“L’evento che si è chiamato negli anni Open World e poi Cloud World”, ha spiegato l’amministratrice delegata di Oracle Italy Carlota Alvarez aprendo l’incontro. Il cambio di denominazione non è solo un tentativo di cavalcare la buzzword di moda, ma secondo Alvarez “AI World è il nome che meglio ci definisce oggi”, ricordando che secondo lo stesso fondatore Larry Ellison, intervenuto dal palco di Las Vegas, questa rivoluzione sarà più importante e più pervasiva di quanto ha rappresentato l’avvento di Internet più di vent’anni fa.

Carlota Alvarez, Country Manager e AD Oracle Italy

Carlota Alvarez, Country Manager e AD Oracle Italy

Il vero elemento distintivo della strategia Oracle emerge dalla pervasività dell’intelligenza artificiale nell’intero stack tecnologico. “L’AI è integrata nativamente in tutto il nostro stack tecnologico che va dall’infrastruttura cloud al mondo applicativo passando dal database”, afferma Alvarez.

Quindi, sebbene Oracle non abbia un suo LLM proprietario, punta a fornire tutte le altre tecnologie necessarie sulla catena che dall’infrastruttura arriva alle applicazioni.

Questo approccio rappresenta, secondo il management, il principale differenziatore rispetto ai competitor o partner tecnologici. Oracle rivendica quindi un vantaggio competitivo che deriva dalla propria natura di “data company”: l’AI è già vicina ai dati, eliminando complessi processi di migrazione, integrazione e adattamento e le derivanti complicazioni per la governance.

Larry Ellison Chairman e CTO di Oracle, sul palco di AI World 2025

Larry Ellison Chairman e CTO di Oracle, sul palco di AI World 2025

In un altro punto chiave del suo intervento, Ellison aveva rimarcato che più che sviluppare modelli AI, le aziende dovrebbero preoccuparsi di applicare al meglio i modelli generali ai propri dati, vero elemento differenziante rispetto alla concorrenza. Ed è su quel fronte che Oracle intende giocare la sua partita, lavorando per permettere di colmare quel gap che esiste tra il 70-80 percento di aziende che vorrebbero utilizzare l’AI e investirci, e il 3% di quelle che davvero la utilizzano nei propri processi, secondo quanto emerge da alcune indagini.

La proliferazione degli agenti AI e il modello “open”

I numeri presentati dal Country Leader Applications Private Sector, Giovanni Nubile, testimoniano un’accelerazione impressionante. “Lo scorso anno al Cloud World erano stati annunciati 50 agenti. Nel corso dell’anno ne abbiamo sviluppati 400 e soltanto lunedì, durante l’hackathon, ne sono stati ideati 106”, spiega. L’obiettivo dichiarato è raggiungere quota 600 agenti entro la fine dell’anno.

Esistono diverse interpretazioni su cosa sia un agente AI, ma per Oracle si tratta di acceleratori di processo integrati nelle applicazioni, capaci di compiere azioni, fornire supporto o suggerimenti contestualizzati e specializzati in base al ruolo assegnato all’agente (HR, finanza, marketing…).

Nonostante il cambio di nome dell’evento, Oracle non rinnega i principi che hanno ispirato l’Open World, e rilancia un ecosistema aperto in cui il cliente può selezionare diversi language model, siano essi as-a-service come OpenAI, Gemini o Cohere, o soluzioni open source come Llama eseguite localmente. Ecco quindi che non imporre un proprio modello, ma permettere di scegliere tra “i migliori LLM sul mercato” come li definisce Luca Vellini, Country Leader Applications Public Sector, diventa un valore e non un limite.

L’apertura si estende anche sul fronte dati, con l’AI Autonomous Lakehouse basato su Apache Iceberg, già interoperabile con altri vendor come Databricks. “Un tempo servivano mega progetti di integrazione per travasare i dati da una tecnologia all’altra. Aver abbracciato protocolli open vuol dire permettere ai clienti di avere un time to market veloce”, dice Lanfranco Brasca, Senior Director Cloud Engineers Italy Lead.

