Per il 70% dei CEO servono budget più flessibili per cogliere le opportunità della IA

Secondo il nuovo studio globale dell’IBM Institute for Business Value, i CEO di tutto il mondo stanno accelerando gli investimenti in soluzioni di intelligenza artificiale, pur affrontando ostacoli strutturali e organizzativi che rallentano la piena realizzazione del potenziale tecnologico. Il report, intitolato IBM CEO Study 2025, raccoglie le opinioni di 2.000 amministratori delegati a livello internazionale e mostra come l’adozione dell’IA sia ormai una priorità strategica, sebbene accompagnata da una serie di compromessi, rischi e difficoltà operative.
Il dato più rilevante riguarda l’adozione attiva degli agenti IA, già in corso nel 61% delle aziende (percentuale che in Italia sale al 73%), con la prospettiva di un raddoppio degli investimenti nei prossimi due anni. Tuttavia, questa spinta all’adozione non è priva di conseguenze; la metà dei CEO ammette infatti che il ritmo frenetico degli ultimi investimenti ha generato ambienti IT frammentati e disomogenei, compromettendo l’efficienza nella gestione e nella valorizzazione dei dati aziendali.
Il tema dei dati, non a caso, è centrale nello studio. Il 68% degli intervistati ritiene che un’architettura dei dati integrata sia cruciale per la collaborazione tra funzioni aziendali, mentre il 72% afferma che la chiave per sbloccare il valore dell’IA generativa risieda proprio nella qualità e nella disponibilità dei propri dati. In Italia, questa consapevolezza è ancora più forte, con una percentuale del 66%.
Secondo Gary Cohn, vicepresidente di IBM, il vantaggio competitivo andrà a quei CEO che riusciranno a vedere nei rischi delle opportunità, adottando l’IA per valorizzare le forze interne in un contesto di incertezza economica. Sulla stessa linea anche Tiziana Tornaghi, General Manager di IBM Consulting Italia, che sottolinea come le aziende capaci di innovare nei momenti difficili emergeranno più solide e pronte a cogliere nuove opportunità.
Lo studio affronta anche il difficile equilibrio tra il ritorno dell’investimento a breve termine e gli obiettivi di trasformazione a lungo periodo. Solo un quarto delle iniziative IA ha prodotto un ROI soddisfacente secondo i CEO intervistati e appena il 16% ha avuto un impatto sull’intera organizzazione. Per migliorare questo scenario, il 65% dei CEO (70% in Italia) sta guidando l’adozione dell’IA attraverso casi d’uso misurabili, mentre il 68% ha definito metriche chiare per valutare il ritorno degli investimenti innovativi.
Eppure, il timore di restare indietro è un motore potente. Il 64% dei CEO ammette che alcune tecnologie vengono adottate in anticipo, anche in assenza di una piena comprensione del loro impatto. Nonostante ciò, solo il 37% si dichiara pronto a “sbagliare in fretta” pur di rimanere al passo, mentre la maggioranza preferisce un approccio più cauto. A questo si aggiunge una certa rigidità nei bilanci: il 59% delle aziende fatica a ribilanciare i finanziamenti tra operations e innovazione in momenti di cambiamento, mentre il 67% chiede una maggiore flessibilità per cogliere le opportunità digitali.
Le prospettive restano comunque ottimistiche. Entro il 2027, l’85% dei CEO si aspetta un ROI positivo dagli investimenti in IA focalizzati su efficienza e costi, mentre il 77% prevede una crescita su larga scala. Per arrivarci, sarà però essenziale puntare sulle persone giuste; il 69% dei CEO collega infatti il successo organizzativo alla presenza di leader capaci di agire in autonomia e allineati alla strategia aziendale, mentre il 67% sostiene che la differenziazione dipende da competenze specialistiche ben incentivate.
La carenza di competenze emerge come una barriera importante, tanto che secondo i CEO intervistati un terzo della forza lavoro dovrà essere riqualificato nei prossimi tre anni. Il 65% (71% in Italia) si affida all’automazione per colmare queste lacune, mentre il 54% dichiara di aver già introdotto nuovi ruoli legati all’IA che un anno fa non esistevano. In parallelo, però, permangono problemi culturali e organizzativi come la mancanza di collaborazione tra i silos, l’avversione al rischio e la scarsa propensione alla trasformazione, che vengono indicati come ostacoli significativi all’innovazione.
Il panorama che emerge dallo studio IBM è quindi quello di una fase di transizione complessa, dove l’adozione dell’IA si intreccia con esigenze di ritorno economico, ristrutturazione tecnologica e trasformazione culturale. I CEO appaiono consapevoli delle opportunità, ma anche dei limiti strutturali che devono superare per garantire che l’intelligenza artificiale non resti solo una promessa, ma diventi un reale motore di crescita sostenibile.
(Immagine in apertura: Shutterstock)