomamente, con eventuale nostro supporto nelle trattative commerciali. Stiamo cercando partner di questo tipo.

Inoltre, visto che ormai vendiamo soltanto a subscription, sia cloud che on-premise, abbiamo bisogno di partner che affianchino il cliente nell’implementazione e lo seguano con continuità anche dopo, facendo cross-selling e vendendo servizi, in modo da favorire il rinnovo della subscription, anno dopo anno.

E poi oggi l’approccio mono-stack – tutto Microsoft, tutto IBM, ecc – non ha più molto senso: le problematiche dei progetti cloud, di sicurezza o di integrazione applicativa si pongono sempre entro scenari eterogenei, multivendor. Per questo per noi è importante puntare su partner che non abbiano solo competenze Citrix, ma che, se parliamo di un progetto cloud, abbiano anche certificazioni Amazon, Google o Microsoft, e così via. Insomma partner con competenze di system integration che vadano oltre il singolo brand.

Quale è stato l’impatto sul canale Citrix dell’esplosione dello smart working?

La pandemia ha avuto un effetto positivo sulle nostre vendite e sull’adozione dello smart working. Gli improvvisi lockdown l’anno scorso hanno costretto le aziende a iniziative reattive di emergenza. La facilità di erogare servizi cloud ha permesso di rispondere bene, poi piano piano si è lavorato sul consolidamento, e ora si sta andando a regime, capitalizzando gli investimenti iniziali e ricavandone del valore. I partner oggi stanno lavorando su questa “fase 2” di razionalizzazione dei progetti, e di revisione dei relativi processi nell’ottica del lavoro ibrido permanente.

L’altro tema che sta emergendo anche come opportunità per i nostri partner è la sicurezza. Tutte queste implementazioni durante l’emergenza sanitaria, in molti casi fatte velocemente, hanno aumentato le superfici d’attacco. Oggi molti partner stanno erogando anche servizi di assessment e consulenza su strategie e infrastrutture di sicurezza.

Qual è il suo punto di vista sull’andamento del mercato?

Negli ultimi due mesi vedo molta prudenza: tutti i comparti – piccole e grandi aziende, pubblico e privato – stanno cercando di capire cosa succederà. Tutti parlano di PNRR. Vediamo sicuramente un trend positivo, ma non è ancora chiaro quanto arriveranno queste risorse, come ci si potrà accedere, insomma quali saranno gli elementi attuativi. E come sempre in questi casi, le decisioni di investimento sono messe in stand-by.

Stiamo parlando con diversi partner per definire un approccio comune per alcuni scenari verticali, e anche nell’ottica di definire proposte scalabili verso il basso, perché le grandi aziende e organizzazioni hanno già strutture e team che si occuperanno del PNRR, mentre il tema centrale è dare al canale gli strumenti per aiutare le PMI e piccoli enti pubblici ad accedere a queste risorse e sfruttarle per progetti di digitalizzazione.

A parte il discorso PNRR, è difficile prevedere come evolverà la situazione. I settori economici sono stati impattati in modi molto diversi, e i modelli di lavoro ibrido vanno ancora consolidati, dal punto di vista organizzativo e contrattuale. È un momento assolutamente positivo, ma con molti elementi di incertezza, come è normale dopo un periodo così eccezionale.