Dal progetto pluriennale all’adozione incrementale

Oracle propone anche un cambio di paradigma nelle implementazioni: “Vediamo tanti clienti italiani si stanno riavvicinando a progetti AI dopo che vecchie iniziative erano fallite, perché basate su progetti così grandi che miravano a un traguardo troppo lontano”, dice Nubile. Il nuovo approccio si basa su un’adozione progressiva, guidata dalla scelta di soluzioni rilasciate ogni trimestre nel Marketplace delle applicazioni Fusion e già pronte all’uso. Questo modello si contrappone alle implementazioni tradizionali che, dalla firma al progetto potevano impiegare anni, spesso cambiando anche gli interlocutori aziendali.

Se poi l’offerta di agenti AI pronti all’uso presenti nel marketplace non fosse sufficiente, Oracle può disporre di 32.000 esperti certificati per l’ambiente di sviluppo rapido Oracle AI Agent Studio, che possono aiutare anche le medie imprese ad adottare l’intelligenza artificiale senza necessariamente passare attraverso lunghi e costosi progetti di integrazione.

Oracle AI World 2025

L’infrastruttura cloud come fondamenta

Sul fronte infrastrutturale, Oracle rivendica primati in termini di performance, sicurezza e scalabilità. “Si è dimostrata la più potente, la più sicura, la più scalabile per la gestione della grande quantità di dati richiesta dall’artificial intelligence”, afferma Alvarez, portando come referenza niente meno che Peter Hoeschele, Vice President per l’infrastruttura di OpenAI, che ha raccontato di come la Oracle Cloud Infrastructure sia stata in grado di fornire in pochissimo tempo l’enorme capacità di calcolo di cui OpenAI aveva urgente bisogno per il lancio di un nuovo modello.

Democratizzare l’intelligenza artificiale

Un tema ricorrente nell’incontro è stato quello dell’accessibilità della tecnologia. “[L’IA] era vista come un mostro, come un gigante inavvicinabile dalle PMI. Grazie al cloud, oggi riusciamo a portarla alle aziende di qualunque dimensione”, ha dichiarato Nubile, sottolineando come il modello di licensing basato sul canone riduca le barriere d’ingresso.

Andrea Sinopoli, VP & Country Leader, Cloud Tech OCI, ha aggiunto a proposito un elemento importante: “Tutte le tecnologie che noi oggi forniamo sono AI embedded, il che significa che l’intelligenza artificiale non rappresenta un costo aggiuntivo da valutare separatamente, ma è già inclusa nelle soluzioni esistenti”. Secondo il management, questo approccio elimina una delle principali barriere psicologiche all’adozione.

Il cambio di paradigma organizzativo

Vellini ha poi sollevato una questione che va oltre la tecnologia: “Che tipo di competenze dovrà avere il mio direttore del personale, per esempio? Dovrà gestire risorse umane o forse anche risorse non umane?”. Una domanda provocatoria che riflette le trasformazioni organizzative innescate dall’intelligenza artificiale.

Il manager ha raccontato di come i progetti AI oggi non riguardino più esclusivamente l’adozione di una tecnologia, ma “il modo in cui reimmaginiamo il funzionamento delle aziende”. Un caso citato durante l’evento riguarda un’azienda farmaceutica brasiliana che utilizza l’AI per ridurre da settimane a poche ore il testing dei prodotti antibatterici, rivoluzionando l’organizzazione del lavoro.

Sul tema dell’impatto occupazionale, e riprendendo l’ormai celebre citazione secondo cui “L’AI non sostituirà le persone, ma le persone che usano l’AI sostituiranno le persone che non utilizzano l’AI”, Nubile ha commentato che “senza l’intelligenza umana, l’IA non serve a niente. È l’intelligenza umana che riesce a indirizzare l’informazione. Viceversa, è solo una macchina che non pensa e non riesce a prendere decisioni contestualizzate”.